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Mostra dell'artista Vito Livio Squeo all'associazione Culturale Linea5 di Molfetta Sabato alle ore 19 presso la sede dell'associazione in via M. d'Azeglio 200
11 giugno 2008

MOLFETTA - Presso la sede dell'associazione Culturale Linea5, via M. D'Azeglio 200 sabato 14 alle ore 19 inaugurazione della mostra d'arte dell'artista Vito Livio Squeo, curata da Giovanni Rubino. La mostra sarà aperta fino al 20 Giugno, ogni giorno dalle 19 alle 20. IMAGO ANSIAE. La linea espressiva in Vito Livio Squeo. La matura ricerca pittorica di Livio, classe '78, ci spinge ad una doverosa riflessione in termini di 'carica espressiva', riferendosi ad una linea figurativa che volutamente manifesta i suoi debiti espressionisti, per la loro vicinanza sia con la Scuola Romana anni '30 sia con la Die Brücke tedesca. Le opere offrono ai nostri sensi l'agitazione metropolitana di un Homo-Pictor cresciuto da un lato con la cultura europea underground e punk, mentre dall'altro lo stesso artista ha esercitato la propria 'mano' sulla linea surreale dei comics attuali, che entro i confini italiani possono vantare validi maestri come Andrea Pazienza. Tuttavia su questo panorama si innesta anche la fascinazione per la Secessione austriaca d'inizio secolo, meglio ravvisabile nella sinuosità grafica della linea. L'ansia, come conseguenza ineluttabile, trasporta verso una deformazione caustica che dis-umanizza i protagonisti di questi luoghi ansiolitici, definibili "Paradisi Osceni", mostrando una giovinezza vissuta alla ricerca di trasparenze carnali. Il background, qui solo accennato, è all'origine dei colori, delle linee e della volontà comunicativa di Livio. In alcune delle opere in mostra si può ravvisare un parallelo con l'idea di frontalità dell'icona medioevale: mentre nel passato medioevo la carica espressiva si organizzava attorno al discorso di uno stato d'animo che era ansia statica, eterna, donata a e da Dio, in Livio l'ansia, seppur statica, è immanente e si rivela nel segnalare la nostra mancanza di occhio vigile sulla realtà. Lo stesso occhio vigile e maniacale che il protagonista-pittore adopera per spingersi di là della tela, fin nello spazio tattile di chi la guarda, ancora in un'altra tela: un gioco tra specchi. Non c'è, tuttavia, una visione totalmente frontale, lo spazio è tagliato a metà da un'inquadratura che sfonda entro i nostri confini percettivi. Così le tecniche stesse, non semplici sperimentazioni materiche e formali, dove l'inserimento delle immagini, delle scritte e dei segni, il tutto spesso in forma di fotocopie, si trasformano nel sostrato del quadro; sotto l'intera superficie affiora una texturizzazione mediatica, dalla quale il colore germina. Una stesura cromatica che velando la cronaca, svela un'anti-cronaca, quella che non è concessa a noi di vedere, a causa del quotidiano lavorio auto-censorio della coscienza sociale. Una distanza tra noi e la realtà esterna/interna, simboleggiata dalle zoomate ravvicinate: sono quasi spaccati di un sipario che a sua volta ci separa dagli elementi della composizione. I moltissimi elementi che pur mantenendo allertate le pulsioni sessuali, hanno perso la loro identità formale divenendo espressione conflittuale di linee ansiose. Giovanni Rubino curatore della mostra
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