Morto il molfettese Michele la scopa, inguaribile anarchico
MOLFETTA - Michele de Pinto, per tutti Michele la scopa, ha salutato stamattina la sua città, i compagni, la vita, gli ideali che da sempre l'hanno animata. Michele era sempre lì, alla testa dei cortei, a gridare l'importanza della libertà, la vitalità dell'uomo. A ricordare ai molfettesi che vivere significa qualcosa in più che lasciarsi determinare dalle situazioni, che accontentarsi del possibile. Vivere significa assecondare i propri ideali, cercare l'impossibile, appropriarsi della vita, e non farsi appropriare da essa. E Michele era sempre pronto a inseguirli, quegli ideali, col suo megafono, che sembrava colorare Molfetta di una sfumatura diversa. Senza esitazioni, senza mezzi termini, sembrava avesse la rivolta fra le dita, alla testa di un corteo o da solo.
Si corre dietro un senso, si cerca se stessi nei libri, nelle gioie, nelle situazioni, nelle frasi dietro un megafono, in un pugno chiuso. Si sogna dietro i libri, nelle filosofie, nella giustizia. Ma il tempo si è portato via quell'universo di impulsi, di creatività, di esuberanza sempre uguale e sempre diversa. Ci lascia quell'isola di libertà in cui spesso la mente si perde, cercando l'autenticità di se stessi, del proprio pensiero, delle proprie utopie. Scomparendo ad ogni tentativo di riesame, di rielaborazione. Comparendo fra certi sentimenti, certe emozioni, come quando i pungni chiusi hanno salutato per l'ultima volta Michele, questa mattina.
Ha rappresentato per il movimento anarchico molfettese un punto di riferimento, sempre a mettersi in gioco, sempre pronto da assumere su di sé il principio di ogni tensione, lo spunto di ogni movimento. Sapevi di trovarlo, che non avresti lottato da solo. E l'atmosfera diventava diversa, quando c'era lui a gridare, a combattere, tutto era più allegro, gioioso, soggettivo, a misura di tutti noi. Come quando, stamattina, le bandiere rosse e nere lo hanno salutato fuori alla camera mortuaria del cimitero, di fronte ai compagni che hanno ricordato i suoi valori, i suoi sogni. Voleva lasciare tutto agli anarchici, come ha ricordato Doriana Goracci, la sua compagna.
Amava la vita, voleva che il mondo fosse più nostro, che non ci si nascondesse dietro la maschera riformista delle passioni represse, moderate. Doveva arrivare per primo al richiamo di ogni stimolo, di ogni ideale, e non arrivarci per contrarietà. Perché tutti vedessero se stessi nel mondo.
Aveva grandi progetti, voleva essere l'origine di ogni mutamento, di ogni rivoluzione. Per una società senza né servi né padroni.
Autore: Giacomo Pisani