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Molfetta, zoomafia criminalità contro gli animali A Ciro Troiano della LAV assegnato il Premio Agorà per l'impegno a combattere i maltrattamenti
27 marzo 2011

MOLFETTA - ‹‹Si è squarciato il cielo con fragori di tuono e dal cielo è sceso l’angelo vendicatore in sella ad un bianco destriero come un cavaliere d’altri tempi, un cavaliere col codino, Ciro Troiano››. Sono queste le parole usate dal magistrato Giuseppe Bianco (a destra nella foto accanto a Salvemini e Troiano) per descrivere l’impegno del direttore dell’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV (Lega Anti Vivisezione), che al cinema Odeon ha ricevuto il premio Agorà per uomini extra – ordinari, noto per il suo impegno nel combattere questa nuova frontiera del crimine organizzato. Perché, come pochi sanno a causa di una carente informazione, la mafia trae ingenti capitali dallo sfruttamento degli animali: corse e lotte clandestine con relative scommesse, importazione illegale di animali esotici e non (molti dei quali muoiono durante la traversata) dal porto di Bari e di Brindisi, quali ad esempio tartarughe provenienti dalla Grecia e dall’Albania, zanne di elefante, pelli e rettili, che poi vengono smistati in altre regioni dell’Italia.

Le condizioni con cui vengono trattati questi animali sono semplicemente disumane. Ma non è solo la mafia che compie questi delitti. Infatti il maltrattamento degli animali è una pratica molto comune. Cani che vengono picchiati dai loro padroni che vogliono sfogare la rabbia e la frustrazione, come è successo a un cucciolo di pastore tedesco di quattro mesi, massacrato e trovato in una pozza di sangue da Pasquale Salvemini, responsabile del WWF Molfetta. Portato d’urgenza alla Facoltà Veterinaria di Bari sono state riscontrate ben quarantanove fratture. Questo fatto è avvenuto al quartiere San Paolo.
Queste vessazioni su esseri viventi indifesi e poco tutelati, considerati spesso alla stregua di “cose”, di “oggetti” e non di compagni di vita dovrebbero essere puniti per legge come un vero e proprio reato. Ma nonostante la promulgazione nel 2004 della legge 189, fortemente voluta da Troiano, in Italia non esistono i delitti ambientali, ma le “contravvenzioni ambientali”. Infatti spesso queste situazioni si risolvono con la confisca dell’animale, che viene affidato ai volontari, e con una multa all’aguzzino.
Ma è davvero giusto così?
La conferenza che si è svolta in occasione della consegna del “premio Agorà” ha cercato tramite la passione malcelata dei tre relatori, sopra citati, ovvero Pasquale Salvemini, Giuseppe Bianco e il vero eroe della serata Ciro Troiano di sensibilizzare la cittadinanza molfettese nei confronti di un problema che viene spesso sottovalutato e tralasciato perché i “reati veri” – dicono alcuni – sono altri, quelli esclusivamente rivolte verso le persone.
Ma, come è stato scientificamente dimostrato già nel 1871, anno della pubblicazione de “L’origine dell’uomo” di Darwin, l’uomo e l’animale non discendono da un antenato comune? E non dovrebbero quindi avere i nostri stessi diritti?
 
© Riproduzione riservata
Autore: Olimpia Petruzzella
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Noi non siamo né rondoni né elefanti, ma uomini. Quando fantastichiamo di epoche lontane, ci viene spontaneo considerare con particolare simpatia e interesse la specie, per altri versi comunissima, che in quell'antico paesaggio è nostra progenitrice (e ci sembra in qualche modo strano che esista sempre una tale specie). Non si può negare che la tentazione umana sia di considerarla la linea ancestrale dell'evoluzione e di vedere le altre comprimarie, personaggi secondari, cammei. Si può però indulgere a un legittimo antropocentrismo evitando di cadere in questo errore e rispettando la verità storica: basta fare storia andando cronologicamente a ritroso. Nella ricerca degli antenati, la cronologia retrograda ha il vantaggio di puntare su un singolo obiettivo lontano: il grande antenato di tutte le forme di vita. La cronologia retrograda e la cronologia progressiva hanno entrambe lati positivi, che sono diversi l'uno dall'altro. Se si va indietro, da qualunque punto si inizi si finisce per celebrare l'unità della vita. Se si va avanti, se ne celebra la diversità. E' certo che esiste un singolo contenato di tutte le forme di vita esistenti sul nostro pianeta. Prova ne è il fatto che tutti gli organismi studiati condividono (la maggior parte esattamente, la parte restante quasi esattamente) lo stesso codice genetico; e il codice genetico è troppo dettagliato, in aspetti arbitrari della sua complessività, per essere stato inventato due volte. Benchè non siano state studiate tutte le specie ne sono state analizzate abbastanza da dedurre con sicurezza, che non ci attende nessuna sorpresa. Allo stato attuale, tutte le forme di vita si possono far risalire a un unico antenato vissuto oltre tre miliardi di anni fa. Se mai vi furono altre origini della vita indipendenti da quella a noi nota, non hanno lasciato discendenti osservabili. E se nuove forme aliene nascessero oggi, sarebbero subito distrutte, probabilmente dai batteri.
"Ma poiché l'Uomo ha ...l'anima (concessagli da Dio!), ha sviluppato la mente e con essa l'intelligenza" (!!!!!??????????!!!!!!!!) L'evoluzione della membrana cellulare. La membrana è la prima invenzione della vita. I primi organismi viventi originari sono i Procarioti (Batteri), che sono apparsi circa tre miliardi di anni fa; si tratta di organismi viventi elementari, incapaci di spostarsi. Essi sono costituiti da una sola cellula, molto piccola, circondata da una membrana, e non hanno il nucleo. La membrana permeabile dei Procarioti delimita uno spazio interno e uno spazio esterno, permette la concentrazione di molecole probiotiche e mantiene un gradiente elettrochimico tra interno e esterno. La tappa successiva dell'evoluzione della membrana è il passaggio dai Procarioti agli Eucarioti (organismo complessi) che sono composti da una cellula limitata e chiusa da un involucro selettivo che filtra ciò che entra nella cellula e permette un comportamento relativamente indipendente dall'ambiente. Gli Eucarioti sono organismi che possono muoversi, sono dotati di fotosintesi e hanno permesso alla vita aerobica di affermarsi. Non sappiamo definire esattamente cosa sia la mente, abbiamo le idee abbastanza chiare sul suo ruolo: essa è alla base delle nostre percezioni, cioè del modo in cui guardiamo e ci raffiguriamo la realtà circostante, e delle nostre azioni. La mente, inoltre, ha a che vedere con le emozioni, e infine, con il sé, vale a dire con le caratteristiche del nostro io: un io che rispecchia la nostra storia individuale, la nostra unicità biologica e le nostre esperienze.
Lo studio della speciazione umana è cominciato con una duplice profezia mancata. Nel settimo capitolo del suo libro “The Descent of Man and Selection in relation to Sex (1871), Charles Darwin scriveva: “possiamo prevedere che quando i principi dell'evoluzione saranno comunemente accettati, come ci aspettiamo avvenga presto, la diatriba tra i sostenitori di un'origine unica (monogenisti) e quelli di un'origine multipla (poligenisti) della nostra specie, morrà di morte naturale cui nessuno farà caso”. Si era nel 1871. Quello dell'evoluzione è un cantiere ancora aperto in cui lavorano, e spessi si scontrano, “selezionisti e neutralisti”, “gradualismi e puntualisti”, “emergentisti e riduzionismi”, e il dibattito intorno all'origine uni regionale o multi regionale dell'uomo anatomicamente moderno, è tutt'altro che spento. Le ragioni per le quali le due profezie non si sono ancora avverate scaturiscono, in fondo, proprio dalle grande potenza euristica del concetto di evoluzione e forse non potevano essere previste da Darwin. Ma il fatto che un uomo di genio come lui abbia sottovalutato le implicazioni e la portata delle sue stesse scoperte rende la misura di quanto sia rischioso per uno scienziato impegnarsi sul fronte delle profezie. Nonostante il risorgere qua e là di creazionismi di vario genere, alla fine del Novecento la tesi generale dell'evoluzionismo darwiniano che fa derivare l'uomo da una legge di natura, quella della mutabilità delle specie, sembra avere ormai generalmente sconfitto il creazionismo. Ne è sintomo il fatto che lo stesso papa Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1966, inviando un messaggio agli scienziati della Pontificia Accademia delle Scienze, si è spinto a dire che le conoscenze attuali “portano a non considerare più la teoria dell'evoluzione soltanto una semplice ipotesi”.

Lucy, lo scheletro di una donna vissuta tre milioni e mezzo di anni fa: il più antico fossile di Australopithecus afarensis e proviene dall'Etiopia, dalla località di Hadar sul fiume Awash, in Dancalia. Il giorno del ritrovamento di Lucy (30 novembre 1974) il paleoantropologo statunitense Donald C. Johanson stava accompagnando uno studente nuovo al campo, al sito 162. Verso mezzogiorno, raggiunti ormai i 44°C, stavano tornando senza aver trovato alcunché. Johanson però, consapevole del presentimento di buona fortuna che non lo abbandonava da quando si era svegliato, volle perlustrare un piccolo canalone (già battuto da altri della spedizione), facendo una piccola deviazione. Mentre stavano per andarsene anche da lì, trovarono in rapidissima sequenza un pezzo di braccio ominide, il frammento di un piccolo cranio, un paio di vertebre, parte di un bacino e frammenti di mandibola. Eccitati tornarono all'accampamento con la speranza che i pezzi potessero appartenere a un singolo individuo: nessuno aveva mai trovato uno scheletro simile! Dopo un lungo lavoro di raccolta che proseguì per tre settimane, il loro desiderio fu esaudito: tra le parecchie centinaia di pezzi di ossa non vi era alcun duplicato; esse costituivano il 40% dello scheletro, femminile, del più antico progenitore conosciuto dall'uomo. Lucy era umana dalla testa in giù, rimanendo scimmiesca là dove ci saremmo aspettati uno spettacolare sviluppo: cranio e cervello. Questa evoluzione a mosaico è di particolare interesse: ci suggerisce che l'ominazione non sia avvenuta gradualisticamente, interessando tutte le strutture anatomiche contemporaneamente. Alcuni caratteri, come la stazione eretta, si sono sviluppati per primi, condizionando i successivi adattamenti, in funzione della selezione naturale imposta da un ambiente, come quello africano di tre milioni di anni fa, in rapida trasformazione.

Prestiamo molta attenzione quando ci esprimiamo - “secondo la mia modestissima opinione…..” - su argomenti scientifici dove tesi, proposte, scoperte, si intrecciano e si annullano velocemente spostando sempre più a ritroso idee di inizi di vita e trasformazioni culturali. Meno di un secolo fa, l'idea che i progenitori dell'uomo fossero simili a scimmie africane esisteva solo nella mente di alcuni studiosi. Charles Darwin ipotizzò nel 1871 che i primi antenati dell'uomo sarebbero stati trovati in Africa, dove oggi vivono scimpanzé e gorilla. Ma dati concreti che confermassero questa supposizione giunsero solo oltre 50 anni dopo, quando l'anatomista Raymond Dart dell'Università del Witwatersrand descrisse un cranio fossile da Taung, in Sudafrica, come appartenente a un ominide estinto che egli denominò Australopithecus africanus. La sua proposta venne accolta con scetticismo o addirittura respinta: alcuni critici replicarono che i resti dovevano essere quelli di un giovane gorilla. La scoperta di un altro esemplare sudafricano, oggi classificato come Australopithecus robustus, diede infine ragione a Dart, ma fu solo negli anni Cinquanta del XX secolo che il concetto di progenitore umani di aspetto scimmiesco divenne ampiamente accettato. Sempre in Africa altri gruppi di ricercatori portarono alla luce altri fossili. Alla fine degli anni Settanta gli australopitechi protagonisti della nostra storia erano ormai diventati un buon numero: A. boisei, A. aethiopicus e A. afarensis (rappresentato da Lucy, che visse tra 2,9 e 3,6 milioni di anni fa, nel Pliocene, e si trovava sulla linea evolutiva che diede origine al genere Homo). Ciascuna di queste specie era adattata alla propria nicchia ecologica ma tutte erano bipedi, dotate di mandibole robuste, molari grandi e canini piccoli: qundi diverse dalle Scimmie Antropomorfe. Si apriva un abisso nella documentazione fossile, fra 3,6 e 12 milioni di anni fa. Chi erano gli antenati di Lucy?



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