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Molfetta, Simone Frasca incanta i bambini della elementare Cesare Battisti
27 maggio 2011

MOLFETTA - E’ proprio il caso di dirlo! Al 2° Circolo di Molfetta i bambini amano COCCOLARSI con i libri. “Cosa c’è di meglio di una bella lettura?” E’ stato, infatti, il verso finale di una filastrocca-rap con cui i piccoli della Scuola dell’Infanzia e delle classi prime e seconde della Scuola Primaria, mercoledì 18 maggio, hanno accolto Simone Frasca (foto), autore e illustratore della serie di libri del Battello a Vapore su “Bruno lo zozzo” e le sue avventure. Prima per strada con Stefano Bordiglioni, dopo nella palestra della loro scuola con Simone Frasca, i bambini della Scuola “C. Battisti” stanno avendo, grazie al Progetto Lettura da anni in vigore nel loro Circolo e in collaborazione con le librerie presenti sul territorio, la possibilità di incontrare chi scrive per loro.

L’incontro con “Bruno lo zozzo” in persona si è rivelato fantastico perché, col suo talento di illustratore e scrittore, Simone Frasca è riuscito a catturare l’attenzione di tantissimi bambini emozionandoli e lasciandoli senza parole. A loro ha raccontato storie tratte dal libro della sua infanzia e colorate di accesa fantasia. Finché, dunque, ci saranno, quelle pagine assemblate che profumano di inchiostro continueranno ad essere, senza alcun dubbio, scrigni di emozioni e relazioni.
E’ questa l’alta finalità che col Progetto Lettura “Coccolibriamoci” i docenti si propongono di perseguire: non di certo dichiarare guerra alla tecnologia, ma di preservare il bisogno di ascoltare e narrare visto che siamo tutti narratori sul palcoscenico della vita. Alle grandi questioni esistenziali, soprattutto se riguardano il cuore e l’anima, si risponde, infatti, il più delle volte, raccontando storie o episodi della propria vita.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Angelica Vecchio
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Un tempo i bambini imparavano i fondamenti dell'aritmetica a partire dalla prima elementare. I numeri e il calcolo servivano per fare la spesa, per cambiare una banconota, per valutare le entrate e le uscite allo scopo di non spendere più di quanto si guadagna. Oggi queste cose non solo non sono scomparse, ma la nostra vita, rispetto a una volta, richiede molti più numeri e calcoli per pagare le imposte, i pedaggi autostradali, i mutui ipotecari. In una parola, come nei scritti va ripetendo Piergiorgio Odifreddi, la vita attuale richiede più numeri e più calcoli di un tempo, ma abbiamo perso la consuetudine di trattarli perché li abbiamo affidati alle macchine digitali. Consegnandoci a quelle che Stoll chiama “protesi tecnologiche”, siamo diventati meno autosufficienti. Lo stesso è per la scrittura a mano: calligrafia e grammatica non vengono considerate degne di insegnamento, vengono messe da parte a favore del word processing. Risultato, pochissimi studenti universitari sanno scrivere in modo chiaro, con periodi che stiano in piedi e quindi in grado di rendere la consequenzialità dell'argomentazione, posto che questa ci sia. Ma gli inconvenienti più gravi dell'informazione generalizzata dalla scuola sono la marginalizzazione della realtà “fisica” a favore di quella “virtuale” e la riduzione drastica dei processi di socializzazione, con tutte le conseguenze etiche e psicologiche che la cosa comporta, per effetto dell'isolamento indotto dal rapporto del singolo individuo con il suo computer. COCCOLIBRIAMOCI: in bocca al lupo. A tutti i docenti, GRAZIE.
“……..non di certo dichiarare guerra alla tecnologia, ma di preservare il bisogno di ascoltare e narrare visto che siamo tutti narratori sul palcoscenico della vita.” Il sospetto è che la sempre più massiccia diffusione dei mezzi di comunicazione, potenziati dalle nuove tecnologie, abolisca progressivamente il bisogno di comunicare, perché nonostante l'enorme quantità di voci diffuse dai media, o forse anche per questo, la nostra società parla nel suo insieme solo con se stessa. Non si tratta di enfatizzare o demonizzare le enormi potenzialità presenti e future dei mezzi di comunicazione, ma di capire come l'uomo profondamente si trasforma per effetto di questo potenziamento. Infatti la radio, la televisione, il computer, il cellulare ci plasmano qualunque sia lo scopo per cui li impieghiamo, perché una trasmissione televisiva edificante e una degradante, per diversi che siano gli scopi a cui tendono, hanno in comune, “il fatto che noi non vi prendiamo parte, ma ne consumiamo soltanto la sua immagine”. Il mezzo, indipendentemente dallo scopo, ci istituisce come spettatori e non come partecipi di un'esperienza o attori di un evento. Se un tempo la famiglia era l'interno in cui si scambiavano quei tratti affettivi d'ira e d'amore e più in generale quella libertà espressiva che occorreva contenere fuori, all'esterno, oggi, grazie alla capillare diffusione della televisione, del computer e del cellulare sempre accesi, la famiglia è il luogo in cui è di casa il mondo esterno, reale o fittizio che sia. La casa reale, con le sue quattro mura e i suoi quattro mobili, è ridotta a un “container” per la ricezione del mondo esterno via cavo, via telefono, via etere, e quanto più lontano si avvicina, tanto più vicino, la realtà di casa, quella familiare, si allontana e impallidisce.
Cosa c'è di meglio di una bella lettura? – Non a caso si assiste in tutto il mondo a un arresto dell'alfabetizzazione che da diversi anni non si schioda da quel 47 per cento di analfabeti, per cui sembra si rovesci quel processo, che sembrava irreversibile, che aveva portato l'uomo dall'intelligenza simultanea a quella sequenziale. Radio, telefono e televisione hanno riportato al primato l'udito rispetto alla vista, e ricondotto la vista dalle decodificazione dei segni grafici alla semplice percezione delle immagini che sugli schermi si susseguono, con conseguente modificazione dall'intelligenza che, da una forma evoluta, regredisce a una forma elementare. Naturalmente guardare è più facile che leggere, e quindi gli amici del libro diventano sempre più rari e, in questo mondo mediatico, anche un po' strani. L'homo sapiens viene soppiantato dall'homo videns che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente “impoverimento del capire” dovuto all'incremento del consumo di televisione (G. Sartori). E come è noto, una moltitudine che “non capisce” è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le folle. “Non ho letto il libro, ma ho visto il film”, così si giustifica la gente che non legge. Innanzi tutto il ritmo mentale che nella lettura è autotrainato, nella visione è etero trainato dall'emittente, per cui chi guarda è costretto a seguire il ritmo imposto dallo spettacolo. Ciò comporta una riduzione della correggibilità, con la conseguenza che chi guarda, a differenza di chi legge, non può fermarsi per verificare se ha ben capito quel che ha visto. La possibilità di fermarsi consente in ogni fase della lettura di richiamare la nostra enciclopedia di conoscenze precedenti, mentre la cosa non è consentita a chi vede, perché la successione delle immagini, non lasciandogli il tempo, non glielo permette. La fatica di leggere non può competere con la facilità di guardare, e allora, rispetto al libro, la televisione sarà il medium più amichevole perché è quello che “da meno da fare”. Tra i problemi che affliggono la scuola forse il più significativo è l'avere a che fare sempre meno con l'homo sapiens e sempre più con l'homo videns, la cui mente finisce con l'essere diversamente conformata. La conseguenza è che non è più il luogo della movimentazione della conoscenza, ma quello in cui alcune conoscenze, dopo essere state trasmesse e classificate, si sedentarizzano, stagionano, e si staticizzano. Che fare? “COCCOLIBRIAMOCI”. Un grazie personale – per quel che può servire - a tutti i docenti, per l'alta finalità del progetto. Nonostante i grossi ostacoli socio-politici nel cammino intrapreso, un grande e forte in bocca al lupo: val la pena tentare.

Cosa c'è di meglio di una bella lettura? – Non a caso si assiste in tutto il mondo a un arresto dell'alfabetizzazione che da diversi anni non si schioda da quel 47 per cento di analfabeti, per cui sembra si rovesci quel processo, che sembrava irreversibile, che aveva portato l'uomo dall'intelligenza simultanea a quella sequenziale. Radio, telefono e televisione hanno riportato al primato l'udito rispetto alla vista, e ricondotto la vista dalle decodificazione dei segni grafici alla semplice percezione delle immagini che sugli schermi si susseguono, con conseguente modificazione dall'intelligenza che, da una forma evoluta, regredisce a una forma elementare. Naturalmente guardare è più facile che leggere, e quindi gli amici del libro diventano sempre più rari e, in questo mondo mediatico, anche un po' strani. L'homo sapiens viene soppiantato dall'homo videns che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente “impoverimento del capire” dovuto all'incremento del consumo di televisione (G. Sartori). E come è noto, una moltitudine che “non capisce” è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le folle. “Non ho letto il libro, ma ho visto il film”, così si giustifica la gente che non legge. Innanzi tutto il ritmo mentale che nella lettura è autotrainato, nella visione è etero trainato dall'emittente, per cui chi guarda è costretto a seguire il ritmo imposto dallo spettacolo. Ciò comporta una riduzione della correggibilità, con la conseguenza che chi guarda, a differenza di chi legge, non può fermarsi per verificare se ha ben capito quel che ha visto. La possibilità di fermarsi consente in ogni fase della lettura di richiamare la nostra enciclopedia di conoscenze precedenti, mentre la cosa non è consentita a chi vede, perché la successione delle immagini, non lasciandogli il tempo, non glielo permette. La fatica di leggere non può competere con la facilità di guardare, e allora, rispetto al libro, la televisione sarà il medium più amichevole perché è quello che “da meno da fare”. Tra i problemi che affliggono la scuola forse il più significativo è l'avere a che fare sempre meno con l'homo sapiens e sempre più con l'homo videns, la cui mente finisce con l'essere diversamente conformata. La conseguenza è che non è più il luogo della movimentazione della conoscenza, ma quello in cui alcune conoscenze, dopo essere state trasmesse e classificate, si sedentarizzano, stagionano, e si staticizzano. Che fare? “COCCOLIBRIAMOCI”. Un grazie personale – per quel che può servire - a tutti i docenti, per l'alta finalità del progetto. Nonostante i grossi ostacoli socio-politici nel cammino intrapreso un grande e forte in bocca al lupo: val la pena tentare. (Pensieri tratti da: I miti del nostro tempo - U.Galimberti)

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