Recupero Password
Molfetta, i misteri dolorosi del porto: dal 1985 alle indagini della Procura con Azzollini indagato
25 ottobre 2012

MOLFETTA - Una cronistoria puntuale sul porto commerciale di Molfetta, condita dalle rivelazioni inattese dell’ing. Lillino Di Gioia, ex assessore regionale all’Urbanistica ed ex sindaco di Molfetta (oggi componente della Lista Emiliano) nella conferenza «Il porto delle nebbie, dei misteri e degli affari». Con coraggio, come hanno sottolineato Enzo de Cosmo, ex sindaco di Molfetta, e Vito Copertino, ordinario di Ingegneria Idraulica all’Università della Basilicata, l’ing. Di Gioia ha svelato al numeroso pubblico presente all’Università Popolare Molfettese alcune manovre finanziarie che hanno segnato negativamente i lavori del porto dal 2002.
In particolare, quelle dell’appalto del 2006, oltre alle due indagini della Procura della Repubblica sul fronte ambientale e progettuale-burocratico, con 41 indagati tra cui il sindaco di Molfetta, senatore Pdl Antonio Azzollini.
 
1985-2002: LA REGIONE
Siglata la convenzione regionale il 4 marzo del 1985, la prima stesura del Progetto generale del porto fu completata nel dicembre del 1986 e subito trasmessa al Comune di Molfetta. Il biennio 1986-1987 fu caratterizzato da un «larghissimo dibattito» e da un «coinvolgimento pieno», come ha spiegato l’ing. Di Gioia (all’epoca assessore regionale), che coinvolse tutti coloro che avrebbero potuto concorrere al miglioramento del progetto generale (ingegneri, capitaneria di porto, compagnia portuale, addetti commerciali, piccola pesca, circoli marittimi, ecc.).
«Il Progetto generale avrebbe dovuto contemperare due obiettivi - ha aggiunto l’ing. Di Gioia -. Da un lato la difesa del porto vecchio con una maxidiga (la diga Salvucci, ndr), dall’altro la razionalizzazione del bacino portuale, perché negli anni ’80 i 140 motopesca presenti erano troppi per essere accolti dal vecchio porto di Molfetta». Il progetto divideva l’area portuale in tre zone: commerciale sulla diga Salvucci, turistica tra la diga e la terraferma, attracco motopesca al vecchio porto, oltre al collegamento con la SS 16bis e al riassetto della zona cantieristica.
Approvato all’unanimità dal Consiglio comunale, il progetto generale ottenne anche il parere favorevole della Regione con l’approvazione definitiva il 19 settembre 1988.
Dopo la piccola variante del marzo 1989 per salvaguardare la visibilità del Duomo e della Basilica, il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) finanziò con 25miliardi di lire la realizzazione della diga foranea (6 giugno 1990) e nel 1996 l’appalto fu aggiudicato all’ATI Sider con un ribasso del 30%, (risparmio di quasi 7,5miliardi di lire sui finanziamenti CIPE).
Conclusi e collaudati i lavori (oltre alla riqualificazione dello scalo di alaggio e di Cala san Giacomo), con la Legge n.428/01 «per la prosecuzione dei lavori di costruzione della diga foranea del porto di Molfetta» si autorizzava «la spesa, a favore della regione Puglia di lire 3miliardi per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003»: una saccoccia di 9miliardi di lire, sommati ai 7,5miliardi di lire del ribasso del 1996 (quasi 8milioni di euro), il cui utilizzo dal 2002 sarebbe dovuto essere decisamente più oculato e accorto.
 
2002-2003: LE MANOVRE AZZOLLINI
Dal 2002 iniziano le grandi manovre, proprio durante l’amministrazione di centrodestra di Tommaso Minervini con capitano di regia il senatore di Forza Italia Antonio Azzollini.
La Legge n.174/02 inseriva un articolo dedicato a Molfetta: «per la realizzazione dei lavori di completamento, banchinamento, dragaggio e di raccordo stradale della diga foranea di Molfetta, è autorizzato a favore del comune di Molfetta un limite di impegno ventennale di 2,5 milioni di euro a decorrere dal 2002».
Una legge anomala perché non solo inserisce un articolo ad hoc per Molfetta in un dispositivo dedicato a Milano, ma indirizza i fondi (50milioni di euro, poi divenuti 33milioni di euro per il mutuo in contanti fatto con una banca di Roma) al Comune e non alla Regione. Pregevole azione parlamentare del senatore Azzollini, come ha riconosciuto l’ing. Di Gioia.
La delega concessa dalla Regione Puglia al Comune di Molfetta nel dicembre 2002 sarà il passo successivo (il Comune avrebbe dovuto proseguire solo il progetto regionale), propedeutica a un’ennesima legge nazionale, la n.350 del 2003 (Legge Finanziaria del 2004) che assegnava, guarda caso, al Comune di Molfetta altri 50milioni di euro (poi ridotti a 33milioni di euro come mutuo in contanti). Insomma, alle soglie del 2003 nelle mani dell’amministrazione comunale erano condensanti quasi 80milioni di euro: una miniera d’oro, purtroppo sprecata in errori e “regalie” varie.
 
2006: L’APPALTO
In appena 2 anni sono completati il Piano Regolatore Portuale, la Valutazione di Impatto Ambientale (giugno 2005), il Progetto Preliminare e il Progetto Definitivo (approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel gennaio 2006). Tutto finalizzato, però, al superamento del Piano generale del porto (quello regionale del 1988), che consentiva solo il completamento della diga foranea, e all’elaborazione di un iter che avrebbe permesso di spendere (e sprecare) tutti gli stanziamenti accumulati.
Nel maggio 2006 la Regione Puglia approvò il Piano regolatore del porto redatto dall’amministrazione comunale, anche se l’ing. De Gioia ha evidenziato seri dubbi sulla regolarità dei passaggi tecnico-burocratici comunali precedenti al 2006 in assenza di quel piano regolatore. Tra l’altro, i vari adempimenti erano stati frettolosamente eseguiti (e realmente ottenuti?) in prospettiva politico-elettorale per le amministrative del 2006, con cui Azzollini sarà eletto sindaco per il suo primo mandato.
È proprio nel 2006 si definisce l’appalto di gara da 69milioni di euro: qui si realizzeranno altre manovre “particolari”. All’appalto avrebbero potuto partecipare solo imprese che avrebbero avuto a disposizione una draga internazionale: 3 erano le draghe di questa tipologia in tutto il mondo e per l’appalto si presentarono ben 11 imprese internazionali. Purtroppo, l’unica che avrebbe potuto partecipare e vincere era la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC) di Ravenna in ATI con la Società Italiana Dragaggi e l’Impresa Pietro Cidonio. Un vero e proprio regime di monopolio.
Appalto e aggiudicazione hanno assunto, perciò, la forma di un’«operazione orchestrata» che, secondo l’ing. Di Gioia, «da anomala è divenuta illegale» a tal punto che la stessa Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici ha denunciato il procedimento burocratico alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica. Del resto, la CMC non era sconosciuta a Molfetta: non solo per alcuni «rapporti politici», come hanno lasciato intendere l’ing. Di Gioia e il prof. De Cosmo nel suo intervento finale, ma anche per l’arrivo nel 2005 del «pontone Dante» della stessa impresa per il sondaggio dei fondali.
Allo stesso tempo, l partecipazione di una sola impresa all’appalto comunale ha determinato anche un ribasso del 10% invece che del 30%, come sancito per legge, con la perdita per la comunità molfettese di quasi 14milioni di euro. Somma che si è trasformata in un maxiregalo per la CMC. Per di più, l’amministrazione nel 2006 avrebbe dovuto evitare la sottoscrizione dell’appalto, come richiesto dall’Autorità di Vigilanza: ma il sindaco Azzollini ha preferito tirar dritto (i lavori sono iniziati a marzo 2008, a poche settimane dalle elezioni, con la benedizione sul posto del vescovo di Molfetta, mons. Luigi Martella).
 
2010: IL RISARCIMENTO DANNI
Altro maxiregalo alla CMC saranno i 7,8milioni di euro (transazione) pagati come risarcimento danni all’impresa nel 2010 (rivelato in esclusiva da Quindici) per il mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori a causa della protrarsi della bonifica dei fondali dagli ordigni bellici. La richiesta iniziale era stata di 22milioni di euro e, secondo l’ing. De Gioia, non è escluso che al completamento dei lavori la CMC non chieda il resto.
A questi disastri è necessario aggiungere non solo lo stralcio del progetto esecutivo (come Quindici ha già spiegato), ma anche il dragaggio economicamente esoso e inutile che ha comportato un aumento dell’appalto a 70milioni di euro con una perizia di variante (altra regalia alla CMC, che nemmeno ha utilizzato la draga con cui aveva potuto partecipare e vincere l’appalto in monopolio) e la costituzione nel 2003/04 della società consortile Molfetta Newport (società di gestione che dovrebbe essere regionale e costituita solo dopo il completamento dei lavori).
Perciò, secondo l’ing. Di Gioia una parte dei finanziamenti poteva essere meglio utilizzata dal Comune di Molfetta, per riqualificare non solo la zona costiera con un nuovo Piano delle Coste, ma anche tutto il lungomare con la sua prosecuzione fino alla Basilica della Madonna dei Martiri.
 
© Riproduzione riservata
Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
"ME NE FREGO"? Ho già sentito questa frase......"cultura laica e cultura religiosa unite in una tacita funzione di cultura dominante. Anticlericali arrabbiati e sacerdoti zelanti concordi nel mantenere il popolo in condizioni di “gregge”. Un vizio antico, lo spagnolismo, lo spirito di servaggio, l'accettazione del potente come fatto ineluttabile grava sull'Italia anche dopo la “rivoluzione” risorgimentale, che ha soltanto rimpastato situazioni difformi o vecchi contrasti sotto un potere diventato unico, accentratore. Il concetto di autorità restava sacro quanto quello di proprietà. Cos'era il popolo dopo l'unità d'Italia? Quattro cinque decenni dopo? Cos'aveva dato l'istruzione elementare obbligatoria, che pur era stata una grande, l'unica grande innovazione di stampo civile dopo l'unificazione politica (o militare?) del paese? Potremmo paragonare l'istruzione elementare obbligatoria di allora all'istruzione nozionistica di massa di oggi, con tutto il supporto di mass-media e di industria culturale. Se non c'è l'intento di “liberare” l'uomo, nel senso di liberare il suo senso critico e di mettere in moto le sue capacità creative, non si fa altro che accrescere la disponibilità di un “materiale umano” più evoluto, più capace, ma sempre utilizzato sostanzialmente ad uso e consumo di chi gestisce le leve del potere. La cultura dominante ha mille modi per plasmare i soggetti e mantenerli in soggezione. Quello che in questi due casi appare un processo liberante, un salto di qualità, non è che un processo di crescita quantitative, che modifica alcuni dati ma non trasforma le situazioni.


Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet