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Molfetta Day: le frontiere dividono gli Stati, mai le persone Aula Carnicella gremita per celebrare il ritorno alle proprie radici
14 settembre 2019

MOLFETTA«La città di Molfetta deve ringraziare questi nostri connazionali che hanno fatto crescere una città molto bella»: come non condividere quanto affermato da Franco Pansini, vicepresidente dell’Associazione Molfettesi nel Mondo, durante l’omaggio al monumento a Simon Bolivar, nella villa comunale, durante il Molfetta Day.

La manifestazione, che si è tenuta, come ormai tradizione, l’ultimo giorno di festa patronale, ha infatti avuto inizio con un corteo che, muovendosi dalla sede dell’associazione (piazza Municipio) ha raggiunto piazza Garibaldi. Qui dopo l’esecuzione degli inni nazionali venezuelano e italiano è stato reso il consueto omaggio al monumento a Simon Bolivar (monumento voluto da Mauro e Franco Amato per ricordare tutti coloro che avevano portato il proprio talento nelle terre sudamericane).

Dopo un breve intervento di saluto da parte dell’assessore alle Comunità estere Angela Panunzio e del già citato Franco Pansini, il corteo è tornato in piazza Municipio per prendere parte alla seduta straordinaria del Consiglio comunale.

A portare il saluto delle Istituzioni anche il viceprefetto Fabio Colapinto e la senatrice Carmela Minuto.

Come ha sottolineato il presidente del Consiglio Comunale Nicola Piergiovanni, il Molfetta Day venne istituito con la delibera di cons. comunale 34 del 2003, per festeggiare e ricordare in modo solenne l’amore e l’attaccamento della città verso tutti gli emigrati, verso coloro che, con il proprio lavoro e con le proprie sofferenze hanno contribuito ad accrescere il progresso e il benessere della nostra città. Furono gli stessi emigrati a chiedere, per tramite del dott. Pietro Centrone al ritorno da un suo viaggio nel New Jersey, l’istituzione di questo momento di incontro. Scelta condivisa dalle istituzioni.

In una sala consigliare gremita, si sono susseguiti gli interventi dei consiglieri comunali di maggioranza e opposizione che, come Rosalba Secchi, Giovanni Facchini, Gianni Porta e Isa De Bari, hanno rimarcato l’importanza di riunire tutti i molfettesi che, per motivi diversi, hanno lasciato la nostra terra ma che ogni anno tornano “a casa”, con la certezza che la città è pronta ad accoglierli.

Aneddoti personali o familiari hanno testimoniato come in questa Molfetta “altra”, disseminata nel globo, si sia cristallizzato un patrimonio storico-culturale che deve essere rivalutato (molti discendenti o coniugi dei molfettesi emigrati, ad esempio, non conoscono l’italiano ma comprendono perfettamente il nostro dialetto).

Altrettanto forte il legame con la compatrona Maria SS.ma dei Martiri, al punto che quanti si sono trasferiti hanno portato tale celebrazione nei paesi d’adozione.

Non poteva mancare la riflessione sulla situazione attuale, in cui la nostra terra diventa, al tempo stesso, luogo di approdo e di partenza: meta di coloro che provengono dai Sud del mondo e “amara terra” da lasciare per tantissimi giovani in cerca di lavoro e affermazione professionale, protagonisti di quella che da tempo viene chiamata “fuga di cervelli”.

«La fuga dall’Italia è ricominciata… Il vero problema non è l’immigrazione ma l’emigrazione. L’obiettivo di una buona politica dovrebbe coincidere con l’arginare tale fenomeno e l’unico strumento è creare occasioni di lavoro, quindi di crescita e di ricchezza economica» ha affermato la consigliera De Bari.

Filo conduttore di moltissimi interventi è stato il Venezuela e la drammatica situazione del suo popolo.

Vicinanza, solidarietà e preoccupazione è stata espressa da tutte le aree politiche presenti nella massima assise cittadina, pur se non sono mancati distinguo (sia durante il corteo, sia in aula) da parte di coloro che ritengono che la situazione attuale sia stata originata dalle sanzioni statunitensi che hanno colpito il Paese dell’America meridionale.

Tra i diversi interventi, va sottolineato quello della senatrice Minuto (che ha indossato una casacca gialla con la bandiera del Venezuela) i cui nonni e genitori, come lei stessa ha tenuto a ricordare, emigrarono in Venezuela. «L’Italia, porta del Mediterraneo, invidiata per la sua conformazione, la sua posizione, la sua storia, la sua architettura. Eppure, andavano via milioni di italiani distribuiti in diverse parti del mondo…

Sono anni che mi batto per il Venezuela – ha dichiarato la senatrice – A tutti coloro che stanno andando via dal Venezuela va la mia stima. Sono bellissime le celebrazioni ma non bastano. Io spero e credo che possiamo fare molto di più, far diventare questa città un porto sicuro». Il riferimento è ai venezuelani di origine italiana. La senatrice ha narrato il suo impegno (anche burocratico) a favore di costoro, molti dei quali non riescono ad avere i passaporti. Si è, dunque, rivolta all’Associazione Molfettesi nel Mondo, augurando di poter fare di più, di rafforzare ulteriormente questi legami.

Proprio l’Associazione in questione promuove iniziative tese a rafforzare i legami con la Molfetta “altra”. La presidente Angela Amato ha sottolineato come siano numerosissimi i molfettesi che vivono fuori dalla nostra città ma la vivono nel cuore, trasmettendo questo legame con la città delle origini anche alle nuove generazioni. Non a caso il titolo del convegno 2019 è stato “La ricchezza delle origini”. Il sottotitolo, come ha rimarcato la presidente Amato, deriva da una frase “rubata” a una concittadina che vive in Argentina: la nuova patria è il cuore che batte per le opportunità che ci ha dato, però Molfetta è l’anima: non si vede ma c’è. «Il convegno non è stato un rituale – ha precisato Angela Amato – abbiamo iniziato con la presentazione della situazione venezuelana, con spettacoli, incontri conviviali e questa sera siamo qui».

Il sindaco Tommaso Minervini ha focalizzato l’attenzione partendo dall’emotività del reincontro.

«Oggi in tutto il mondo sta prevalendo la cultura della contrapposizione – ha affermato il primo cittadino – invece la vera identità, la cultura della propria identità, che va preservata, deve essere relazionata al senso dell’altro. Non esiste comunità senza identità, altrimenti è omologazione. È sottile il displuvio tra questi concetti ma dentro queste differenze c’è il senso della comunità di origine e di quella internazionale. Genocidi, sofferenze, schiavitù sono continuate continuano ancora oggi. Mai come in questo momento della storia, la teoria matematica del caos sta trovando la sua dimostrazione. Qualunque cosa succeda anche nei paesi più lontani ha i suoi riflessi in Occidente».

Tommaso Minervini ha richiamato l’importanza di instaurare la capacità della relazione, di trasmettere un messaggio positivo ai giovani: «siamo appartenenti alla stessa comunità, a una grande comunità internazionale».

La manifestazione si è conclusa con la consegna di attestati a Vincenzo del Rosso (tornato per la prima volta in Italia dal 1953), Giuseppe e Felicetta Altomare (Argentina), Giovanni Fabio Pappagallo, Vito Pappagallo e Giovanni Pappagallo (Venezuela), Daniele e Viola Mastropasqua, Antonia Magarelli (Australia), Marika Panunzio e Antonia Murolo (Svizzera), e poi Margarita Piccinni, Victor Ventura, Domenico Samuel de Ruvo (19 anni), Domenico e Rosa De Ruvo, Corrado e Francesca De Candia, Anna e Angela Amato, Diego e Betty Minervini.

Come non condividere il commento dell’assessore Angela Panunzio, che rivolgendosi ai partecipanti al Molfetta Day ha affermato: «avete insegnato che le frontiere possono dividere gli Stati ma mai le persone».

Calato il sipario sul Molfetta Day 2019 si torna al lavoro, all’impegno concreto (il 17 settembre, ad esempio, saranno a Molfetta funzionari dell’ufficio pensioni USA) ma con il pensiero già rivolto all’edizione 2020.

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Autore: Isabella de Pinto
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