MOLFETTA - La violenza è un cancro sociale di cui difficilmente riusciremo a liberarci e la cronaca palesa un aumento disarmante della violenza contro le donne. L'approvazione del Ddl Carfagna sullo stalking il 24 febbraio scorso da parte della Camera è una delle grandi vittorie della figura femminile e della tutela della sua libertà e dignità. L'art. 612 bis sancisce pene severe: chiunque minacci o compia atti persecutori nei confronti di qualcuno rischia il carcere fino a quattro anni; se a molestare è il coniuge (separato o divorziato), il convivente o il fidanzato e, se la molestia ad oggetto una donna incinta, la detenzione può durare fino a sei anni.
Questo l'argomento della conferenza “Stalking. La persecuzione diventa reato. Parliamone…”, svoltasi nella Sala Finocchiaro della Fabbrica San Domenico su inziativa dell'associazione “Azzurro Donna Molfetta”, cui sono intervenuti l'avv. Isabella de Bari (matrimonialista), la dott.ssa Gaetana Sgherza (psicologa e psicoterapeuta), don Vincenzo di Palo, dott.ssa Olga Labianca (educatrice professionale) e Annacora Azzollini (moderatrice e coordinatrice dell'Associazione Azzurro Donna) (Nella foto: Azzollini, De Bari, Sgherza, Di Palo, Labianca).
Lo stalking, fenomeno psicologico e sociale conosciuto come “sindrome del molestatore assillante”, “inseguimento ossessivo” o anche “obsessional following”, si realizza in presenza della figura del “molestatore assillante”, i cui comportamenti sono determinati da diverse motivazioni: il desiderio di avvicinare qualcuno dal quale è attratto in maniera ossessiva, la voglia di riallacciare una relazione con un ex partner, il desiderio di vendetta per un abbandono o un torto subito, la conquista ad ogni costo o il tentativo assillante di iniziare una relazione d'amore.
Fra le attività di stalking rientrano appunto le intrusioni ed il controllo, le molestie indirette (come il corteggiamento), le telefonate insistenti, gli appostamenti, i pedinamenti, la diffamazione, gli insulti, le lettere anonime, che causano angoscia nella vittima e la portano, in alcuni casi, a limitare i propri movimenti.
A seconda delle storie personali, familiari ed affettive di ognuno, a prescindere dalle motivazioni poste alla base della nascita dell'ossessione, lo stalker manifesta un'evidente problematica nell'area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa.
In Italia, l'86% delle vittime è donna ed ha un'età compresa più frequentemente tra i 18 ed i 24 anni (20%), tra i 35 ed i 44 (6,8%) o dai 55 anni in poi (1,2%). Un'indagine australiana ha osservato, tramite un sondaggio con 6.300 donne, come il 2,6% delle vittime, sposate o legate stabilmente, riferisce non solo che il reo risulta essere il coniuge o l'ex- partner, ma anche di aver subito violenza da questi. La violenza fisica, spesso di natura sessuale, è quindi un tratto distintivo della vita della vittima.
La novità del disegno di legge è poter leggere gli atti molesti in modo differente rispetto al passato, quando, come suggerisce l'avv. De Bari, non si teneva conto dei legami tra determinati comportamenti non illeciti, che, attraverso questo disegno di legge, sono considerati come finalizzati alla molestia”.
Lo stalking è, infatti, uno dei tanti tipi di violenza, che si affianca a quella psicologica (l'umiliazione dell'atro), fisica ed economica (che interferisce con lo sviluppo umano e provoca povertà e dipendenza), alle intimidazioni (molestie morali reiterate), all'eccessivo e reiterato sarcasmo che lede la dignità della persona ed alla violenza assistita (realizzata su figure di riferimento per la vittima).
La dott. Sgherza ha inquadrato questo fenomeno secondo alcuni aspetti psicodinamici, quali la ripetitività e l'ossessività, delineando cinque figure di stalker. Il “respinto”, in genere un ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l'abbandono, spesso oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti duraturi nel tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima, perché la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile.
La seconda tipologia è denominata “il bisognoso d'affetto”, motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l'amicizia o l'amore: la vittima è considerata una persona che si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione, a risolvere la propria mancanza di amore o d'affetto e il rifiuto è reinterpretato come il bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica o concreta.
Il “risentito”, sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito, quindi alimentato dalla ricerca di vendetta: si tratta di una categoria pericolosa che può ledere prima l'immagine della persona e poi la persona stessa.
Il “corteggiatore incompetente”, che ha un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale, tradotta in atteggiamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Infine, il “predatore”, un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.
È bene, allora, considerare lo stalking come “una psicopatologia, ovvero un fenomeno - sottolinea la dott.ssa Sgherza - che parte dalla normalità, si insinua nella vita di tutti i giorni per poi assumere la fenomenologia di un disturbo psichico, che pervade l'esistenza dello stalker e della vittima”. Ed è su quest'ultima che bisogna concentrare le maggiori attenzioni, perché stretta nella morsa dell'ansia, dello stress, della paura per i deliri del persecutore, che cambia il suo stile di vita e destabilizza i rapporti affettivi.
Come comportarsi e quali misure adottare? La dott. Labianca ha marcato l'importanza dell'accertazione del problema, perché molte vittime, nel dubbio, tendono a trincerarsi nel silenzio: al contrario, bisognerebbe utilizzare atteggiamenti volti allo scoramento del molestatore e, ad esempio, non modificare le proprie abitudini, non rispondere alle telefonate anonime e spegnere il cellulare di notte, essere freddi, lucidi e calmi, mantenendo le relazioni sociali e, nel caso di minacce fisiche, usufruire dello strumento legale.
È anche necessario mostrarsi attenti verso i consigli che possono essere offerti, soprattutto nella rete, perché, in questo caso, la gratuità e la semplicità sono fattori distorcenti.
Il fenomeno della violenza è tutt'ora ignorato e misconosciuto in tutti i suoi aspetti per la presenza di numerosi pregiudizi che implicano una falsa conoscenza delle varie forme, anche le più subdole, della violenza, a tal punto che è difficile conferirne una definizione generale e pubblicamente accettabile.
La risposta alla violenza è “il rispetto della persona – come ha sostenuto don Vincenzo di Palo – e lo stalker va punito, ma va anche curato”, prestando attenzione a saper discerne le situazioni le une dalle altre, senza effettuare generalizzazioni troppo sempliciste e veloci.
Autore: Marcello la Forgia