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Molfetta, attivo lo sportello "Giovani e Lavoro"
02 novembre 2011

MOLFETTA - Si informa che lo sportello "Giovani e Lavoro" proposto dal Progetto Policoro della Diocesi è nuovamente attivo.
Lo sportello si rende disponibile ad accogliere le idee dei giovani del nostro territorio che vogliono attivamente inserirsi nel mondo del lavoro: sarà a disposizione per l'orientamento al lavoro, la compilazione guidata del curriculum vitae in formato europeo, l'accompagnamento in fase di creazione di impresa (informazioni sulle procedure legali e ricerca di possibili finanziamenti), consulenza su bandi e concorsi in atto nella regione, disponibilità ad organizzare percorsi infomativi/formativi inerenti le tematiche del lavoro.
Si precisa che lo sportello non è un sostituto dell'ufficio di collocamento, bensì una risorsa ed uno strumento ulteriore in mano ai giovani per fare chiarezza sul proprio futuro lavorativo.
Gli animatori del Progetto Policoro sono disponibili presso lo sportello, che si trova nella sede dell'AC diocesana a Molfetta al piano terra dell'atrio episcopale - piazza Giovene, 4 -, ogni mercoledì dalle ore 18 alle ore 20.

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2°Parte. - La Dichiarazione ha avuto effetto enormi sulla comunità internazionale. Ne indicherò solo tre. Anzitutto ha scosso gli animi e creato un nuovo ethos. Non è un caso che nel 1957, nel primo dei processi che subì, Mandela si difese invocando la Dichiarazione Universale. Ed è stato osservato che la morte dell'apartheid si deve anche alla coscienza dei propri diritti nata nella maggioranza di colore sudafricana a seguito del diffondersi dei principi della Dichiarazione: quella consapevolezza è all'origine della lotta dell'Anc contro il Razzismo dei bianchi. La Dichiarazione ha anche contribuito alla caduta del Muro di Berlino, al declino delle dittature in America Latina, sta incrinando il gelo illiberale ancora diffuso in Cina e oramai condiziona la politica estera di molti Stati. In secondo luogo, la Dichiarazione è servita da punto di partenza e impulso per l'adozione di innumerevoli testi internazionali (tra i quali i famosi Patti sui diritti umani, del 1966), questi sì vincolanti giuridicamente, che l'hanno articolata, specificata e arricchita. Un altro merito della Dichiarazione è che essa ha costituito un manifesto e un'arma morale, indispensabile per tanti gruppi non governativi di appoggio e solidarietà ai perseguitati, come Amnesty International. A cinquanta anni di distanza, si può dire che la Dichiarazione è ancora attuale? Nessuno nega certi suoi limiti storici, ad esempio la scarsa sensibilità per i diritti dei popoli o l'eccessiva genericità di alcune disposizioni. Nessuno nega che il suo linguaggio sia alquanto piatto, ben lontano da quello vibrante delle Dichiarazioni americane e francesi. Malgrado questi limiti, e anche se i tempi sono cambiati, quel grande documento è ancora vivo. Alle soglie del 2000, le grandi sfide nel campo dei diritti dell'uomo avvengono in aree su cui la Dichiarazione dà ancora indicazioni e direttive. I nodi principali, che andranno affrontati senza esitazione, sono sotto gli occhi di tutti. Le gravi crisi economiche e finanziarie e l'introduzione di nuove tecnologie creano sempre più disoccupazione in molte zone del mondo. Il problema del diritto al lavoro diventa sempre più cruciale. Assistiamo poi a grandi migrazioni dai Paesi poveri a quelli ricchi e alla conseguente graduale formazione, in questi ultimi tempi, di società multietniche e multirazziali. Questo arricchimento quasi sempre provoca però xenofobia, razzismo, discriminazioni. Un altro grave problema è costituito dal tribalismo sempre più diffuso: le persone tendono ad aggregarsi in gruppi etnici e religiosi e ad odiare ed espellere chiunque non appartenga al gruppo. Le guerre etniche all'interno degli Stati diventano così sempre più frequenti. Un altro problema si pone attualmente soprattutto nelle società industriali, ma forse presto raggiungerà anche i Paesi poveri: le moderne tecnologie stritolano la nostra vita privata, si espropriano dei nostri pensieri e dei sentimenti più intimi. Esse catturano e manipolano non solo la mente ma anche il corpo: le biotecniche possono alterare il nostro patrimonio genetico e potrebbero trasformarci in mostri. Oltre al diritto al corpo e alla mente, va attuato anche il diritto all'ambiente: il mondo fisico in cui viviamo si sta rapidamente deteriorando. Nella lotta per i nuovi diritti la Dichiarazione deve restare la nostra stella polare. Non dimentichiamo che alla lunga quelle tre paginette hanno avuto più peso di intere biblioteche e degli eserciti di tante grandi Potenze. Splendida conferma di quel che diceva Tommaso Campanella: “I MOTI UMANI DUREVOLI SONO FATTI PRIMA DALLA LINGUA E POI DALLA SPADA”.- (fine)
1°Parte. - La Gazzetta del Mezzogiorno - Sabato 2 gennaio 1999. C'E' ANCHE IL LAVORO FRA I DIRITTI DELL'UOMO- Antonio Cassese. - Parafrasando Rousseau, si potrebbe dire che oggi tutti parlano di diritti umani e tuttavia mai come ora quei diritti sono violati in tanti paesi del mondo. In realtà anche nel passato quei diritti erano calpestati su larga scale e spesso in modo anche più grave: però non esisteva ancora nelle vittime la consapevolezza che la loro dignità umana veniva offesa: gli abusi, l'arbitrio, il disprezzo per i diseredati, venivano considerati un fatto naturale, non un fenomeno storico contro cui bisognava lottare. Valeva quel che dice Ituriel, quel personaggio di Voltaire che, dovendo punire le malefatte di Persepoli e vedendo che il bene e il male sono inestricabilmente congiunti, conclude che “il mondo va lasciato andare come va, perché se non tutto è bene tutto è passabile”. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ripudiò questo concetto il 10 dicembre 1948, quando adottò un decalogo dei diritti di ogni abitante del pianeta: La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo. La Dichiarazione non è una “legge” internazionale, perché non ha carattere obbligatorio, non crea cioè norme vincolanti gli Stati e gli individui: Ha solo una forza morale e politica. Perché nondimeno, è così importante? Perché se ne sente tanto parlare e si avverte la necessità di celebrarne il cinquantenario? Prima del 1948 non esisteva un documento di portata planetaria che sancisse i diritti spettanti ad ogni essere umano, quale che fosse la sua cittadinanza, razza o posizione sociale. Esistevano Dichiarazioni quali la Magna Charta inglese del 1689, le dichiarazioni americane del 1776-1789 e quella francese del 1789, ma avevano ovviamente un'incidenza limitata a quei singoli Paesi. Mancava un testo universale, che valesse per tutti. La fine della Seconda Guerra Mondiale costituì un momento propizio perché dovunque si sentiva il bisogno di reagire ai disastri della guerra e delle dittature. L'iniziativa fu occidentale Già il 6 gennaio 1941 il presidente Roosevelt aveva lanciato le famose Quattro Libertà: quella di parola, quella religiosa, la libertà del bisogno e la libertà della paura. Nel 1946, nel celebre discorso di Fulton, Churchill proclamò che scopo del dopoguerra era di “far scudo alle innumerevoli case degli uomini contro due gigantesche macchine da preda: la guerra e la tirannide”. Gli Stati Uniti, la Francia e L'Inghilterra trovarono perciò naturale proporre all'Assemblea Generale dell'Onu di adottare un decalogo per tutta l'umanità. I Paesi socialisti e, per ragioni culturale e religiose, certi Paesi mussulmani guidati dall'Arabia Saudita e dal Pakistan, inizialmente si opposero, anche perché il testo proposto era di marca sostanzialmente occidentale. Ma le loro obiezioni vennero travolte. Così nel 1948, per la prima volta nella storia dell'umanità, Stati assai diversi politicamente e ideologicamente si misero d'accordo su una serie di obiettivi e principi e si impegnarono ad adoperarsi per conseguirli. L'idea di fondo della Dichiarazione è che ogni struttura statale, quale che sia la sua dimensione ideologica e politica, deve rispettare i valori essenziali della persona. (continua)
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