Molfetta antifascista ieri e oggi: 70 volte Resistenza
Come ci insegna Italo Calvino siamo “tutti uguali davanti alla morte, non davanti alla storia”. A ricordarlo è l’assessore alla cultura Betta Mongelli, in occasione della giornata di studio intitolata 70 volte Resistenza. Molfetta antifascista ieri e oggi, nella sala consiliare (in ricorrenza del 70° anniversario). “Il 25 aprile è la giornata in cui si celebra la libertà, la lotta di un popolo contro la tirannide nazista e fascista e noi l’abbiamo fatto in maniera forte, ricordando la partigianeria. Non bisogna dimenticare che Molfetta è stata la città di Tommaso Fiore e di Carlo Muscetta. Questi protagonisti dell’antifascismo attivo molfettese devono essere ricordati”. Angelantonio Spagnoletti, professore dell’Università di Bari ha aperto la serata con un approfondimento sul tema Dalla quarta guerra di Indipendenza al secondo Risorgimento, premendo sull’importanza di mantenere sempre un giudizio etico e morale: “Nella seconda parte della seconda guerra mondiale non possiamo mettere insieme vittime e carnefici, perché parliamo di uomini che hanno compiuto delle scelte. Non si può prescindere dal giudizio storico”. E aggiunge: “Molti studiosi qualificano la prima guerra mondiale come quarta guerra di Indipendenza, perché l’Italia che nel 1916 dichiarò guerra alla Germania in effetti si stava muovendo verso una guerra parallela”. Poi fa una distinzione. “Caporetto segnò una sconfitta dolorosa, ma nonostante ciò, non portò allo sfacelo interno a cui invece condusse l’8 settembre 1943, giorno in cui Badoglio proclama l’armistizio. Gli italiani sentivano che la prima guerra si stava combattendo per l’Italia stessa e non per un governo. Questo non avvenne per il fascismo che non era la guerra degli italiani, ma quella di un regime. La Resistenza è stata il compimento del Risorgimento”. Vito Antonio Leuzzi, professore dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, introduce invece La Puglia nella lotta di Liberazione: “All’indomani della caduta del fascismo gli studenti universitari molfettesi andarono a Bari per festeggiare la libertà, quando all’invocazione di questa parola, libertà, si trovarono in un lago di sangue. Si sparò su studenti e insegnanti causando una ventina di morti tra cui il figlio di Tommaso Fiore. I nazisti in Puglia, in seguito all’armistizio diedero luogo a stragi, a distruzione di porti, aeroporti, ponti stradali. Ancora oggi non abbiamo ricostruzioni complete di queste stragi: a Castellaneta spararono tra la popolazione, 27 morti tra bambini donne e anziani. Il 9 settembre cercarono di distruggere il porto di Bari e fu la resistenza popolare della città vecchia ad impedirlo. Quelle dei nazisti furono stragi vergognose. La Resistenza ha segnato la fine della guerra e della paura. Finalmente si poteva parlare liberamente”. Sull’attualità della lotta di Liberazione e della Costituzione Italiana si è incentrato il discorso del prof. Nicola Colonna dell’Università di Bari: “La Resistenza non nasce improvvisamente, vi è dietro una crisi che porta a scegliere da che parte stare. La sinistra degli anni ‘30 composta da socialisti e comunisti riflette sulle motivazioni che hanno condotto all’affermazione del fascismo. Come ha potuto il movimento operaio e contadino essere sconfitto al punto di scomparire? È la sinistra che porta questa sconfitta sulla coscienza: da un lato aveva pensato che bastasse agitarsi senza avere una precisa idea di rivoluzione, dall’altro si era illusa di poter vincere sul terreno elettorale. Ma in quel momento la borghesia non voleva accettare le rivendicazioni popolari. Successivamente al fascismo poi, si volle costruire uno stato nuovo, con una costituzione repubblicana, nata dalla resistenza. Essa fu un patto sociale, una costituzione di parte fondata sulla natura antifascista e democratica dello stato. Oggi la costituzione va difesa perché è l’anima della collettività, attaccatene i presupposti e ne cambierete il volto”. Infine, il prof. Carlo Spagnolo dell’Università di Bari parla del Blocco della memoria. L’antifascismo dopo la guerra fredda: “Le memorie collettive servono a dare un senso all’esperienze e rientrano nelle organizzazioni narrative del passato di una comunità, in quanto necessarie a mantenere la coesione. Questo è valso anche per la memoria dell’antifascismo. Spesso si è omesso che la violenza stessa è stata fondatrice di diritto. L’antifascismo italiano è stato una lotta politica che ha fatto della forza uno strumento ma non un fine. La resistenza va vista in un quadro più ampio che superi la lettura vincitori-vinti. La scelta di ricorrere alle armi è stata una scelta di libertà, di fare di quelle armi oggetto di libertà. Inoltre anche se per gradi e forme differenti, dal ‘91 si è sentita l’esigenza di mettere a pari titolo i crimini del nazismo e dello stalinismo”. A conclusione della serata, il sindaco Paola Natalicchio ha sottolineato che Molfetta ha ancora molto lavoro da fare rispetto alla storia di se stessa. Questa è la città di Tommaso Fiore, ma anche di Tiberio e Giovanni Pansini, due giovani molfettesi rimasti in ombra.