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Molfetta, all'Università Popolare: il futuro dell'energia nelle fonti rinnovabili Non si esauriscono e non inquinano. L'ing. Rosario Mastrototaro ha illustrato le cinque fonti di energia rinnovabile, comparando affidabilità e controindicazioni
24 marzo 2011

MOLFETTA - Fonti rinnovabili di energia elettrica, materiale inesauribile. Sole (fotovoltaico), vento (eolico), moto ondoso (marina), masse di scarto (biomassa), acque calde delle viscere della terra (geotermia), insomma l’energia prodotta da tutte quelle fonti naturali che non si esauriscono, che non inquinano e non modificano il clima.
Una rapida panoramica, quella dell’ing. Rosario Mastrototaro (foto), che nell’incontro «Le energie alternative: fotovoltaico, eolico e biomasse» all’Università Popolare Molfettese ha spiegato modalità e effetti dell’utilizzo delle fonti rinnovabili.

Innanzitutto, il vento. «L’energia eolica è il prodotto della conversione dell’energia cinetica del vento in elettrica o meccanica - ha spiegato l’ing. Mastrototaro - prima tra tutte le energie rinnovabili per il rapporto costo-produzione, le pale producono molto rumore e hanno un notevole impatto ambientale per la loro grandezza, ma è pur sempre lo scotto che bisogna pagare per il progresso».
L’energia prodotta dalle correnti marine, attraverso turbine sommerse, è ideale per determinati contesti decentrati e può essere utilizzata in contesti marginali e a bassa scala produttiva. Dunque, non potrebbe fornire risposte globali al problema dell’energia. Anche se in Italia una buona fetta di energia elettrica è prodotta propria con le dighe.
La biomassa (materiale di origine organica vegetale o animale che non ha subito alcun processo di fossilizzazione, come i rifiuti organici) potrebbe essere la prossima fonte rinnovabile su cui puntare, ma permangono dubbi sulle sue trasformazioni chimiche, sull’effettivo impatto ambientale e sui costi d’istallazione e gestione degli impianti.
Il loro uso accelera il ritorno della CO2 in atmosfera, senza incrementarne la quantità nell’atmosfera: è la stessa che le piante hanno assorbito per svilupparsi e che alla loro morte torna in atmosfera, attraverso normali processi degradativi della sostanza organica (equilibrio fra CO2 emessa e assorbita).
Poco esteso l’uso delle biomasse in Italia. Ad esempio, in Val Pusteria gli impianti di teleriscaldamento sfruttano la segatura delle segherie e il ceppato di legni di scarso valore commerciale, mentre l’impianto di Dobbiaco produce anche energia termoelettrica. Limitata diffusione per la disponibilità del materiale e di aree per lo stoccaggio e per la resa (per alimentare 4 gruppi da 660 MW sarebbe necessario il 75% della superficie agricola veneta).
Se l’energia geotermica dev’essere valutata in tempi brevi e potrebbe anche avere controindicazioni per la salute dell’uomo, come i soffioni boraciferi (acque solfuree che producono fumi al boro), il fotovoltaico è la soluzione più applicata, «il petrolio della Puglia» per l’ing. Mastrototaro, anche se «l’Italia è in ritardo rispetto alle nuove tecnologie e agli altri Paesi europei».
Sviluppo dell’indotto e nessun inquinante (anche se restano dubbi sullo smaltimento del silicio tra 20-30 anni), il fotovoltaico «comporta un risparmio in bolletta, una serie di incentivi statali con il Terzo Conto Energia e un contributo dalle energia che vendiamo o scambiamo sul posto con l’Enel, fattori che ammortizzerebbero negli anni le spese dell’installazione», ha concluso l’ing. Leonardo Gesmundo, dopo aver illustrato l’effetto fotovoltaico e le tecnologie usate (cristalli al silicio, film sottile e inseguimento solare).
 
© Riproduzione riservata
Autore: Marcello la Forgia
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