MOLFETTA - Il prof. Domenico Picca, ordinario di Fisica presso il Politecnico di Bari, nell’ambito delle manifestazioni promosse dall’A.N.E.B. (Associazione nazionale educatori benemeriti), presso l’auditorium don Tonino Bello in Molfetta, ci ha intrattenuto con un argomento piuttosto ostico, ma assolutamente interessante ed affascinante: la cosmologia e le sue correlazioni con la filosofia. Dopo una esauriente prolusione sul significato dei termini, il professore ha descritto con rara chiarezza tutta l’evoluzione storica di questa scienza, dagli albori fino alle ultimissime teorie che, ogni giorno aggiungono conoscenza, però nel contempo pongono altri quesiti ancor più affascinanti e complessi.
Per certi versi, la cosmologia viene considerata come una branca della filosofia, ed infatti nell’antica Grecia, furono per primi i Filosofi classici ad occuparsi di cosmologia per cercare di comprendere l’origine e l’evoluzione di quel meraviglioso spettacolo, che si offre a chiunque oggi alzi gli occhi verso il cielo notturno, che osservavano all’epoca senza alcun ausilio tecnologico. Costoro guardando la volta celeste brulicante di stelle, intuirono che c’era un ordine che doveva essere mantenuto tale da un’entità – il demiurgo – che manteneva quest’ordine perfetto ed immutabile. Quindi gli antichi studiosi si occupavano non tanto di cosmologia ma piuttosto di cosmogonia che è la cosmologia propriamente detta ma non frutto dello studio di fenomeni naturali razionalmente determinati, ma di regole stabilite da un’Entità superiore, il demiurgo appunto, ed in seguito, con l’avvento del Cristianesimo e prima ancora con l’Ebraesimo (Genesi), con regole stabilite dal Dio creatore di TUTTO e di TUTTI.
La cosmologia è la scienza che studia l’origine e l’evoluzione del cosmo; essa è una parola composta di origine greca che sta per studio (dell’) ordine, e ne interpreta i fenomeni che correlano gli astri ed in generale tutti i corpi celesti, con le leggi fisico matematiche che nel corso dei millenni sono state elaborate.
Si parte quindi con le nozioni degli studiosi dell’antica Grecia (prima di loro, i Babilonesi e prima ancora i Sumeri si erano dedicati allo studio del cielo e dei fenomeni che si osservavano) che, pur relativamente limitate rispetto alle attuali, consentivano a chi le elaborava di farsi un’idea di che cosa si parlava. L’elaborazione iniziale prevedeva un sistema geocentrico, cioè un cosmo formato dalla Terra al centro e poi tante sfere concentriche che contenevano la Luna, il Sole, alcuni pianeti ed infine le stelle fisse, così come, più o meno, le vediamo oggigiorno (c’è da osservare che l’ultima asserzione non è completamente esatta, perché, come sappiamo l’Universo non è statico: nel corso dei millenni trascorsi, anche le stelle, così dette fisse, hanno subito un pur piccolo spostamento relativo al punto di osservazione dalla Terra).
Questa concezione fu perfezionata da Tolomeo, agli inizi dell’Era cristiana ed è rimasta praticamente indiscussa fino al sedicesimo secolo, quando Galilei e Copernico, quasi contemporaneamente, elaborarono un nuovo sistema cosmologico, nel quale era il Sole al centro di tutto e la Terra, la Luna i pianeti, altro non erano che dei corpi celesti in mezzo a tanti altri corpi che popolano il firmamento stellato. Questa nuova concezione fu fortemente avversata dalla Chiesa che, anche tramite la Santa Inquisizione instauratasi in quell’epoca con lo scopo di contrastare i movimenti di pensiero (contrari alla Dottrina) legati anche alla nascita del Protestantesimo, contrastava anche con la violenza, il nuovo ordine scoperto (notevole è, fra le altre, la condanna ed esecuzione del frate di Nola, Giordano Bruno, oltre le note persecuzioni verso Galilei, il quale per evitare castighi più grandi fu costretto all’abiura, dichiarare cioè che tutto quanto da lui elaborato, non rispondeva a prove scientifiche e che quindi era tutto sbagliato).
Si dovette attendere la seconda metà del XVII secolo quando, Isaac Newton avendo elaborato le leggi della Gravitazione universale, diede un nuovo “volto” al Sole, al suo sistema ed a tutti i corpi del cosmo, definendo il Sole uno fra miliardi di corpi simili sparsi per tutto l’Universo; elaborò le leggi della gravitazione e dei suoi effetti su tutti corpi celesti, “estendendo” all’Universo il lavoro perfezionato da Keplero con le sue leggi sulla meccanica del moto dei pianeti intorno al Sole. Fu nel XIX secolo che si potè incominciare a capire la reale struttura e dimensione dell’Universo, quando F.W.Bessel determinò con sufficiente precisione la distanza dalla nostra, di una stella della costellazione del Cigno.
In quegli stessi anni si era trovata la spiegazione del perché si osserva una specie di tenue fascia luminescente che attraversa il firmamento: la Via Lattea. Fu F.W. Herschel (un fisico e musicista) che propose e dimostrò l’esistenza di un grande ammasso di miliardi di stelle, fra le quali si trova la nostra stella ed il nostro sistema. Nacque così l’immagine di un Universo, sempre omogeneo, ma a …blocchi, con un numero imprecisato di queste aggregazioni che furono chiamate Galassie. Oggi sappiamo che ve ne sono a miliardi, raggruppate in Ammassi (costituiti da migliaia di individui) e Superammassi (costituiti da migliaia o milioni di ammassi galattici).
Tutte le scoperte fatte in questi secoli, non erano sufficienti – abbiamo già precisato che più scoperte si fanno, più interrogativi si aprono – a rendere ragione dei fenomeni osservati, questa volta con l’aiuto di strumenti tecnologici sempre più sofisticati. Infatti nella prima metà del XX secolo, un astronomo americano – E. Hubble – dimostrò che la Via lattea era una delle galassie esistenti, avendo scoperto e misurato dimensione e distanza di un’altra galassia a noi “vicina”: quella che per secoli era stata definita come nebulosa di Andromeda, una galassia poco più grande della nostra e distante da noi circa 2,5 milioni di anni luce*.
Fu nel 1915 che Albert Einstein pubblicò il frutto dei suoi studi teorici sulla Relatività, stabilendo e dimostrando con sofisticati calcoli matematici che, la Massa e l’Energia sono intrinsecamente legate fra loro; che l’Universo è omogeneo. Successive elaborazioni dimostrarono che l’Universo sembra in espansione e si scoprì che un oggetto osservato, più è lontano dalla nostra posizione, più è grande la sua velocità di allontanamento da noi. Allora si incominciò a fare ipotesi al contrario, e cioè se i corpi si allontanano l’uno dall’altro, quando è incominciato questo allontanamento e come si è prodotto? Calcolando a ritroso nello spazio e nel tempo, si è riusciti a determinare il “momento” in cui l’Universo era concentrato in un punto estremamente caldo e infinitamente denso (singolarità) nel quale era racchiusa TUTTA la massa della materia e TUTTA l’energia dell’Universo che improvvisamente è esploso: questo momento è stato stimato in circa trenta miliardi di anni fa! La prova provata di questa ipotesi è stata ottenuta negli anni trenta del secolo scorso, da due scienziati della Bell Telephone Company statunitense, i quali impegnati nella ricerca della ragione dell’esistenza di alcune interferenze nelle trasmissioni telefoniche, scoprirono che in tutte le direzioni, vi è una “radiazione di fondo” o radiazione fossile (una specie di brusio elettromagnetico) che è l’eco fossile dell’immane esplosione chiamata “Big Bang”, da cui è nato il tempo, la materia e l’energia dell’Universo attuale, che continua ad espandersi.
E’ ovvio che questa scoperta, insieme con tantissime altre, ben lungi dall’aver risolto i problemi della cosmologia, ne ha creati un’altra enorme quantità, la cui soluzione impegna ed impegnerà fior di studiosi.
Noi abbiamo tentato nel nostro modo rozzo e, si spera almeno non eccessivamente impreciso, di sintetizzare quanto esposto durante l’incontro con chiarezza e “fascino” avvincenti dal prof. Picca (nella foto con Nicola Pio Minervini). Gli argomenti trattati, le divagazioni su altre discipline che l’esposizione di tematiche così sofisticate impongono, hanno polarizzato l’attenzione dell’uditorio per una piacevolissima ora di cultura vera che, speriamo, si possa ripetere quanto prima, su altri affascinanti argomenti di attualità scientifica.
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(*) Un anno luce è la misura del cammino che un raggio luminoso compie in un anno, viaggiando in linea retta, alla velocità di circa 300.000 km/sec.. Essa equivale a circa 9.461 miliardi di km.. Poiché le distanze siderali e/o galattiche ammontano a volte a migliaia o milioni di anni luce, gli astronomi, per praticità, usano l’unità di misura del parsec (che sta per parallasse al secondo e che è la distanza dalla quale, un osservatore di fantasia, osserverebbe l’asse maggiore dell’orbita terrestre sotto un angolo di 1 secondo d’arco) che equivale a 3,26 a.l.. Per il parsec valgono i multipli come kpc, Mpc, ecc..
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