Recupero Password
Molfetta, abbattuto dal vento un albero in via A. Saffi: segato, non è stato ripiantato né sostituito
08 gennaio 2012

MOLFETTA - Un cittadino ha segnalato a Quindici l’abbattimento di un albero in via Aurelio Saffi a causa del forte vento nel pomeriggio del 6 gennaio. «L'albero, caduto a causa della rottura del palo di sostegno, ostruiva anche metà carreggiata - scrive il cittadino Lorenzo Caputi nella lettera inviata ieri pomeriggio a Quindici - Io stesso l'ho spostato liberando il più possibile la strada. Questo albero è ancora con tutte le radici e quindi, secondo me, reimpiantabile a costo zero».
Ieri pomeriggio l’albero era, però, già assente (nella foto il luogo in cui era piantato), ma nessuno si è forse preoccupato di controllare se potesse essere reimpiantato o meno. Anzi, come ha testimoniato lo stesso cittadino (evidente la segatura per strada e un pezzo di tronco dimenticato nel terreno) lo hanno segato e portato via a pezzi.
Sembra questo un habitué a Molfetta: nessun rispetto per l’ambiente e i suoi elementi. Basti pensare a via Papa Giovanni XXIII dove tutti i vecchi alberi presenti, alcuni anche in buone condizioni, sono stati estirpati e segati (come testimoniato dalle foto di Mauro Binetti). Poi, sono stati piantati dei nuovi alberi, abbandonati poco tempo dopo a se stessi, come Quindici ha denunciato in alcuni articoli sui numeri dei mesi scorsi. Su via Aurelio Saffi la situazione sembra essere anche peggiore, come sottolineato dallo stesso cittadino. Gran parte degli alberi, caduti o spiantati negli anni passati, non sono stati sostituiti e il verde pubblico si è drasticamente ridotto nel tempo.
Poteva essere questa l’occasione per inverdire la strada, ma evidentemente la tutela e la salvaguardia dell’ambiente e del verde pubblico non sono nei programmi del Comune. Forse l’albero sarà finito in un camino o in una caldaia a biomassa, con tutti gli altri.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Q
Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Non c'è niente di “anomalo” in tutto quello che sta' accadendo sul nostro pianeta (anche a Molfetta). Definirle tragedie è quanto mai irreale, sono passi evolutivi e involutivi voluti dall'uomo, anticipati e velocizzati anche consapevolmente: potere e sete di guadagno (profitto) ci rendono distratti, ciechi e incoscienti. Era l'anno 1970………….. La popolazione umana ha ormai raggiunto i cinque miliardi di individui sperperando, in sostanza un capitale un tempo ricchissimo di combustibili fossili di minerali, di falde e giacimenti sotterranei, di acqua e varietà genetiche. La più grave, fra tutte queste perdite, potrebbe rivelarsi quest'ultima. Certo è la più irreversibile. All'homo sapiens è assolutamente indispensabile infatti la varietà genetica presente in milioni di specie e nei miliardi di individui che le compongono. Questa perdita di varietà genetiche è in parte provocata direttamente da noi, con la distruzione o lo sfruttamento esagerato di certe specie, come i rinoceronti, gli elefanti, i felini, le balene, le orchidee e i cactus. Il pericolo maggiore è però quello che proviene più indirettamente, dalla distruzione degli habitat. L'uomo lastrica le strade, sconvolge i terreni, abbatte gli alberi, costruisce dighe, avvelena l'ambiente e distrugge un'infinità di habitat a terrificante velocità. Sono appunto questi suoi interventi che minacciano il gorilla di montagna, il condor della California e migliaia di organismi meno noti. La sola distruzione delle foreste tropicali potrebbe facilmente ridurre la varietà organica del nostro pianeta del 50 per cento, nel giro di qualche decennio. Ancora oggi si rivolge troppa attenzione alla preservazione delle specie, mentre è probabilmente molto più immediata e vitale la questione della perdita di varietà genetica all'interno delle specie stesse. Può darsi però che i nostri sforzi siano troppo scarsi e giungano troppo tardi. Un conto è tracciare delle linee sulle carte geografiche attorno alle foreste tropicali e dichiararle zone protette, e altra cosa è invece trovare la volontà e le risorse per conservarle. La costituzione biochimica delle piante, per esempio, varia a seconda delle zone geografiche, e le sostanze chimiche di origine vegetale hanno consentito la fabbricazione di moltissimi farmaci e prodotti industriali. Ma ora che le specie sono in via di estinzione, la loro utilità per l'uomo è spesso compromessa in modo rilevante: le loro “popolazioni” sono troppo ridotte per risultare significative negli ecosistemi, i pool genetici sono troppo impoveriti per far sì che interventi di bioingegneria abbiano successo, e caratteristiche assai utili vanno in questo modo perdute. Che cosa bisognerebbe fare lo sappiamo. Nelle nazioni industrializzate è necessario proibire ulteriori sconvolgimenti dei terreni e limitare ovunque la creazione di monoculture esotiche, siano essi campi da golf, coltivazioni di frumento o piantagioni di alberi. Occorre invece dare la priorità alla trasformazione delle già immense aree occupate dall'uomo, in modo da renderle più ospitali per gli altri organismi e, soprattutto, arrestare il costante flusso di veleni che si riversano nell'aria e nelle acque, in particolare modo le piogge acide. Fintanto che l'afflusso di veleni proseguirà incontrollato, tutti i programmi destinati a proteggere e a ristabilire ecosistemi relativamente naturali saranno destinati al fallimento. La sopravvivenza dell'uomo è strettamente intrecciata con la sopravvivenza della varietà genetica e quindi col destino di ogni sistema naturale. - Era l'anno 1970, da un rapporto di “Gaia Book” – London, Paul Ehrlich. – Anno Domini 2012: quale rapporto?

L'incoscienza umana non ha limiti. In ultima, o meglio in prima analisi, tutti noi siamo piante. Senza il manto verde che ricopre il nostro pianeta, e che è costituito da più di 300 mila specie vegetali, la vita animale come noi la conosciamo (Homo sapiens compreso) non si sarebbe mai sviluppata. Fu grazie al diffondersi della vegetazione che, milioni di anni fa, l'ossigeno (all'inizio presente solo in tracce nell'atmosfera) passò alla proporzione di un quinto, favorendo l'esplosione della vita animale. Alcuni biologi ritengono che l'estinguersi di una specie vegetale possa condurre all'estinzione di varie specie animali, forse addirittura una trentina, perché le conseguenze si ripercuotono sulla catena alimentare. Le piante trasformano la luce del sole in una riserva di energia chimica da cui dipende tutta la vita animale, sia per il cibo, sia, nel caso degli esseri umani, per il combustibile. L'enorme varietà di piante consente alle forme di vita animali di adattarsi a tutti gli ambienti immaginabili: al deserto, alla tundra, ai tropici, che hanno la più ricca speciazione. Dipendiamo continuamente da questa ricchezza verde, che ha indirettamente effetti benefici sul suolo e sul clima, e che rifornisce direttamente la nostra tavola, le nostre fabbriche e i nostri ospedali. Gli alberi rimuovono lo smog e le polveri sottili, riducono l'inquinamento acustico del traffico, riducono il ruscellamento delle acque, la terra e le radici assorbono, assestano e rallentano l'azione dei temporali, delle piogge intense che in questi ultimi anni hanno provocato (ancora lo faranno) smottamenti di terreni e provocando decine di vittime, aumentano il benessere fisico e mentale di tutti noi. Gli alberi sono fondamentali per e nella vita di una città: non dimentichiamolo, cittadini e amministratori. (Cittadini? Amministratori? Di chi e di che?)
Un albero divelto(?) dal forte vento; il rimboschimento di Lama Cupa! Due facce delle stessa schizofrenica medaglia rappresentata metaforicamente da noi Molfettesi e da chi ci amministra e gestisce il bene pubblico. Un Cittadino denuncia che un alberello e i suoi pali di sotegno sono stati danneggiati dal vento. Sostiene che, a suo parere, sarebbe stato possibile "recuperarlo" (sarà vero?). Che si fa? Ma, si abbatte! e al peggio non si provvede, almeno finora, a piantarne un altro. Lama Cupa: l'Aministrazione vorrebbe rimboschire l'area dell'alveo; l'A.d.B. si oppone, al punto che l'amministrazione - more solito - adisce le vie legali, facendosi rappresentare da un "principe del foro" (tale avv.prof. Caputo!). Premesso che se l'area che si vorrebbe rimboschire, almeno da quel che si vede passandoci sopra (ponte Lama Cupa, S.S.16) sembra già ...occupata da coltivazioni piuttosto ben messe (tra parentesi, l'area è di prorpietà del coltivatore? è in comodato d'uso gratuito oppure oneroso? è sfruttato ...diciamo all'italiana? è pubblico demanio?; e se una delle ipotesi - comodato d'uso, o come si chiama - fosse quella giusta, come la mettiamo con l'"usucapione"? che potrebbe rivendicare l'attuale ussufruttuario?), allora, prima di affidare incarichi, certamente onerosi - un pò come lo sono tutti quelli dei patrocini legali, non sarebbe meglio fare chiarezza in "casa nostra"?. Ammeno che chiarezza non sia stata fatta. Un chiarimento, sulla ..."chiarezza": si o no, sarebbe anche gradito.



Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet