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Memoria al Presente, manifestazione del Collettivo "Student* Molfettesi in Lotta" per le vittime della shoah
28 gennaio 2012

MOLFETTA - Il Collettivo "Student* Molfettesi in Lotta" ha organizzato per domenica domenica 29 gennaio la manifestazione artistica e di controinformazione "Memoria al Presente" dalle ore 18,30 in poi presso il Corso Umberto (altezza Liceo Classico).
Oggetto focale della manifestazione sarà la "Giornata della Memoria di tutte le vittime degli Olocuasti", celebrata il 27 gennaio da tanti e tante per ricordare e non dimenticare le vittime dei lager nazisti. Andrà in scena la rappresentazione teatrale del Teatro dei Cipis "La Svolta da m120 x m90", spettacolo ispirato alla partita giocata tra guardie naziste e deportati nel campo di Auschwitz, raccontata da Primo Levi nel suo libro "I sommersi e i salvati".
«Accanto alla Shoah degli ebrei, nei lager trovarono luogo tanti altri genocidi di stampo razziale, quali quello degli slavi, di rom e sinti, sessuale, come le persecuzioni verso omosessuali e lesbiche, e politico, con l'annientamento dei dissidenti politici ai regimi nazionalisti dell'epoca, anarchici, comunisti, socialisti o democratici che fossero - spiega il Collettivo -. Obiettivo e compito di noi studenti è il contestualizzare le radici ideologiche che hanno portato alla Shoah e che in genere hanno condotto nella storia a tutti i genocidi che essa annovera: razzismo, fascismo, nazismo, omofobia e sessismo, sono alla base di tutte le peggiori nefandezze che l'umanità abbia potuto e stia compiendo tutt'oggi».
Infatti, anche oggi non mancano episodi di emarginazione e discriminazione nei Paesi di arrivo e rimpatri nei propri Paesi di origine per i migranti, fuggiti dalle proprie terre, tormentate da guerre civili, figlie del neocolonialismo del mondo occidentale, e in cerca di fortuna verso altri lidi. Il presente «fa rima con repressione qualora il soggetto sia il popolo palestinese, oggi costretto in confini innaturali, privato dell'accesso diretto all'acqua potabile, dei più elementari diritti stabiliti da qualsiasi "carta internazionale" e privato della possibilità di ottenere il riconoscimento di uno Stato Palestinese autonomo, a causa della politica sionista e razzista del governo ultrareazionario alla guida di Israele», secondo il Collettivo che ricorda come «il fiorire in tutta Europa di gruppi nazionalisti e l'ascesa di partiti di dichiarata matrice fascista, spesso in prima linea nel rinnegare i 7 milioni di vittime dell'"Olocausto per eccellenza", è una vergogna collettiva per l'umanità, che va combattuta con tutti i mezzi, giorno dopo giorno per l'affermazione dell'antirazzismo e dell'antifascismo quali paradigmi di civiltà». Insomma, «ricordiamo per non dimenticare, ogni giorno, non solo in occasioni del genere, per evitare che ciò che riteniamo passato e tuttavia avviene nel presente possa accadere nuovamente in futuro».
 
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(Tratto e condensato da J. Joll, Cento anni d'Europa, 1870-1970, Laterza, Bari 1971) - La diffusione crescente dell'antisemitismo era già un fenomeno rilevante negli ultimi decenni del secolo XIX anche se non doveva raggiungere il suo vertice sinistro prima del tentativo tedesco di sterminare gli Ebrei d'Europa durante la seconda guerra mondiale. Dai tempi della rivoluzione francese la maggioranza dei paesi europei avevano soppresso le incapacità giuridiche e le ingiustizie sociali di cui le comunità israelitiche avevano sofferto fin dal medioevo. La difficoltà per gli israeliti era di trasformare in realtà i diritti civili di recente acquisiti e di vincere i pregiudizi secolari che ne accentuavano l'isolamento dal popolo in mezzo al quale vivevano e che nel secolo XIX andavano assumendo nuove forme. Mentre l'antica ostilità cristiana verso gli ebrei responsabili della crocifissione di Gesù si riscontrava ancora in certi ambienti cattolici, segnatamente fra i gesuiti, e nella Chiesa ortodossa russa, le condizioni della società capitalistica industrializzata e la stessa libertà di movimento che l'emancipazione sembrava offrire agli ebrei davano impulso alla formulazione di nuove accuse e proteste. Poiché nel Medioevo era vietato ai cristiani di prestar denaro ad interesse, gli ebrei erano stati fra i grandi fornitori di prestiti in Europa, e nel secolo XIX i ricchi ebrei di Francoforte, Vienna, Parigi e Londra, guidata dalla più celebre e fortunata dinastie ebraiche, i Rothschild, avevano ormai strettissimi legami con le banche in rapida espansione del continente europeo, mentre il piccolo mercante e l'usuraio israeliti continuavano a svolgere la loro tradizionale funzione nelle zone rurali, diventando così, in occasione dei cattivi raccolti, i capi espiatori del malessere delle popolazioni. Così l'antisemitismo sviluppatosi negli ultimi due decenni del secolo aveva in parte radici economiche. Alla fine del XIX secolo sorse in Europa un movimento politico-religioso, detto “sionismo” che si propose di ricostruire, dopo diciotto secoli in Palestina la sede nazionale dell'ebraismo, al fine di raccogliervi i correligionari sparsi in tutto il mondo. Il movimento si colloca nel clima di esasperato nazionalismo e antisemitismo che caratterizzò la fine dell'Ottocento in Europa. Fondatore del sionismo fu uno scrittore e uomo politico: Theodor Herzl. Il primo congresso sionistico si tenne a Basilea nel 1897 e vi convennero delegati di tutte le parti del mondo. “Era la prima volta, dopo 1800 anni di esilio, che i rappresentanti del popolo ebraico si riunivano allo scopo di ricostruire la loro nazione. Si era realizzata idealmente l'unità del popolo ebreo, in attesa del ritorno alla terra di Sion. E' noto che il movimento sionistico vide realizzato il proprio intento nel 1948 allorchè venne proclamato lo Stato di Israele. Ma l'avversione irriducibile degli Arabi a spartire la Palestina con gli Ebrei aprì un'era di contrasti acerbissimi e di guerre che non si è ancora conclusa.
Possono la pace, la felicità, la giustizia fondarsi sulle ossa di sei milioni di ebrei assassinati? Che cosa dobbiamo pensare della storia, di Dio stesso, se dopo di ciò la vita prosegue piacevolmente? Se coloro che resero possibili quei misfatti, come rigidi esecutori della volontà militare di Adolf Hitler, i suoi generali, i suoi industriali, tornarono a sedere tra i potenti, onorati concittadini, consiglieri della nazione e dei suoi alleati? E' questo un arduo labirinto. Ci sono uomini, senza dubbio i più numerosi, che non vogliono saperne del passato. Che cosa ne farebbero? Non sono loro che hanno fatto quelle funeste azioni. Quel che è successo è successo, i morti sono morti, i viventi vogliono vivere, e vivere bene. L'operoso benessere che presto si diffuse sembrava respingere la melanconia moralizzante. La vita continua ed esige i suoi diritti. Essere rivolti al passato con pentimento e con assillo, procedere con costrizione, non poteva essere ben accetto da un popolo attivo e numeroso. Fino a questo punto gli avvenimenti della Germania dopo il 1945 erano normali, naturali. Ed era normale anche il fatto che moltissime persone, già al servizio di Hitler, che avevano profittato di Hitler e l'avevano talvolta glorificato, ricoprissero cariche e dignità, dopo un intervallo di convivenza. Non dovrebbe essere così dal punto di vista morale, ma è sempre stato così dovunque. Ci si adatta, si partecipa, si vive, una generazione vive a lunga sulla scena della storia che procede così rapidamente, e la vita significa continuità. Gli stessi uomini hanno servito il re di Francia, poi la rivoluzione, poi Napoleone, poi ancora i Borboni; gli stessi ufficiali, molte migliaia di loro, hanno servito la zar e poi l'armata rossa dei bolscevichi, il fascismo e poi la democrazia. Un popolo non può cambiare bruscamente la sua identità, non può produrre improvvisamente in tutti i rami della sua vita ufficiale individui interamente nuovi. Si può essere contenti che gli uomini più fortemente compromessi siano stati sospinti su un binario morto, o vi siano andati spontaneamente. Di più non si può chiedere. I lettori dei giornali sanno che le cose non sono andate tanto bene come si era promesso, dopo la morte del tiranno, che più di un insegnamento, per esempio la lotta contro il “bolscevismo”, fu ben presto ereditato dagli avversari vittoriosi, che, malgrado i melliflui discorsi di pace, la preparazione di nuovi stermini prosegue diligentemente, e che si esperimentano mezzi di distruzione massiccia, dei quali il “tiranno” non aveva neppure idea. Gli studenti di storia sanno molte altre cose riguardo alle colpe e agli errori di altre potenze, nel passato. Rimane questa semplice verità. Durante il nazifascismo si sono commessi crimini dei quali nessun altro sistema di dominazione si è reso colpevole in tempi cristiani, neppure il bolscevismo nei suoi tempi peggiori, e con essi è stata toccata la misura più abietta di colpa e vergogna che l'uomo possa raggiungere. Bisogna lottare per questa VERITA', bisogna che essa s'imponga, sempre di fronte alla facile dimenticanza, all'indifferenza, alla spensierata volgarità.
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