Mani sulla città primi dissequestri degli immobili incriminati
Primi dissequestri delle palazzine coinvolte nell’inchiesta Mani sulla città dello scorso 23 giugno che, oltre alle ordinanze di custodia cautelare per 9 indagati (tra cui l’ing. Rocco Altomare, dirigente del Settore Territorio, ora agli arresti domiciliari), determinò il sequestro di alcuni immobili, tra cui abitazioni civili a ridosso delle sponde di Lama Martina. All’indomani dei sequestri, il sindaco Antonio Azzolini convocò i proprietari di tutti gli immobili coinvolti, consigliando loro di rivolgersi a un legale, essendo terzi estranei al reato. In assenza di un coordinamento comune, molti proprietari decisero di non impugnare il provvedimento di sequestro, temendo il giudicato cautelare (se il sequestro fosse stato confermato in Cassazione gli immobili sarebbero stati dissequestrati solo dopo la defi nizione del giudizio) Quindici ha contattato l’avv. Angela Maralfa, tra gli avvocati che, presentata istanza al Tribunale del Riesame, hanno ottenuto il riconoscimento delle ragioni dei proprietari, dunque il dissequestro dell’immobile. «Le fasi successive al sequestro furono molto concitate e oscure, perche i proprietari non avevano avuto la possibilità di leggere il decreto di sequestro preventivo, notifi cato ai costruttori, come nel caso del mio assistito (immobile di Viale Unità d’Italia nella nuova zona residenziale, ndr) - ha spiegato l’avv. Maralfa - se era logico sequestrare l’immobile a chi era tra gli indagati, una volta ceduto il bene, era necessario valutare la posizione del terzo in buona fede che aveva acquistato l’immobile». Impugnato il decreto del sequestro preventivo entro i 10 giorni dalla notifi ca, con la prima istanza di riesame si dimostrò proprio la cessione dell’immobile. Solo successivamente, disponendo della documentazione relativa al carteggio del singolo immobile o particella, è stata approfondita e chiarita la situazione. In particolare, sono state rilevate alcune imperfezioni nello stralcio di consulenza (almeno per gli immobili dissequestrati), tali da fuorviare Pm e inquirenti. «Nel caso del mio assistito, non risultano sopralluoghi per verifi care l’esatto stato dei luoghi, agli atti è stata depositata una cartografi a che lascia intendere una collocazione rurale dell’immobile, mentre la zona di ubicazione è già urbanizzata, dunque il sequestro preventivo non avrebbe nemmeno avuto senso - ha continuato l’avv. Maralfa - ma, soprattutto, nella consulenza si leggeva che l’immobile sorgeva nella fascia di rispetto della Lama Martina (150m, ndr), senza però specifi care i termini e chiarire la posizione dell’immobile». Inoltre, considerare Lama Martina o Cupa un corso d’acqua pubblica è stata un’altra svista dei consulenti nominati dal Tribunale. Infatti, l’avv. Angela Maralfa, in collaborazione con il suo consulente, ha accertato che questa lama non è inclusa nel Regio Decreto n.1775 del 1933 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) che elenca i corsi di acqua pubblica, dunque non è tutelata dall’art.146 del Codice dei Beni Culturali, che individua le modalità di controllo e gestione dei beni soggetti a tutela. Anzi, l’unico atto in cui compare è l’«Elenco dei corsi d’acqua di pianura da sistemare », ovvero un elenco eterogeneo di corsi d’acqua prodomico per una serie di opere idrauliche. Nessuna analogia tra i due elenchi. Errata, dunque, la contestazione nel quadro accusatorio per l’assenza del nulla osta paesaggistico e per la mancata richiesta del parare dell’Autorità di Bacino (la motivazione non riporta suffi cienti elementi per capirne la necessità dei due atti assenti, a dire il vero, non stati posti all’attenzione del riesame). Il rischio idrogeologico è, invece, una questione da affrontare in altra sede con le dovute documentazioni di un tecnico, perché estranea alle motivazioni del sequestro preventivo
Autore: Marcello la Forgia