MOLFETTA - Maddalena. L’indemoniata? La penitente? O la peccatrice? La figura della Maddalena è per molti versi l’emblema della coscienza del cristiano, vuoi per la sua intensa umanità, vuoi per gli aspetti controversi ed introversi della sua figura, vuoi perché infondo deve aver seguito Cristo da molto vicino e, per prima, essere stata testimone della grande notizia del Risorto.
Nella sua profonda dimensione terrena, ad ogni modo, conserva dei tratti non meglio identificabili o definibili che ci inducono a riscoprirla come Maria di Magdala, Maria di Betania o l’anonima peccatrice che si prostra ai piedi del Signore per ungerli ed asciugarli con la sua fluente chioma. O in tutte le situazioni come la stessa persona.
Tutti questi dati, queste sollecitazioni, hanno indubbiamente ispirato in grande parte gli artisti e le loro opere, rendendo vasta ed articolata anche la sua iconografia. La storia molfettese, in tale contesto, non è priva di tradizione e aspetti interessanti, considerando che della santa si contano almeno cinque edizioni dei simulacri in due secoli e limitatamente del “Purgatorio” legati ai riti della Settimana Santa.
Due gli approfondimenti previsti su questi temi presso l’Auditorium “A.Salvucci”: sabato 16, ore 19.00, il prof. Don Sebastiano Pinto interrogherà i testi sacri per leggere i caratteri identitari della santa. Sabato 23, sempre alle 19.00, la dott.ssa Maria Raffaella La Grasta ne approfondirà l’iconografia. Non mancheranno studi sul restauro e sull’impegno dell’Arciconfraternita della Morte, la cui storia nasce proprio con la devozione nei confronti di Santa Maria Maddalena. Da sempre attenta e consapevole del patrimonio di fede connesso ai simulacri, siano essi lignei o in cartapesta, la confraternita ha inteso impegnarsi nel restauro della più antica effigie conservata sino ad oggi, volendo cogliere l’occasione per approfondire le tematiche ad essa connessa, anche in prospettiva dell’anniversario del suo quattrocentesimo anno dalla fondazione.
La collaborazione con il Museo Diocesano ha inoltre consentito di riscoprire l’originaria composizione dell’opera settecentesca, rivelando un immagine ben diversa da quelle a cui siamo abituati. La santa, avvolta da una stuoia di sacco e resa leggiadra da un classico drappo di stoffa, lascia che il suo corpo sia solo in parte ricoperto dai lunghi capelli. Preminenti e dirompenti il simbolo del memento mori e l’indicazione della salvezza, nella croce sollevata verso l’alto. Nessuna delle successive opere sarà così carica di significato, nessuna così intensa per i simboli e gli attributi di cui si correda.
Nella storia, in vero, un’altra statua della Maddalena, la prima di Giulio Cozzoli, sembrerà per l’epoca in cui fu realizzata sin troppo pregna di intensità, a tal punto da non essere considerata opportuna per la processione. Quest’ultima, gentilmente concessa dalla famiglia degli eredi del grande maestro molfettese, e la scultura settecentesca saranno esposte nelle sale della Pinacoteca del Museo Diocesano, quale contributo all’approfondimento della figura evangelica della Maddalena ed alla meritoria azione di recupero e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e di fede.