Recupero Password
Louis Althusser
15 ottobre 2016

Mi rifugiai nei giardini di Avalon per l’ultima narrazione. Le tre donne del mare sorvegliavano il mio sonno. Avevo portato con me quattro compagni di viaggio Althusser, Proust, Baudelaire, Hegel. Althusser è stata una voce quasi isolata all’interno del panorama del marxismo. Ne è testimonianza la sua tragica morte, la solitudine degli ultimi momenti, il rifugio nei farmaci, nella psicoanalisi. Questo testo vuole essere l’analisi rigorosa della condizione dei soggetti nella nuova dimensione imperiale, la loro impotenza o difficoltà a costituire un piano di immanenza, l’impossibilità di operare, la distruzione perseguita in modo sistematico delle domande di liberazione. Tentare di promuovere il bilancio di una intera generazione, quella formata nelle università del ’68 e in seguito consegnata alla frammentazione, al silenzio. Perché malavitosi e pensatori molli si erano impadroniti dei posti di comando, università, centri di ricerca, case editrici, giornali, partiti, istituzioni parlamentari, strutture sindacali, ospedali, case di cura, il governo dell’economia e delle aree urbane; perché la filosofia doveva diventare il luogo di una razionalità includente e subalterna; perché anche il pensiero di L.Geymonat doveva essere considerato deviante; perché si rese necessario farla finita con gli ideologismi e con le tesi della Scuola di Francoforte, interrompere il confronto con i grandi del passato, le vittime del nazismo; meglio dirottare le ricerche su un pensatore asettico, metafisico, anestetizzato come Heidegger. Se sul piano politico si affermava progressivamente il liberismo e il federalismo leghista, nelle stesse cattedrali del pensiero critico, nelle università, prendeva piede, si imponeva, il pensiero della legittimazione, della compatibilità con le regole del sistema, il pensiero neo-positivista, il pensiero logico-formale, il pensiero informatico, il non pensiero. I protagonisti di questa operazione, senza per ora considerare gli squallidi personaggi che si aggiunsero alla cordata, sono stati in ordine di apparizione F. Barone, D. Antiseri, M. Pera. Mentre a Milano Giulio Giorello e Marco Mondadori prendevano le distanze dagli orrori del comunismo realizzato e rigettavano la giovanile adesione al marxismo, nell’intero Paese, favorito dalla politica maneggiona del craxismo, prendeva piede l’esigenza di un pensiero non dogmatico, un pensiero liberal, fortemente eurocentrico ed occidentale. A livello mondiale il campione di questo pensiero era stato K. Popper che con Miseria dello storicismo e La società aperta e i suoi nemici aveva indicato nello storicismo tedesco e italiano alcune delle cause di insediamento dei regimi totalitari. Il nemico da fronteggiare erano i partiti comunisti europei e gli eventuali accordi esistenti nel movimento comunista internazionale, ma era soprattutto in Italia che si temeva il sorpasso del PCI nei confronti della vecchia DC, il possibile sconvolgimento degli accordi di Yalta; era in Italia che la lotta della classe operaia era stata più dura e in una certa fase si era realizzata una saldatura fra studenti e operai. Bisognava ricorrere ai ripari, mettere in campo tutte le forze, varare una politica di promozione di leccapiedi, logici formali, i loro conniventi, le amanti e i parenti. Oggi nell’università di Bari, ma il discorso vale per tutta l’università italiana, si sente spesso parlare di parentopoli e di alcune degenerazioni avvenute nel mercato degli esami farsa, senza considerare il fattore di conformismo, di assenza del pensiero, l’opera di rimozione operata da alcune caste, da alcuni intellettuali. Come quella sera, quando voleva colpire di fioretto Marcello Pera nel salotto di Bruno Vespa. Il cavaliere dopo aver esaurito il repertorio di battute e insulti ai comunisti aveva mandato in campo i suoi quadri intellettuali per esibire l’arcaico e ormai logoro tessuto ideologico in cui si muoveva la Casa delle libertà. La difesa dell’Occidente cristiano contro i nuovi barbari, la conservazione dei valori cristiani contro il relativismo della cultura laica, garantire la libertà per un genitore di mandare i propri figli ad una scuola confessionale con il bonus dello Stato e negare lo stesso diritto ad un migrante non appartenente alla religione cattolica. Erano questi i temi affrontati in quella trasmissione televisiva che aprono uno spazio di riflessione per la cultura laica e marxista e mostrano lo scarto fra i due fronti rispetto al modo di concepire il mondo, la vita, la felicità. Il cristianesimo come lo intende Pera non è il cristianesimo della teologia della liberazione, non è il cristianesimo del dialogo e dell’ascolto. Il cristianesimo che nelle periferie del mondo e nelle favelas tende a creare una nuova comunità, denunciando l’imperialismo del mercato mondiale e la connivenza dei regimi dittatoriali con le politiche di dominio delle multinazionali. Non è nemmeno il cristianesimo delle donne in nero del nostro Sud, ricco di passione, di tolleranza e di rispetto per i più deboli. Il volto del Cristo uomo bianco è stato fortemente segnato dalle sofferenze dei popoli che vivono ai margini dell’impero; il cristianesimo non può identificarsi con l’ideologia wasp (white anglo-saxon protestant) dominante nelle metropoli del benessere, ma deve giocare il suo valore messianico nelle zone calde del pianeta, là dove si va definendo il futuro rapporto fra le nazioni. Gerusalemme costituisce un banco di prova e di possibile unificazione del messaggio religioso, in quella città si confrontano le tre grandi religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islamismo) in grado di instaurare quel dialogo fra credenti teso a garantire il valore fondamentale della vita e il diritto alla felicità. Cristo che era un meticcio si oppose all’impero romano, con la vita e con la morte denunciò le condizioni di miseria in cui era tenuto il popolo palestinese. Quello stesso popolo a cui per anni è stata negata la possibilità di abitare la propria terra. Da questo punto di vista il relativismo è problematismo, il valore più grande avanzato dalla cultura del Novecento; la possibilità di stare al mondo come pensiero, le souffle, la voix, il Dasein. La possibilità di mettere in discussione istituzioni e codici di assegnazione, iscrizioni piramidali e piramidi, l’inerzia e inamovibilità delle strutture di controllo preposte ai processi formativi. Il filosofo delle palafitte, così si chiamava il libro su Popper pubblicato da Pera per Laterza, è rimasto sulle palafitte, non è stato in grado di comprendere la com-plessità del pensiero occidentale, la più grande conquista del Novecento; nutrito dal piatto positivismo del suo maestro Barone non è stato in grado di misurarsi con l’articolazione problematica di continenti teorici quali il marxismo e la psicoanalisi. Anche Popper ne La società aperta e i suoi nemici, come è stato già rilevato, indicava in quei due aggregati teorici le cause del decadimento del pensiero occidentale e la congruenza che queste forme di pensiero totalitario avevano istituito con i regimi dittatoriali. Non a caso a suo parere Germania e Italia, la prima con le varie forme di hegelismo e la seconda con lo storicismo crociano erano state dominate dal nazismo e dal fascismo. Si doveva tornare ad una forma di razionalità aperta, a spizzico la chiamava lui, per favorire l’insediamento di una società aperta e di un regime democratico. Personalmente ritengo che il marxismo insegna una visione totale e relazionale della società e dell’uomo; ha ispirato le strategie di liberazione dei popoli, ha accompagnato le speranze e la voglia di cambiamento di milioni di persone, si è sempre presentato come una prospettiva di liberazione. La psiconalisi, come ha indicato Althusser, insegna come quel piccolo essere biologico prodotto dal ventre di una madre diventa uomo, avvia pratiche di pensiero e di comunicazione, di contaminazione, attraverso difficoltà, divieti e censure materiali o morali riesce a creare le cose belle che ci circondano nella musica, nella pittura, nella danza, nelle arti, nella letteratura, nella poesia. Bisogna andare alla ricerca di un pensiero della traccia; si tratta di definire il percorso che dal concetto di alterità pura iscritto nella teologia negativa perviene alla contaminazione dell’Altro negli altri, il percorso che da Levinas conduce a Derrida. In Totalità e infinito Levinas pone il problema di un dio non contaminato dall’essere, l’assolutamente Altro, eterologia pura. Non esiste un luogo per la significazione della differenza pura, nessun luogo per la significazione come differenza pura. La differenza pura può essere messa in questione da una soggettività che respira, le souffle, necessité de respirer, possedersi con la possibilità di perdersi. L‘esperienza della finitudine è la contaminazione, mettersi in gioco rispetto agli altri ed aprirsi all’esperienza della responsabilità. La responsabilità di garantire la persistenza rocciosa dello Stesso, le Même, oppure avviare le pratiche degli altri. Ancora uno schibboleth. Da quale parte stare. No pasaràn. Questo problema mette in gioco la responsabilità degli intellettuali, di chi scrive, degli uomini di cultura. Che cosa è l’oggetto letterario, che cosa è la letteratura? Anche in passato gli intellettuali francesi erano stati invitati da J.P. Sartre a rispondere a questo problema; ne era scaturito l’atteggiamento dell’engagement, dell’impegno letterario inteso come impegno politico. Nell’Europa devastata dal fascismo e dal nazismo l’impegno degli intellettuali doveva essere proiettato nel superamento dello stato di cose esistente. Oggi la domanda è diventata anche più urgente rispetto al degrado prodotto dalla globalizzazione e dal liberismo, dalle politiche di rapina e di distruzione messe in campo nei confronti dei paesi altri. La tesi è che lo scrittore deve avere un atteggiamento di irresponsabilità rispetto alle istituzioni e ai poteri costituiti perché la sua responsabilità è una responsabilità infinita, una responsabilità rispetto alla democrazia del futuro, la democrazia a venire. “L’irresponsabilità rispetto ai poteri ideologici costituisce talvolta la sola maniera di cominciare a rispettare la responsabilità infinitamente più esigente verso la democrazia a venire. La nostra responsabilità verso questa democrazia prende la forma di una promessa che è infinita perché non si può mai affermare che è stata mantenuta. Essa appartiene sempre al futuro.” 1 I luoghi in cui questa democrazia si manifesta e prende corpo sono le piazze, il forum, le manifestazioni oceaniche che come quel 15 febbraio del 2003 hanno occupato tutte le città del mondo. Il forum e le piazze pubbliche sono i luoghi dove confluiscono tutte le strade. I luoghi dello scambio dei discorsi e degli oggetti. La piazza del mercato dove si possono scambiare parole e oggetti perché si dispone di una misura comune per stabilire delle equivalenze, una moneta comune, un linguaggio comune, un logos comune. Il problema è trovare il nome dell’uomo, dare all’uomo un nome, immergerlo nella dimensione della significazione. L’operazione che teologia e metafisica hanno provato a fare nel corso dei secoli. La scalata al cielo che si manifesta nella scienza, nelle arti, nella poesia, nelle ardite speculazioni intellettuali. La scalata al cielo è la nuova comunità che arriva. Da questo punto di vista la posizione del Dasein è nell’ordine della delocalizzazione. Non esiste uno spazio delimitato per l’Esserci, per il Dasein. La delocalizzazione è il trasporto e l’estasi del viaggio marittimo, ma è anche l’estasi del viaggio attraverso le terre, il passaggio di frontiera. Se non esiste un luogo fisico per il Dasein, gli esseri umani sono sempre in cammino, sono dei migranti. Contro questa condizione si infrangono tutti i baluardi eretti dal leghismo e dai partiti razzisti. Il Dasein si rapporta a sé attraverso la sua spazialità, ma questa spazialità è un allontanarsi. Il Dasein è presente a sé, ma questa presenza è corrosa da un’erranza irriducibile; il Dasein è irriducibilmente diviso da sé, la sua spazialità lo attraversa, ma lo disloca su una molteplicità di piani infiniti. Il suo esserci consiste nel trovarsi continuamente nei paraggi. I paraggi, come i sobborghi, come le zone limitrofe, danno sempre un senso di turbamento. I paraggi annunciano sempre un passaggio, passaggio come spazio differito. 

Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet