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Lo scrittore Lino Patruno vi invita a riscoprire “Il meglio Sud” Conversazione a “Il Salotto” con Felice de Sanctis, direttore di “Quindici”
15 novembre 2017

Secondo il rapporto Svimez, criticato in questi giorni dal Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, le regioni del Nord Italia mostreranno segni di completa ripresa dalla crisi nel 2019, quelle del Sud nel lontano 2028. Un intervallo quindi di nove anni che conferma come il divario tra Nord e Sud del bel Paese sia lungi dall’essere colmato. Questo è solo uno dei dati, non certo positivo, che racconta dello status dell’Italia Meridionale. Una terra che dall’alba dell’Unità d’Italia è stata sfruttata a mo’ di colonia dal Nord che millantava una ricchezza ed un progresso in realtà mai esistiti. Infatti, come mostrato da Lino Patruno, nel 1861 la differenza tra Meridione e Settentrione era solo del 10%. Lo scrittore e direttore della scuola di giornalismo dell’Ordine di Puglia, è tornato a presentare il suo libro “Il meglio Sud”, facendo il punto della situazione con Felice de Sanctis, giornalista economico della “Gazzetta del Mezzogiorno” e direttore di “Quindici”, nel corso di una serata organizzata dall’Associazione culturale “Il Salotto”, presieduta da Sabrina Monaco, che ha introdotto la conversazione fra i due giornalisti. Eppure, dicevamo, l’Italia è sempre stata vista come una famiglia con due figli che andavano trattati in modo diverso. Non è mai stata davvero unita. E così si è agito in modo tale che il divario si allargasse sul serio, arrivando a toccare il picco del 56% nei nostri giorni, tanto da giustificare il desiderio di autonomia di alcune delle regioni del Nord stanche, a loro dire, di aiutare economicamente il Sud. Il referendum della Lombardia e del Veneto dello scorso mese rappresenta solo la punta dell’iceberg. Queste due regioni, infatti, hanno chiesto di essere autonome dal punto di vista fiscale in modo tale che la loro ricchezza rimanga al Nord anziché aiutare le regioni più povere. Richiesta non solo anticostituzionale, perché si può chiedere al massimo un’autonomia dal punto di vista delle competenze della regione, ma che parte da una concezione errata, ovvero quella secondo la quale il denaro, in questo caso di Lombardia e Veneto, finisca nelle casse solo delle regioni povere del Sud e non anche del Centro e talvolta addirittura dello stesso Nord Italia. Lungi dal negare l’esistenza di questi aiuti, quello che invece viene sempre taciuto è quanto dal Sud torni al Nord in forma di denaro, produzione, manodopera. Molto più di quello che dal Nord arriva al Sud, come dimostrato dall’economista e politico Paolo Savona. Un esempio lampante è rappresentato dai dati, risalenti al 2013, sulla spesa pubblica: la popolazione del Sud Italia rappresentava il 34% della popolazione totale, la sua spesa pubblica il 22% di quella totale ma le tasse pagate hanno toccato il picco del 30%. Quindi il Sud ha pagato un 8% di tasse in più che, se dovesse esistere l’autonomia fiscale in ogni regione, rimarrebbe al Sud. Ma questo è impossibile. Senza dimenticare, tra l’altro, che è proprio al Nord che si registra il più alto tasso di evasione fiscale. Il Sud però continua ad essere visto come quella parte d’Italia risollevata da povertà e degrado grazie all’Unità del Paese, quando invece il Sud Italia era uno dei 10 Paesi più ricchi del mondo nel 1861, un successo internazionale ora tradotto in insuccesso internazionale per via dell’arretratezza, conseguenza di politiche attuate con il chiaro intento di abbandonare sempre di più il Sud al suo destino. Ne è un esempio la riforma nazionale delle Università. La storia sotto la storia, infatti, svela qualcosa di molto diverso da quello che vogliono farci credere. Cosa hanno, ad esempio, in comune la prima cattedra di Astronomia in Italia, la prima cattedra di Economia al mondo, il primo cimitero italiano per poveri, il primo Codice Marittimo al mondo, il primo intervento di profilassi antitubercolare in Italia, il primo orto botanico in Italia ed il primo teatro lirico d’Europa? Sono solo una piccolissima parte dei traguardi toccati dal Sud Italia, prima dell’Unità nazionale. Condizione poi cambiata a partire dal 1887, con l’introduzione della legge sul protezionismo, applicata per portare avanti il Nord e distruggere l’industria del Sud, e peggiorata con il passare del tempo. Con questo, afferma Patruno, non si vuole affermare che il Sud sia ricco, che i problemi, tra gli altri, di sanità, trasporti, immigrazione ed Università riscontrati siano un’invenzione. L’intento del suo libro è quello di far riscoprire il buono che c’è nel Meridione, nonostante le difficoltà. Di riscoprire appunto il meglio Sud. E per farlo, mostra l’esempio dei “cento nuovi Mosè”, cento giovani assolutamente comuni ma ribelli che, sfidando l’idea che al Sud non cresca più niente, hanno deciso di investire proprio nel Sud, grazie alle loro startup che coinvolgono il futuro del mondo tecnologico. Un libro, quello di Patruno, che ogni meridionale dovrebbe leggere, soprattutto i più giovani. Un inno al Sud che insegna a non piangersi addosso perché il cambiamento non bisogna solo chiederlo e sperarlo, rimanendo inermi e addossando tutta la colpa alla classe dirigente, spesso espressione della società civile. Quella dell’incapacità della politica è una trappola mortale dalla quale dobbiamo liberarci se vogliamo tornare ad essere conosciuti come il meglio Sud.
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