Lo scalo di Molfetta (u' Scal)
Nel corso dei primi anni 2000 ho incominciato a frequentare regolarmente lo Scalo di Molfetta: un mondo affascinante dove si costruiscono natanti per la pesca - autentiche opere d’arte, utilizzando metodi antichi anche se con l’uso di mezzi tecnologici moderni. Ho stretto amicizia con alcuni dei Mastri d’ascia che, con grande disponibilità, mi hanno ospitato e mi hanno permesso di capire le metodologie della costruzione, comprendere un po’ il gergo particolare e pittoresco in uso sullo scalo e produrre la documentazione fotografica relativa alla costruzione e al varo di uno degli ultimi moto-pescherecci di legname che sia stato costruito presso i Cantieri navali di Molfetta: oggetto della presente opera. La crisi della marineria peschereccia ormai in sofferenza da molto tempo, inserita nel contesto più ampio della crisi generalizzata che stiamo vivendo in questi anni, sta facendo sì che molte attività, un tempo fiorentissime sullo Scalo di Molfetta, stiano lentamente ed inesorabilmente morendo di inedia, nel senso che non c’è più prospettiva a causa della mancanza di commesse. In questo quadro a fosche tinte, sembra balenare ancora una “luce”: alcuni degli storici mastri d’ascia, operando un salto culturale oltre che tecnologico, hanno abbandonato la costruzione dei natanti in legno per dedicarsi alla costruzione in ferro. E’stata una scelta coraggiosissima, fatta in un contesto che avrebbe dissuaso chiunque dall’avventurarsi in un campo di attività così peculiare e che poco ha a che vedere con le tecniche classiche di costruzione in legno. E’ esattamente la prospettiva di vedere, in un futuro più o meno prossimo, la scomparsa totale di quest’attività storica dell’Imprenditoria cittadina, che mi ha spinto a mettere a disposizione di quanti vorranno annoiarsi - spero di no - a leggere queste pagine, per contribuire a mantenere sempre viva una tradizione che, a prescindere dalle contingenze socio-economico-politiche attuali (prossima trasformazione dell’area dei cantieri in un sorta di improbabile “Croisette in sedicesimo”, con la quasi certa scomparsa di una fetta di storia, cultura e tradizione pluricentenaria della nostra realtà) dovrebbe sopravvivere e raccontare sempre uno dei capitoli più interessanti della Storia molfettese. Non meno importante è la motivazione, diciamo così, affettiva che mi spinge a raccogliere le memorie di questa attività: da essa, tutta la mia famiglia ne ha tratto di fatto sostentamento. Mio padre Antonio (tornitore meccanico) ha lavorato per anni nei Cantieri Tattoli (C.I.N.E T.), in particolare nel periodo topico in cui i F.lli Tattoli decidevano di realizzare la prima nave mercantile in acciaio: l’”Adriana Gariano” di circa 1.700 T.s.l. (negli anni 1959 ÷ 1962). Mio suocero Vincenzo Uva (ne accenno anche nel testo) era un valente “calafato” e Mastro d’ascia. Conservo ancora per ricordo, alcuni disegni di costruzione eseguiti da lui, praticamente illetterato, con un rigore tecnico grafico ammirevole. Altre testimonianze possono essere ammirate presso la Mostra Etnografica Permanente della Marineria allestita presso la fabbrica di S.Domenico (mostra per l’allestimento della quale, ho apportato anche il mio modesto contributo). Infine dedico questa mia opera al ricordo struggente della mia adorata Carmela (figlia di Giulia e Vincenzo Uva), con la quale ho felicemente condiviso più di quaranta anni della mia vita. I CANTIERI OGGI E LE PROSPETTIVE FUTURE Situazione attuale Storicamente Molfetta è rinomata anche per l’attività cantieristica di riparazione e costruzione di natanti di legno adibiti alla pesca ed al trasporto marittimo delle merci. L’attività, fiorentissima negli anni a cavallo fra il XIX secolo e i primi settanta-ottant’anni del ‘900, ha subito un calo considerevole negli ultimi anni. Il calo si è verificato: Nelle costruzioni di nuovi bastimenti Nell’attività di carenaggio e riparazione dei natanti in armamento. La contrazione delle attività, in generale, può essere attribuita anche alla mancanza di ricambio generazionale: i giovani hanno scarsa attitudine a lavorare duro in ambiente proibitivo, vale a dire sullo scalo di alaggio, esposti a tutte le intemperie (freddo e umido in inverno, caldo soffocante in estate), senza un minimo di servizi , in condizioni di sicurezza precaria e con orari ballerini. Il mestiere presuppone l’apprendimento di tecniche di lavoro, relativamente sofisticate, che necessitano di lunghi periodi di “tirocinio sul campo” per imparare un’arte che non ha altri mezzi di apprendimento se non quello del passaggio delle conoscenze a voce, durante il lavoro attivo. L’obiettivo dei giovani che oggi si affacciano al mondo del lavoro è: “soldi subito, possibilmente con poco lavoro”, perciò gli Apprendisti mal tollerano la gavetta che hanno dovuto subire i Mastri d’ascia delle generazioni precedenti, prima di essere tali. Per questo a volte molti Cantieri rifiutano, addirittura, le poche Commesse per l’eventuale costruzione di nuove barche. Un’altra causa del declino di quest’arte è legato alle mutate richieste per il Mercato cantieristico: da tempo le risorse ittiche, in particolare dell’Adriatico meridionale, sono sempre più scarse; questo genera una riduzione della remuneratività economica dell’attività della pesca; in altre parole si pesca sempre menoe quel po’ lo si pesca sempre più al largo, quindi con tempi “morti” per raggiungere i siti di cattura e rientrare, sempre più lunghi. Questo impone la costruzione di natanti più grandi e potenti per affrontare l’altura, con costi di costruzione e di gestione sempre più alti. Tutto ciò a fronte anche di una contrazione considerevole degli aiuti ed agevolazioni Statali (è storia recente la protesta della scorsa primavera/ estate, posta in atto dai Pescatori, quando il prezzo del combustibile aveva raggiunto valori spropositati, a seguito dell’inusitato lievitare del prezzo del greggio sui mercati internazionali). Per inciso, anche nel campo della pesca, si avvertono gli stessi problemi dei cantieri per quanto riguarda la disponibilità delle nuove leve di operatori - prova ne è il sempre maggior numero di Extracomunitari presente negli equipaggi da pesca. Eccessivo numero di natanti per una sempre maggiore carenza di prede: i mari si stanno esaurendo, tanto che negli anni scorsi erano addirittura disponibili incentivi finanziari governativi e/o Comunitari per la rottamazione di barche da pesca - a Molfetta ne vennero disarmate o demolite, circa cinque ogni anno. In altre parole le Autorità incoraggiavano la rottamazione e scoraggiavano il rilascio di nuove Licenze di pesca; questo si riflette in una minore richiesta di nuove costruzioni. Non solo, ma quelle che vengono costruite, a causa delle esigenze legislative vigenti, dei limiti di stazza imposti e legati alle licenze, hanno solitamente una stazza di progetto superiore a quella consentita dalla Licenza (si ovvia con l’apertura a mare di compartimenti interni vuoti. L’Armatore in pratica porta in giro per i mari del legname che gli fa solo da zavorra e non contribuisce in alcun modo al ricavo ed alla remuneratività dell’attività di pesca). La costruzione degli scafi di ferro o di resina sta soppiantando, molto di più nell’Adriatico centro settentrionale, quella degli scafi di legno: a fronte di questo fenomeno il nostro Mastro d’ascia, pur avendo fatto progressi tecnologici considerevoli nei processi di costruzione delle barche in legno e nei mezzi di lavoro, è rimasto sostanzialmente arretrato nelle nuove tecnologie. Quest’obsolescenza implica un aumento dei costi di produzione che non sempre è riconosciuto dal Committente della nuova costruzione. - Tagliare, sagomare, piegare a caldo e inchiodare in opera una tavola di “azobé” o di quercia, non è come tagliare, sagomare, montare e saldare un pezzo di fasciame di lamiera metallica, per non parlare poi della costruzione “monoblocco” degli scafi in resina! PROSPETTIVE FUTURE DELLA CANTIERISTICA IN LEGNO Il quadro descritto fa prevedere che in un futuro valutabile in meno di una generazione, l’attività del Mastro d’ascia scomparirà per mancanza di personale, per difficoltà tecnico-burocratiche e per scarsa redditività dell’attività di pesca che scoraggerà ulteriori costruzioni in legno. Prova ne è che molti dei Mastri d’ascia storici hanno grande difficoltà nell’ingaggiare ed addestrare personale giovane o nel reperire nuove commesse; per molti l’attività prevalente è quella dell’alaggio dei natanti, riparazione, carenatura e varo. Per l’arco della vita operativa dei bastimenti ancora in armamento, resteranno in attività alcuni Cantieri a gestione famigliare, per la riparazione ed il carenaggio, mentre dovrebbe ridursi sensibilmente il settore delle nuove costruzioni in legno. Un possibile sbocco è rappresentato dalla trasformazione radicale dell’attività. Passare alle costruzioni di acciaio e/o vetroresina, con una perdita quasi totale del patrimonio artistico e tecnologico delle costruzioni di legno, e con una riconversione industriale che non tutti gli attuali Mastri sono in grado di intraprendere senza mutare radicalmente anche la propria mentalità imprenditoriale. In pratica significa competere con Cantieri già avviati, rendere il lavoro più appetibile per i giovani, investire in nuove tecnologie, sostituire e acquisire nuove conoscenze, trovare convenienza economica nella nuova attività in relazione alla domanda del Mercato.
Autore: Tommaso Gaudio