MOLFETTA - Il “bene comune”, nella sua accezione popolare, viene inteso come uno specifico bene che è condiviso da tutti i membri di una comunità, dunque, conferisce valore all'individuo nella sua singolarità e relazionabilità: esso implica una serie di concetti (ad esempio solidarietà e sussidiarietà) che richiamano una riflessione socio-economica sulle nuove povertà ed, in particolare, sulle politiche sociali. Questo il tema su cui si è disquisito nel secondo appuntamento della Settimana Sociale “Quanti pani avete?”, la tavola rotonda “Le politiche sociali a Molfetta”, tenutasi nel Centro sociale Mons. Antonio Bello ed organizzata dall'ACI della parrocchia San Pio X: hanno partecipato Nino Caputi (direttore alla socialità del Comune di Molfetta) e Claudio Natale (rappresentante dell'Area Socio-assistenziale della Puglia), Giambattista Sasso (presidente dall'ACI parrocchiale), Michele Pappagallo (presidente del Centro diocesano), mentre moderatore dell'incontro è stato Felice de Sanctis (giornalista economico della “Gazzetta del Mezzogiorno” e direttore di “Quindici”).
Una nota introduttiva di riguardo è stata formulata dallo stesso Felice de Sanctis sulle risorse pubbliche che lo Stato indirizza per il welfare: lo spreco continuo nelle politiche sociali sviluppa nel cittadino l'idea del galleggiamento, ovvero la mancanza di una politica organica e l'idea che l'Italia sia un “paese in cui la felicità si può raggiungere senza sforzo e senza lacrime” (Nella foto: Caputi, de Sanctis, don Ignazio de Gioia, Claudio Natale e Giambattista Sasso).
E per questo che il senso di solidarietà civile assume un valore nuovo e potente nella società che sta cambiando di fronte alla recessione economica, perché metterebbe un freno all'egoismo sociale, una delle ragioni alla base del problema della sopravvivenza anche per quelle classi che fino a poco tempo addietro non né avevano percezione.
Con il decreto legge 616 degli anni '70, “gli enti assistenzialistici sono stati privati della politica sociale, affidata al Comune nella forma dell'assessorato sociale”: a partire da questo decreto, ha sottolineato Nino Caputi, “a Molfetta si sono istituiti soggiorni per anziani e per i minori e il servizio civico per l'anziano, cui, negli anni '80, ha fatto seguito l'attivazione di una serie di servizi sul territorio.” Stiamo parlando del Centro Polivalente per Anziani e per Disabili (sito in via Fremantle), del servizio “Anziani mai più soli” per gli anziani che mancano dell'autosufficienza (ovvero un numero verde, di cui ignoriamo la composizione numerica, nonostante l'assessore Caputi abbia parlato di una ingente campagna informativa), del Centro per minori “Le radici e le ali” nella città vecchia, con lo compito di strappare i più giovani alla microcriminalità.
La politica sociale a Molfetta non si ferma a questo e il cittadino ignora l'esistenza di una serie di servizi pubblici, probabilmente per una cattiva o limitata informazione e per il supposto timore di confrontasi con gli organi di informazione da parte dell'amministrazione. Infatti, la legge 328/2000 e le leggi 17/19 dello stesso anno per la Puglia hanno razionalizzato i servizi sociali anche a Molfetta, grazie ad una più attenta erogazione di contributi economici, alla maggiore sensibilizzazione e al potenziamento dell'affido familiare, al servizio di sostegno scolastico e per il tempo libero operato dal SER, accanto alle convezioni con tre associazioni di volontariato per il servizio agli anziani (don Grittani, Auser e i Templari), dal momento che la posizione cittadina del Centro Polivante non ne permetteva una completa ed omogenea fruizione sociale.
Il Comune di Molfetta è anche dotato di un Segretariato sociale (ufficio dedito ai problemi del cittadino), un servizio di pronto intervento, un Centro multiculturale per le famiglie (per favorire l'associazionismo tra i nuclei italiani e stranieri, quali albanesi, rumeni, bulgari) e un centro informativo per gli immigrati “Uniforma mondo”. Inoltre, si sta operando un monitoraggio per la tossicodipendenza e per l'alcolismo e il protocollo di intesa con la Asl permette di fornire servizio civico a dieci famiglie con un individuo malato mentale: l'assistenza si estende anche nelle scuole per i disabili (ben 30 operatori del SER e della Misericordia sono educatori di supporto ed ausilio didattico per il sostegno) e si erogano fondi per la prima dote e per le cure da offrire ai disabili o agli anziani.
Tuttavia, bisogna porsi alcune legittime domande, soprattutto quando lo stesso Caputi ha riconosciuto la difficoltà nel comprendere i bisogni della disabilità: innanzitutto, come si analizzano i bisogni della città ed il criterio di erogazione dei servizi e di accesso ai medesimi. Un primo metodo di analisi, evidenzia Caputi, è il Segretariato sociale, che si occupa del contatto frontale, anche se una buona fetta della cittadinanza ne potrebbe mettere in dubbio la reale efficienza ed efficacia. A questo si aggiungono i Tavoli di concertazione, cui partecipano i vari enti sociali, con il compito di predisporre un Piano di zona, anche se si è lamentato un mancato raccordo tra il Comune e gli enti di erogazione, in particolare quegli ecclesiastici. Tuttavia, si sono palesate difficoltà di erogazione, relativamente alla sfiducia del cittadino verso gli organi amministrativi e gli stessi enti di erogazione, magari non a torto, la presenza di risorse pressoché insufficienti (circa 7 milioni di euro al 31 dicembre 2008) e la pretesa di alcuni cittadini di accedere forzatamente ai fondi, ignorando che il Comune eroga più servizi che contribuiti economici.
La programmazione delle politiche sociali del Comune si integra con quella della regione e l'assessore Natale ha marcato l'importanza della povertà “nelle nuove politiche sociali, soprattutto delle nuove povertà, che investono il ceto medio, le famiglie numerose, i giovani, i disabili, gli anziani, le donne che subiscono ancora lo sfruttamento lavorativo, ed il precariato, un grave rischio di deriva per la società italiana, dato che il 56% dei contratti è a progetto”.
Dal 2006 in Puglia si è avviata una particolare legislazione sociale organica, la “Disciplina integrata di servizi sociali per la dignità ed il benessere delle donne e degli uomini di Puglia”, che promuove l'uguaglianza e la solidarietà nel lavoro, soprattutto per le donne, che hanno la necessità di conciliare la famiglia, l'educazione dei figli ed il lavoro. Perciò si è avviata la composizione delle Banche del Tempo, ovvero piani territoriali degli orari e dei tempi di lavoro femminili, che implicherà una risistemazione degli orari dei servizi pubblici, per favorire la conciliazione di cui pocanzi si parlava. Il dott. Natale ha poi fatto una mera elencazione di quelli che sono i progetti regionali attuati (forse più a scopo pubblicitario), quali il “Programma Sex-B (acquisto di strumenti informatici per i disabili), i piani di azione “Diritti in Rete” (centri in cui internet diviene la fonte aggregazione e crescita per i disabili) e “Famigli al futuro” (per il potenziamento dell'offerta per gli asili nido), l'Osservatorio regionale delle politiche social, che usufruisce delle concertazioni territoriali per assumere proposte e dati ed una nuova serie di Piani sociali, favoriti dall'insediamento (9 febbraio scorso) di una Commissione proposta alla programmazione politica sociale.
Dalle parole del dott. Natale emergono alcune problematiche: la mancanza di infrastrutture per disabili, salute mentale, ragazzi ed asili nido (l'auspicio è quello di passare da una copertura del 9% ad una del 12%, per avvicinarsi agli accordi di Lisbona) e la frammentarietà delle risposte ai bisogni sociali e delle politiche di intervento, che devono necessariamente integrasi con le altre entità politiche.
È necessario, allora, operare delle scelte nella politica sociale: una adesione ad un paradigma repressivo (nascondiamo le problematiche sociali) o l'inclusione (la conoscenza e la promozione, la solidarietà e l'associazionismo che coinvolga il cittadino attivo), la legislazione basata sul pietismo e l'assistenzialismo effimero o l'intervento per sostenere l'autonomia e le libertà di ciascuno, lacerando l'idea che la politica sociale sia solo un contributo economico e che il cittadino debba essere elemento passivo. A Molfetta serve maggiore onestà ed impegno, serve potenziare gli aspetti comunicativi, conoscere i modi ed i punti di intervento, non portare avanti campagne pubblicitarie e lamentarsi della difficoltà di attingere ai dati: bisogna capire cosa significa servizio, ovvero completa dedizione all'utenza.
Autore: Marcello la Forgia