Laboratorio sulla città
DIBATTITO
: Oggi in città c’è fermento per la preparazione delle elezioni amministrative; ci si sofferma a guardare il presente e a immaginare il futuro, perché tra pochi mesi bisognerà scegliere gli amministratori della città.
Copertino: Ma soprattutto c’è ricchezza di occasioni di confronto sul tema delle trasformazioni del nostro territorio, di quelle in corso e di quelle che vogliamo: la critica e la costruzione del futuro. Sono attivati laboratori, osservatori, luoghi telematici per il dibattito, vengono progettati “forum”, i partiti di sinistra aprono le proprie sedi a quanti vogliano contribuire a costruire il programma per le prossime elezioni.
Sembra, dunque, il tempo propizio a porsi interrogativi orientati a capire cosa è Molfetta e cosa vuole diventare, anche se porta con sé un inevitabile connotato di episodicità e di emergenza.
- Una partecipazione allargata a un dibattito che mira a costruire scenari e disegnare programmi di sviluppo del territorio: è questo che aggiunge ricchezza a un lavoro che i partiti seri e impegnati fanno con continuità, e che a Molfetta, pur con frammentazione, episodicità e per aspetti settoriali, fanno gruppi di semplici cittadini che di volta in volta si incontrano, uniti da valori comuni, o dal senso di appartenenza a categorie sociali o di lavoro o di altra natura.
Molfetta è la città delle molte associazioni.
- E’ un grande dono dei molfettesi. Tuttavia, pensare alle scelte strategiche, preoccuparsi, ad esempio, delle implicazioni future della costruzione di nuove abitazioni, nuovi insediamenti, nuovi quartieri, non è abitudine quotidiana e non viene rivendicata come diritto da tutti. I momenti “sotto elezione”, che sono episodici anche se scanditi da intervalli ormai serrati e sono caratterizzati dall’emergenza per una scadenza in cui ogni volta sembra decidersi il destino della città, possono diventare occasione per “prendere gusto” alla partecipazione, per prendere coscienza, per rivendicare un diritto e per caricarsi di responsabilità rispetto alla costruzione del futuro.
Il governo del territorio e delle trasformazioni urbane non può limitarsi alla preoccupazione di vedere approvato il PRG, ed è questo il limite del dibattito odierno nella città e delle posizioni assunte dalle forze politiche ed economiche.
- E’ più importante costruire gli strumenti della partecipazione, tecnica e politica, dei cittadini al controllo delle attuazioni del piano, i luoghi dell’invenzione e dell’elaborazione di progetti alternativi, gli stimoli e le risorse perché le decisioni e le scelte vengano maturate con la forza della cultura, con il rispetto della storia, con la cura della qualità edilizia, architettonica, urbana, per conseguire il miglioramento dell’abitare, la ripresa del produrre, l’ottimismo del vivere.
Non può esserci soltanto la preoccupazione dello strumento normativo e tecnico della pianificazione: con il piano regolatore tutto si metterebbe a posto!
Questo è necessario ma non deve essere enfatizzato: con il piano regolatore non si è mai messo niente a posto, né a Molfetta né altrove in Italia.
Ecco perché sento di insistere sul laboratorio di progettazione del futuro della città e di governo delle trasformazioni attuali.
A partire dal bisogno di abitazioni, dobbiamo acquisire l’abitudine a interrogarci sul futuro che vogliamo.
Prendiamo il coraggio e la responsabilità di credere che le risposte a queste domande non possano essere delegate agli amministratori. Impariamo a tradurre i ‘problemi’, che hanno i tempi dell’emergenza, in occasioni di criticità, che sono trasformabili in potenzialità positive: basterebbe tenere sotto controllo e governare i tempi lunghi delle programmazioni strategiche e attivare subito processi virtuosi di lunga durata. Per progettare e realizzare è strategico decidere la taratura della coordinata ‘tempo’ anziché subirla.
Impegniamoci a tradurre i problemi (il degrado della costa, l’abbandono delle tre lame, i crolli nel centro storico, il prezzo elevato delle case) in riconoscimento di bisogni (la salute, il lavoro, lo studio), e a leggere nei bisogni i valori (la bellezza del paesaggio, la qualità delle abitazioni, l’equilibrio ambientale, il recupero della memoria storica, la valorizzazione della “vera” nuova economia) che li sottendono.
Da una democrazia praticata attraverso le rappresentanze a una democrazia partecipata e, dunque, più matura: partecipazione come espressione di un valore, l’autodeterminazione dell’individuo e delle comunità.
- Un laboratorio di cittadini può essere istituito dall’amministratore o può essere autoprodotto da gruppi di cittadini. Guardando i non molti esempi realizzati in Italia, nel caso del laboratorio voluto dall’amministratore il vantaggio consiste nella stabilità e nella garanzia di durata di un luogo del confronto istituzionalizzato; lo svantaggio consiste nel controllo diretto o indiretto sul prodotto del laboratorio da parte del promotore e quindi l’effetto di disinnesco dell’eventuale carica critica e di contraltare. Nel caso del laboratorio autopromosso dai cittadini il vantaggio è l’autogestione che tutela l’autonomia di pensiero. In questo caso può essere prodotta critica creativa e si creano le premesse perché il gruppo acquisisca una maggiore responsabilità, condizione che accresce la motivazione e può azionare un processo di autogemmazione dell’esperienza. Lo svantaggio consiste però nella probabile precarietà di un’esperienza autopromossa e autogestita.
Bisognerebbe inventare una soluzione che valorizzi i vantaggi di entrambe.
- Lavorando alle procedure, una prima regola può riguardare le dipendenze tra il laboratorio e gli organi del governo locale che potrebbe legare la responsabilità del lavoro del primo a un organo di rappresentanza plurale come è il consiglio comunale anziché a un organo, come la giunta, che esprime solo la maggioranza di governo.
Poi bisognerà definire le aree di lavoro e individuare le competenze del laboratorio.
- Si può cominciare ad attivare:
- l’osservazione e la descrizione, cioè l’interpretazione, del territorio;
- le dinamiche della partecipazione e della decisione, per accrescere la competenza dell’autodeterminazione;
- il monitoraggio e il controllo delle attività nel laboratorio.
E per concludere, si deve riuscire a valorizzare gli attori non rappresentati (il “terzo attore”: i giovani, gli emarginati, i gruppi di altre etnie) e la partecipazione in una realtà che comunque diventa multietnica, e dove il terzo attore comunque opera sui fatti che appaiono marginali attivando correttivi o meccanismi di disturbo che il sapere tecnico disciplinare e il sapere amministrativo spesso non riescono a decifrare e quindi a controllare (Cala S. Giacomo, il luogo di sosta dei giovani tra il Liceo e il Viale, le piazzette, i mercati, i quartieri dove si sono insediati gli immigrati).