In Italia se non partono i lavori, si rischia di non realizzare mai un’opera, Un’opera si fa solo se s’inizia, E’ sempre meglio avviare i lavori con qualche problema, tanto poi si trova il modo e i soldi per aggiustare tutto. Sono gli assunti azzolliniani alla base del governo del fare (o del far credere) che spiegano l’intricata situazione emersa sui lavori per il nuovo molo commerciale. La scommessa del sindaco Antonio Azzollini di realizzare una importante opera con costi e tempi certi, si sta connotando di elementi che portano dritto ad una bonaria smentita per alcuni, ad una figuraccia per altri. Per il fatto d’aver rastrellato a Roma ingenti risorse per l’opera portuale, il senatore azzurro Azzollini ha sempre dato la sensazione di considerare la questione come se fosse una faccenda propria, quasi privata. E siccome, alla pari del suo capo nazionale, è pure ammantato di onnipotenza, ha sempre fatto capire che con il suo talento sarebbe stato in grado di risolvere ogni intoppo e problema. L’anteprima di questa presunzione fallace è rappresentata da quel mausoleo della foresteria della Capitaneria che ci ritroviamo. Nella varie e interviste alla stampa locale ha sempre risposto con il solito spot “Stiamo realizzando la più grande opera portuale nel Mezzogiorno, ecc…ecc…” senza mai dare uno straccio di dato e attento a far credere che, nonostante alcuni problemi, il lavori proseguivano. Di fronte alle interrogazioni dell’opposizione in Consiglio comunale, che paventava un aggravio di costi per lo stallo dei lavori, Azzollini rispondeva con ironia e sarcasmo, dimostrando così una granitica sicurezza tipica di chi sa come funzionano le cose. La corazza si è rivelata di cartone. Le cose non stanno per niente come il sindaco ci ha raccontato in tutte le salse nei mesi scorsi. La verità prima o poi doveva saltare fuori ed è un realtà per niente edificante. A scoprirla è stato Quindici con il suo scoop dei primi di febbraio, quando in anteprima assoluta ha rivelato alla città prima la richiesta di risarcimento danni e poi la somma concordata per chiudere un possibile contenzioso con una transazione milionaria a spese dei cittadini. Ora il sindaco è stato costretto a mettere le carte sul tavolo e a rivelare il patto con l’impresa Ati Cmc-Cidonio – Sidra firmando un assegno di 7,8 milioni di euro (la richiesta dell’impresa era di 22 milioni), a titolo di risarcimento per mancata esecuzioni di lavori previsti, a causa del procrastinarsi della bonifica dell’area portuale per la presenza di ordigni bellici. Un pagamento legittimato dalla Delibera di Giunta n° 25, un provvedimento in cui si può leggere la cronistoria sullo stato dei lavori, da cui emergono poche certezze e molti dubbi, su quanto dureranno e quanto alla fine costeranno. RITARDI E RIMEDI COSTOSI Ricostruiamo nel dettaglio la vicenda, già raccontata da Quindici nei numeri di gennaio e febbraio. Secondo il programma contrattuale, l’impresa in data 13.10.2008 avrebbe dovuto iniziare la costruzione del molo e di tutte le attività propedeutiche al dragaggio. La presenza di ordigni bellici ha costretto l’impresa a rallentare l’attività. Di conseguenza la ditta ha riportato nel registro contabile la richiesta, senza quantificarne la cifra, per “maggiori oneri connessi alla protrazione dei tempi di esecuzione dei lavori conseguenti al mancato completamento della bonifica da ordigni residuati bellici tuttora presenti sul fondo del porto”. Nel dicembre scorso la ditta ha messo nero su bianco ed avanzava la richiesta di 22 milioni di euro. La somma avrà fatto sobbalzare il senatore che preoccupato, aveva pensato bene di blindare le casse comunali da un possibile pignoramento. Infatti, in tutta fretta nei primi giorni dell’anno, la Giunta sanciva (Delibera n° 3), che oltre alle risorse necessarie per pagare gli stupendi e i mutui, anche le somme in cassa per i lavori del porto, rientravano tra quelle non impugnabili. Blindata la cassaforte comunale, successivamente fu trovato l’accordo con per 7,8 milioni di euro, con l’impegno da parte dell’impresa di non pretendere più nulla fino al 31.12.2011. REALTÀ BOMBAROLA Che nello specchio antistante il porto, ci potessero essere degli ordigni bellici, non è una novità, storie o leggende si sono sempre sentite, anche se ufficialmente non risultava nulla. E neanche l’Autorità marittima ha mai voluto approfondire, ad esempio, cosa ci potesse essere dietro alle varie storie di pescatori con strane macchie e irritazioni sulla pelle. Comunque nel conto economico, tra gli studi preliminari era stata inserita la voce indagini e bonifica ordigni bellici e l’amministrazione comunale afferma d’aver avviato l’indagine nel novembre 2005, due anni mezzo prima dell’inizio dei lavori (26.3.08). A causa di circostanze definite impreviste ed imprevedibili l’attività di bonifica, affidata all’ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) si è procrastinata oltre i tempi immaginati e non è ancora ultimata. E’ intuitivo che se le indagini si fanno durante i lavori, è da mettere in conto qualche sorpresa. E che sorpresa! Ben 4.000 ordigni bellici individuati e non tutti rimossi e altri 3.000 da classificare e rimuovere. Insomma, alle porte del nostro porto c’è una polveriera, un cimitero di ordigni risalenti alla II Guerra Mondiale, cui nessuno pare sapesse nulla e che, dopo 60 anni, produce ancora danni collaterali (lavori fermi e costi aggiuntivi), oltre a quelli arrecati all’ambiente e forse alla salute pubblica in tutti questi anni. Come siano arrivati nel porto questi ordigni bellici o chi li abbia depositati, resta un mistero. Come altrettanto inspiegabile è che, all’improvviso, si scopra tutto ciò. Non stiamo parlando di qualche tric-trac, ma di ben 7.000 ordigni! Per il Comune questo imprevedibile intoppo è attribuibile alla sottostima iniziale dell’IPSRA e lo considera alla stregua del bicchiere mezzo pieno, perché grazie ai lavori per il nuovo porto è emersa questa situazione ambientale critica e la necessità di risanarla. Naturalmente il bicchiere lo si può vedere anche mezzo vuoto. L’accusa è di aver forzato la mano nell’avviare i lavori, pur conoscendo la criticità di alcune situazioni. La prima l’abbiamo in bella vista: il mausoleo della foresteria della Capitaneria. LAVORI SLOW E VARIANTE Altra notizia sorprendente è che i lavori finora eseguiti sono appena il 6,75%, quando la tabella di marcia prevedeva il 67,5%. Questo significa che chissà da quanto tempo i lavori sono fermi, mentre il sindaco ha sempre affermato il contrario, anche se Quindici ha documentato fotograficamente lo stop. Non si capisce perché Azzollini non abbia mai raccontato la verità, anche perché la presenza così rilevante di ordigni bellici non può essere addebitata al Comune. Anzi la città è vittima di tale situazione. Allo stato dei fatti, considerato che per la completa bonifica occorreranno almeno 18 mesi, i preventivi non saranno più rispettati. Alla fine quando costerà il nuovo porto e chi pagherà? Ad oggi, con appena il 6,75% di lavori realizzati, la spesa prevista sulla carta è di 61.953.914,88 euro, oltre 1,2 milioni in più rispetto alla somma iniziale, per effetto di una prima variante. Si tratta del “pennello sperone”, una piccola diga esterna per fre-nare il moto ondoso nel porto all’altezza del faro, che inizialmente doveva essere realizzata da terra, ma che si farà via mare. Dalla conferenza di servizio che doveva dare l’ok all’opera, sono emerse diffi coltà insormontabili per costruire il “pennello sperone” da terra, legate alla sicurezza stradale, a causa dell’elevato numero di automezzi pesanti in continuo transito nel centro città, alla sicurezza degli edifi ci prospicienti il percorso degli automezzi, alla conservazione del muro paraonde di origine borbonica della banchina San Michele che, nel caso di costruzione da terra dello sperone, sarebbe stato in parte demolita e poi ricostruita. Insomma, un ripensamento. Il banale quesito è: quando fu decisa quest’opera, di cosa parlavano? CONTI SALTATI Alla cifra stimata si dovranno aggiungere i 7,8 milioni di risarcimento già liquidati. Il primo gennaio del 2012, in base allo stato di avanzamento dei lavori si saprà se l’impresa sarà legittimata ad avanzare altre pretese. Incerti i tempi, incerti i costi, incerta anche la copertura fi nanziaria. I 7,8 il Comune li ha preso in “prestito”, forse impropriamente, dalle somme per i lavori. Soldi che comunque dovranno essere restituiti. Dato per scontato che non potranno gravare sull’esiguo bilancio comunale, l’unica fonte dovrà essere lo Stato (sempre se avrà e vorrà concedere altre risorse economiche a Molfetta). I seguaci del sindaco ogni tanto lanciano i numeri: 15 milioni nella Finanziaria dell’anno scorso e altri 15 in quella di quest’anno. In bilancio fi nora non risultano. Ci auguriamo che il senatore-sindaco Azzollini si faccia perdonare le sue creative e costose intuizioni: meno arroganza e più umiltà, speriamo che trovi ascolto quando busserà a quattrini e soprattutto convinca il governo nazionale che Molfetta deve essere risarcita per gli eff etti collaterali dei residui bellici che qualcuno ha fatto fi nta di non sapere, altri di non vedere. L’occasione di un nuovo porto, non deve essere persa.
Autore: Francesco Del Rosso