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La musica c'è ma non si vede
15 novembre 2003

Il sogno, il top, il massimo sarebbe che qualcuno suonasse e gli altri danzassero; e poi che gli altri suonassero e quel qualcuno danzasse. Serate all'insegna della allegria e della goliardia. L'obiettivo più concreto è quello, invece, di pubblicizzare, battere un colpo, dire: “Ci siamo”. Nella Molfetta orfana dei concerti, povera di iniziative musicali, snobbata dai big dei vari Sanremo e Festivalbar, il fermento ritmico ed il “tic” melodico non sono del tutto andati perduti, come qualcuno pensa: meritano soltanto di essere, visto l'argomento, amplificati. E semmai incentivati. Quanti ragazzi vorrebbero ritrovarsi un sabato o una domenica pomeriggio in una saletta attrezzata per “far baccano” con qualche strumento? Tanti, a chiedere in giro. E quanti di loro sanno che da febbraio scorso questa possibilità c'è ed è reale? Diciamo pochi, per non dir nessuno. Ed invece proprio uno degli scopi statutari dell'Associazione Culturale Musicale “Musica e Tradizioni” (sito web: www.musicaetradizioni.com) è questo: coinvolgere i nuovi chitarristi, “educare” i novelli batteristi, mettere a disposizione microfoni e strumenti per la registrazione agli appassionati. Perché la musica è passione; e le passioni vanno condivise. Certo, degli ottanta soci (per diventare socio basta versare 5 euro… annuali) la maggior parte è formata dalle “vecchie glorie” delle estati molfettesi (quando un'estate molfettese c'era ancora): signori brizzolati che il sabato pomeriggio, da trent'anni, si rinchiudono in uno studiolo, quasi fosse un sacro rito, con i loro “arnesi” e per due ore pizzicano, pigiano, steccano anche (perché no? La steccata non è un errore: è il tentativo di raggiungere l'irraggiungibile, lo sforzo estremo che ti strema). Poi, di tanto in tanto, il passaparola fa catapultare lì dentro qualche giovinotto a suo agio tra plettri e corde elettriche, un futuro Tullio De Piscopo, un figlio e tre amici, e questi suonano, si dannano, godono e sudano. Detti i fini, bisogna badare ai mezzi, ai soldi insomma. Più grande è l'ambizione, più alto è il contributo da pagare. “L'anno venturo - dice speranzoso Angelo Sciancalepore (nella foto), il presidente di (nella foto, nella redazione di “Quindici” con Eugenio Tatulli e Massimiliano Piscitelli) - vorrei trovare un locale più grande, così da sistemarci meglio e organizzare le varie jam-session. Chiederò un sacrificio agli attuali soci: 10- 15 euro al mese a famiglia dovrebbero essere sufficienti per affittare un locale, a meno che il Comune non voglia ritagliarci uno spazio all'interno della struttura della Dvorak o da qualche altra parte. Mi piacerebbe creare un circolo dove ci fosse anche la possibilità di insegnare oltre che di praticare. L'esempio è quello della banda di Santa Cecilia, la quale però forma sui fiati e sugli ottoni; noi ci occuperemmo di chitarre elettriche, percussioni, tastiere”. E poi da lì nascerebbero le iniziative, i concerti, le manifestazioni. Come “Solo musica italiana”, spettacolo che vedrà coinvolti tutti o quasi i gruppi storici della nostra città il 10 e l'11 gennaio presso il teatro “Don Bosco”: quindici minuti a testa per un totale di tre ore a serata all'insegna dei successi sempreverdi di Mina, Celentano, Morandi, Matia Bazar, Pravo, Battisti, Ligabue, Zucchero, New Trolls, Camaleonti, Mannoia, Pooh. Antares, Exera, The Friends, La strana sensazione, I Gabbiani, The blues men, New moons e Wizzy Band si ritroveranno, si riabbracceranno, competeranno come ai vecchi tempi. Di sarabande come queste, nel paese in cui Muti si rifiuta di dirigere un concerto perché incapace di dotarsi di un teatro, si avverte un gran bisogno. Qualcuno piangerà, anche tra gli spettatori. E poi si lascerà sfuggire la fatidica frase: “Ah, che peccato non aver imparato da piccolo a suonare uno strumento!”. Un classico. Eugenio Tatulli
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