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La maionese impazzita
15 febbraio 2019

La maionese impazzita del governo gialloverde, comincia a produrre i primi danni: l’Italia è entrata in recessione con la produzione industriale crollata ai livelli del 2012, mentre lo spread torna a salire verso livelli preoccupanti. E la coppia sconsiderata che ci governa Gianni (Salvini) e Pinotto (Di Maio), continua a recitare un film che da comico e farsesco, rischia di diventare tragico e drammatico. E’ vero che gli italiani sono
adusi a farsi ingannare dalle false promesse salvo a reagire tardivamente in modo cruento. Ma fino a quando non si accorgeranno dell’inganno, il gioco di Matteo e Giggino continuerà a provocare iatture all’Italia e ai suoi cittadini, soprattutto i più poveri. E già perché saranno loro a subire i contraccolpi della farsa del “reddito di cittadinanza” e di “quota 100”, i due mantra della coalizione gialloverde al potere. I ricchi si sono assicurati i condoni
fiscali e le nuove basse aliquote sui redditi che cancellano la giustizia tributaria della progressione contributiva, portando tutti alla stessa percentuale. E non c’è chi, anche il più sprovveduto in materia di conti, non si accorga come i poveri saranno sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Né più, né meno che la filosofia berlusconiana che i grillini a parole dicevano  di voler combattere, ma che nella pratica hanno subito dalla Lega, per salvare le loro poltrone.  Non riuscendo a reggere il peso del governo del Paese, che avevano promesso di rilanciare con improbabili miracoli (gli altri  erano tutti più fessi di loro?) e temendo che l’incantesimo delle bugie si dissolva, non avendo più nemici da coinvolgere e accusare, dopo lo stop ai migranti, la coppia più bella del mondo si inventa una guerra con la Francia recitata secondo il copione della commedia dell’arte dove uno, Giggino, fa il cattivo attaccando i cugini d’oltralpe e oltraggiandoli andando a  Parigi a incontrare il leader del gilet gialli (che lo snobba), l’altro, Matteo, recita la parte di quello che non è d’accordo, ed esprime cauta dissidenza senza rottura, per ingannare il perfido Macron mentre al terzo, l’Arlecchino della situazione, il conte che non conta niente, viene affidata la parte del paciere o del levantino meridionale che, alla fine, dovrebbe fregare tutti.
Se fosse rappresentata a teatro, questa commedia meriterebbe un lusinghiero successo.  Messa in scena sul teatro della politica, anzi peggio, del governo, dove non ci si può permettere retorica e improvvisazione,
la commedia rischia di trasformarsi in tragedia e portare il Paese a sbattere su uno  scoglio da un Salvino-Schettino che si crede il più furbo di tutti e pensa di fregare tutti a proprio vantaggio. Ma l’economia non è un gioco politico, né tantomeno una piece teatrale, perché ha le sue leggi e le sue dinamiche che si  giocano sui mercati, che, come abbiamo visto in passato (Grecia docet), non fanno sconti a nessuno, soprattutto agli sprovveduti,
ai dilettanti allo sbaraglio che oggi ci governano senza competenza e senza razionalità. Di Maio e Salvini, come i  collodiani gatto e volpe fanno credere ai tanti pinocchi italiani che esista un albero degli zecchini d’oro, dove la ricchezza si crea dal nulla, dove lo Stato possieda un grande campo dei miracoli, dove si possono prelevare zecchino d’oro, che solo i cattivi della Banca d’Italia, tengono sotto chiave, mentre i lingotti-zecchino, potrebbero 
essere distribuiti ai cittadini e rilanciare il benessere. Illudere tutti che la ricchezza si possa creare dal nulla, come il vecchio mito alchemico ed esoterico della possibilità di trasformare il piombo in oro, che ricorda il Faust di Goethe, dove il furbo e perfido Mefistofele per prendere le anime e dannarle, fa credere che il denaro si possa creare in laboratorio. Magari con il reddito di cittadinanza, col quale, come dichiarò la volpe Di Maio, si poteva sconfiggere la povertà. Per venire fuori dalla peggiore crisi economica e finanziaria del dopoguerra, che dura da oltre 10 anni, secondo questi moderni venditori di pentole, che hanno studiato e perfezionato le tecniche
berlusconiane, sarebbe sufficiente che le Banche Centrali stampino banconote  e, insieme al reddito di cittadinanza, si riavvierà miracolosamente il ciclo di ripresa dei consumi, e si tornerà al “nuovo boom economico” (il solito Di Maio docet), mentre il megafono levantino Conte  annuncia l’arrivo di un anno eccezionale, soprattutto con l’avvio degli investimenti: quali? E con quali soldi? Quelli del campo dei miracoli? E giù con proclami del tipo: “Le Banche Centrali possono creare denaro dal nulla, con il quale acquistare i titoli del debito pubblico e stimolare l’economia”. Come mai non ci ha pensato nessuno prima? Credere a queste favole è come correre
dietro ai bitcoin, le criptovalute che promettono ricchezza senza sforzi. Basta il click del mouse. Creare lavoro? Facciamo investimenti senza risorse, così ci sarà la crescita e trascinerà l’economica parafrasando
il vecchio mito keynesiano del “deficit spending”, della spesa pubblica fatta indebitandosi. È un film già visto che non funziona più: è accaduto in Italia negli ultimi 50 anni e ha portato ad un debito pubblico fuori controllo, un enorme macigno che grava sulle nuove generazioni e schiaccia ogni velleità di ripresa economica, a maggior ragione in un contesto di persistente e marcato declino demografico. Alla fine della giostra ci attende un amaro
risveglio, con una situazione economica più grave del previsto, che richiederà ancora più lacrime e sangue, perché ci ritroveremo più poveri di prima: cornuti e gabbati. Non è con la paghetta del reddito di cittadinanza che si rilanciano i consumi in un Paese dove quel reddito non basta per vivere, figurarsi se può essere utilizzato  per i consumi. E ai tanti Pinocchi del popolo “bue” che credono nei miracoli senza sacrifici, non ha insegnato nulla la stampa di banconote” nell’Argentina di Perón o quella dei tempi della Repubblica di Weimar che precedette il nazismo? Quale soluzione occulta hanno studiato per i nostri risparmi? Una patrimoniale da attuare quando il governo gialloverde si renderà conto di non avere risorse sufficienti per mandare avanti i loro progetti e l’economia del Paese? A rimetterci sarà sempre il popolo, saranno i sudati risparmi dei poveri e degli onesti, perché i frutti  delle rendite speculative e delle evasioni fiscali dei ricchi e dei disonesti sono già al sicuro in Svizzera. Anche la minaccia del governo gialloverde di uscire dall’euro, porterebbe al disastro: abbandonare la moneta unica  europea significherebbe tornare ad una liretta senza valore, con i nostri risparmi trasformati in carta straccia, già nel passaggio dall’euro alla lira.  Agli italiani non insegna nulla nemmeno il Venezuela dei nostri giorni, perché è più facile credere a Salvini, al nuovo pifferaio magico che porta tutti i topi ad annegare nel fiume: dopo i migranti, anche gli italiani.

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