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La cultura a Molfetta. Riflessioni di fine estate
20 settembre 2016

MOLFETTA - Bisogna ammetterlo, non è stata un’estate molto viva per Molfetta, anzi sembra che la cultura in città stia vivendo uno dei momenti più neri degli ultimi anni. Era prevedibile che la presenza del commissario avrebbe impedito una programmazione culturale estiva, ma certamente anche l’associazionismo molfettese non sta vivendo un periodo così florido.

Gli eventi culturali degli ultimi mesi sono stati quelli delle poche associazioni attive presenti sul territorio e poi quelli privatissimi al porto, con teli e fari puntati per impedire a tutti di assistere. Paradossalmente, molta più cultura “dal basso” è stata espressa durante gli anni dell’amministrazione Azzollini, la cui proposta ha stimolato reazioni “spontanee” e autonome di soggettivazione e contro-cultura. Negli anni dell’amministrazione Natalicchio molte di quelle soggettività sono diventate parte integrante dell’esperienza amministrativa.

E’ necessario che la riappropriazione degli spazi pubblici e della cultura a Molfetta torni ad essere una posta in gioco politicamente importante per il futuro della città. Non può la città aspettare che l’amministratore dall’alto detti le norme della soggettivazione, e della produzione culturale. Da sempre, Molfetta ha espresso forme inedite di cultura e di responsabilizzazione, costringendo gli amministratori ad inseguire i movimenti dal basso, più che a determinarli. La società ha ecceduto i limiti del potere, spingendo in avanti la posta in gioco nell’amministrazione della città.

Nel frattempo, anche la festa patronale della Madonna dei Martiri ha subito un ulteriore colpo con un’ordinanza che si scaglia, in particolare, sulla sagra a mare. Il numero massimo di persone consentito a bordo dei pescherecci è stato ridotto drasticamente, mentre disciplina e rigore si sono abbattuti su un evento che fa dell’eccedenza e della vitalità i momenti fondamentali per una comunità che ritrova se stessa e la propria apertura al mondo, attraverso il mare. Nessun peschereccio ha partecipato alla sagra, e anche il numero di barchette era estremamente ridotto.

Forse è necessario ripartire da quel mare, che ha messo Molfetta al centro di incroci e contaminazioni e che ha fatto dell’apertura la cifra costitutiva della crescita e dello sviluppo, per ripensare il futuro della comunità. Il mare come apertura e come spazio dell’indefinibile, tutto da decidere e progettare nell’incontro e nel confronto. Con la voglia di scoprire, di inventare, di perdersi e di ritrovarsi.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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Dottor Pisani, sulla cultura a Molfetta ci sarebbe da discutere molto a lungo, per tutto il resto sembra che Lei non tenga conto dei cambiamenti e trasformazioni sociali, strutturali e, ciò mi stupisce non poco. A riguardo poi della festa patronale Lei si lamenta della "riduzione" dei numeri spettacolari e partecipativi. Anche qui - a mio modo di vedere - Lei commette l'errore di non vedere. Si legga quanto scritto dalla sig.ra Terrassa a riguardo, faccio un copia e incolla, sperando nella bontà del direttore di "Q" dottor de Sanctis. - Rachele Terrassa|venerdì 9 set 2016 10:58:04 “C'è stato anche chi, dopo l'ingresso in Cattedrale del simulacro della Vergine, ha esclamato: “Ora può fare tutta l'acqua possibile. E oggi è stato accontentato”. Cos'è un altro miracolo? Chi ha esclamato una scemenza simile, è solo un incosciente miscredente. Vediamola da un altro lato questa Festa Patronale molfettese: per molti è diventata un “incubo”, scrivo e leggete bene, un “incubo”. Domani finalmente finirà quest'incubo! La festa e ricorrenza della nostra patrona SS .Madonna dei Martiri dovrebbe essere la festa di tutti, regalare gioia a tutti, invece a guardare bene tutto senza ipocrisia e personalismi egoistici, purtroppo non lo è, se poi consideriamo il cambiamento climatico avvenuto, grido e considero non un miracolo, bensì un “ostacolo fastidioso” sperando che passi al più presto. Quello che è assurdo è mantenere le dinamiche della festa nelle stesse modalità e concezione di molti anni fa, con l'unica differenza della “fiera degli animali”, non considerando le trasformazioni e collocamenti dell'intera città avvenute in quest'ultimo ventennio, ancora in trasformazione. Molfetta non è la stessa città di anni fa, molto è cambiato, tutto o quasi si è trasformato, anche il modo di vivere e le distanze tra quartieri, rioni, piazze si sono allungate, ci si muove in un altro modo, anche la circolazione sia a piedi che in macchina e cambiata, la macchina è diventata indispensabile, altre motivazioni lavorative impegnano uomini e donne: assistenza agli anziani, ammalati in loco e fuori città, disabilità e tante altre forme sociali, gente che lavora in città limitrofe, necessitando di spazio e parcheggi, etc, etc.. Nei tre giorni di festa, dove più della metà della città viene impegnata per la gioia e felicità di molti, tutto questo diventa se non impossibile, accidentato, nessuno ne parla, personalmente la definisco la “minoranza silenziosa discriminata”. E' giunto il momento di “ridimensionare “ la festa, far sì che la stessa sia portatrice di gioia per tutti. Come ridimensionarla devono essere gli esperti del settore a farlo, senza egoismi personali religiosi, culturali e di facciata. Facciamo sì che la Festa della nostra Patrona sia portatrice di gioia per tutti non escludendo nessuno per la voglia di fasti che alla fine diventano fastidi, obblighi, imposizioni e barriere insopportabili, anche se per pochi. Personalmente posso assicurarvi che non sono pochi, anche se lo fossero, hanno bisogno del nostro aiuto. Facciamo che la festa non sia un “incubo” : si può fare, da uomini di buona volontà." Come definisce Lei quello che la Terrassa chiama un "incubo"? Capisce bene la definizione? La festa dell'incubo, per molti.


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