La Camera del Lavoro CGIL di Molfetta ricorda Benedetto Petrone ucciso dai fascisti del Msi-Fronte della gioventù
MOLFETTA - Erano anni in cui la lotta politica era un patrimonio comune, le divisioni tra destra e sinistra erano molto accese e la militanza in uno dei due schieramenti era partecipata. Erano anni in cui i collettivi studenteschi si riunivano ogni sera e cercavano un’intesa con gli operai e i sindacati. Erano anni in cui i i gruppi extraparlamentari cominciavano a sciogliersi ma si radicavano le Brigate Rosse. Erano anni in cui i neofascisti del Movimento Sociale Italiano intendevano la lotta politica non solo come confronto dialettico ma anche come confronto fisico.
In questo clima, la sera di lunedì 28 novembre 1977, un commando di esponenti del Movimento sociale italiano accoltella e uccide a Bari, in pieno centro, davanti alla Prefettura e tra tantissimi passanti, Benedetto Petrone. Quel ragazzo aveva 18 anni ed era iscritto alla Fgci. Frequentava la sezione del PCI di Bari Vecchia, dove abitava, era il quinto di nove figli. Per aiutare la famiglia, aveva lasciato gli studi. Lavorava come operaio edile. Zoppicava, perché da bambino si era ammalato di poliomielite. Dunque non poteva neppure correre, un “vantaggio” per una squadra ben organizzata ed equipaggiata di fascisti del Fronte della Gioventù. Uscirono dalla sede del Msi per “fare male” al primo comunista che avrebbero incrociato (accadeva spesso anche in quei mesi), compreso Benedetto, che non poteva né difendersi, né fuggire. Una vigliaccata.
L’unico aggressore ad essere condannato è stato Giuseppe Piccolo il quale, condannato a 16 anni in secondo grado dalla Corte d’appello, è morto suicida in carcere nel 1984. Le altre persone coinvolte nell’aggressione e nell’omicidio, sebbene identificate, non hanno subito alcuna pena perché i reati sono stati prescritti.
La camera del lavoro CGIL di Molfetta ricorda la figura del giovane operaio e invita tutti alla vigilanza contro ogni manifestazione di intolleranza e rigurgiti neofascisti.