La “scuola degli albanesi”, integrazione difficile
Al “Seminario” accoglienza e solidarietà, ma molti problemi
Si parla tanto di immigrazione, schiere di persone disperate che sono costrette ad affrontare vere e proprie odissee per raggiungere, su gommoni guidati da gente senza scrupoli, l’Italia, novella “terra promessa”. Ma come sono poi accolti qui, da noi? La maggior parte sono rispediti senza mezzi termini a casa (dal Kurdistan all’Albania passando per l’Africa e la Cina) pochi altri restano in Italia, ma le loro condizioni di vita, la loro integrazione sociale è tutt’altro che rosea e promettente.
Per i pochi fortunati che riescono a trovare un lavoro, il che, come si sa, non è facile per nessuno, la vita è sempre in salita e l’essere considerati cittadini a tutti gli effetti è una vera e propria impresa. La Puglia da anni è considerata sempre più una vera e propria terra di confine, approdo della maggior parte degli immigrati, alcuni dei quali restano qui a vivere sperando di avere una migliore esistenza.
A Molfetta la Scuola “Seminario”, sede staccata del 4° circolo “Rione Arbusto”, è da molti considerata la , l’unico luogo in cui questi ospiti, spesso non graditi alle masse, sono accolti ed aiutati. Tutto questo grazie alla sensibilità del direttore Antonio Bombini ed alla grande disponibilità degli insegnanti che quotidianamente si prendono cura di bambini che hanno visto l’orrore con i loro occhi.
Ma la bontà, la solidarietà non bastano. E’ necessario avere gli strumenti per poter davvero essere vicini a questa “minoranza silenziosa”. “Silenziosa” perché la maggior parte dei bambini non conosce una sola parola di italiano. < Il problema è fondamentalmente la lingua -spiega una insegnante - noi non conosciamo l’albanese e i bambini non capiscono l’italiano. Nella nostra classe di prima elementare su 29 bambini ci sono 10 albanesi. Tra gli albanesi solo due bambini, arrivati in Italia due anni fa, sono perfettamente inseriti tra i loro compagni. Per tutti gli altri il problema è serio. Anche perché non hanno tutti la stessa età, ci sono alcuni più grandi iscritti comunque in prima elementare>.
Ma come si può comunicare con loro? Come si può evitare che, malgrado gli sforzi, restino isolati e silenziosi? < Una donna albanese settimanalmente ci aiuta a comunicare con loro, ma sfortunatamente non è abbastanza. A novembre l’amministrazione comunale ci aveva promesso degli aiuti più concreti: la signora albanese che svolge il ruolo di “mediatrice linguistica” non è neppure stipendiata. Lo fa perché vuol bene ai bambini - continua l’insegnante - ma non potremo andare avanti così per molto tempo. Si rischia di fare molti più danni ai bambini, di sprecare la loro intelligenza in questo modo. Si parla tanto di “pari opportunità”, sarebbe bello che anche questi bambini potessero avere le stesse possibilità di tutti gli altri>.
Qualcosa intanto sembra cominciare a migliorare. In questi giorni è partito un corso per “mediatori linguistici” proprio presso la scuola “Seminario”, corso riservato a tutti gli extra-comunitari che vogliono svolgere questa funzione di raccordo e di mediazione tra i piccoli studenti stranieri e i loro compagni di classe italiani. Il corso durerà 200 ore e alle lezioni teorico-culturali seguiranno dei laboratori che comprenderanno anche visite agli uffici comunali, agli uffici diocesani e agli uffici per gli stranieri. Gli iscritti al corso sono 14 di molte nazionalità residenti anche in altre regioni italiane.
Ma cosa ne pensano gli insegnanti della scuola “Seminario”? .
Serena Adesso