L’ultimo saluto dell’amico Giancarlo Piccinni
Caro Marcello, quanto è difficile per me oggi porgerti questo saluto. Non ti nascondo che avrei preferito ascoltare, avrei desiderato un posto anonimo, avrei gradito perdermi nei ricordi. Quanti ricordi! Credo che nelle tue notti insonni i ricordi ti abbiano fatto compagnia, ti abbiano alleviato i dolori, ti siano stati di consolazione. Ma non di questi oggi voglio parlare. Ma di te, di come da me, da noi, tu sei stato percepito, oserei dire meglio, vissuto. Sei stato per tutti noi un uomo carismatico. Cosa sia il carisma, più o meno, lo sappiamo tutti. Ma voglio qui riproporre la definizione che il dizionario ci dà. Carisma è “l’insieme di particolari doti intellettive e di carattere che consentono a certi individui di esercitare autorità e fascino sul prossimo, assicurandone la concordia”. Così è stato: autorità e fascino che ha garantito concordia, pace. E’ la pace il fine ultimo: il volersi bene, lo stare insieme, perché, ci diceva tuo fratello, da soli non si cammina più. Nella mia vita, prima di incontrarti, ti ho conosciuto attraverso i racconti e le confidenze di don Tonino. Durante gli anni del mio liceo don Tonino mi parlava di questo suo fratello che viveva a Bologna, che nella sofferenza e nella povertà, a volte nella solitudine, aveva studiato e aveva raggiunto traguardi importanti. Era diventato ginecologo, e lavorava al S. Orsola. Traspariva dai suoi occhi la tenerezza del padre ed insieme l’orgoglio del fratello maggiore. Mi parlava di te come sposo premuroso, padre affettuoso e attento, medico responsabile e preparato. Mi iniziavano così ad essere familiari i nomi di Tetta, di Stefano e Federica, ed intanto prendeva forma nella mia mente anche la tua figura. Il tuo, il vostro ritorno da Bologna mi fu annunciato con gioia dallo stesso don Tonino. La nostra amicizia si è consolidata lentamente. Un’amicizia costruita giorno dopo giorno. Abbiamo insieme vissuto la malattia di don Tonino, la sua dipartita, insieme abbiamo pensato la sua profezia ed il modo di proporla. E stato per me un privilegio averti come medico prima e come mio paziente dopo: abbiamo affrontato insieme per molti anni situazioni difficili ed esaltanti, sorprese ed incontri, amarezze e delusioni. Ma sempre ho respirato il tuo essere carismatico e la tua stima mi ha dato il coraggio per affrontare le sfide quotidiane: ci siamo tante volte detto che dietro le nostre scelte, i nostri disegni e i nostri programmi c’era qualcuno che ci guidava la mano. E questo ci ha sempre reso felici. Hai desiderato che il progetto della Fondazione avesse un respiro comunitario. Questo è stato il tuo messaggio secondo meuesto il tuo più importante: non lo hai gridato, ma lo hai vissuto. Perché tu sei stato sempre di poche parole, di poche parole caro amico mio, ma non di scarsa comunicazione. Prendo in prestito le parole che don Tonino scrisse in memoria di Ernesto Balducci per dirti che sapevi parlare, ma sapevi anche tacere. Il criterio del tuo silenzio, però, non era la prudenza, o peggio la paura. Ma era la sapienza. Perciò anche quando tacevi la tua compagnia è stata dolce e preziosa, perché un’altra tua importante virtù è stata la capacità di ascolto. E’ il silenzio che genera la parola, nel silenzio che si percepisce il senso ultimo delle cose, ed il silenzio è utero gravido delle intuizioni. Le tue intuizioni: ne voglio qui raccontare due. Perché se è vero che è tutta l’esistenza di un uomo che porta al conferimento di persona carismatica, è anche vero che è meno facile, a volte, individuare alcuni episodi che, da soli, facciano apparire carismatica la stessa. Il primo di questi episodi fa riferimento al 14 novembre del 2013. Insieme a Trifone fummo ricevuti a Santa Marta da Papa Francesco. E alla fine dell’incontro, ancora frastornati ed increduli per quanto avevamo vissuto, tu ci dicesti: “Questo papa verrà sulla tomba di Tonino!”. La profezia si è avverata dopo cinque anni. Ma c’è un’altra cosa, caro Marcello, che oggi voglio ricordare. Ognuno di noi ha nel proprio cuore, nella propria mente, dei flash del giorno in cui Francesco è venuto qui ad Alessano. Ma forse uno è comune a tutti. E’ quel sillabato del nostro Papa: “Don Tonino SE MI NA TO”. Bene. Tu lo avevi già detto e scritto: “in questa tomba non ci sono i resti ma i semi…” Ti congedi oggi da noi con il comune riconoscimento di essere stato, insieme a Trifone, la rappresentazione vivente e sempre presente di don Tonino, ed insieme, come il principale promotore, con Trifone, della costituzione della Fondazione. Per tutti, insomma, siete stati vissuti come eredi del profeta. Ma il tuo più grande merito è quello di aver percepito che raccogliere l’eredità del profeta è un qualcosa che ha a che fare con lo spirito e non con la materia. Tu sai Marcello cosa voglio dire. Perché questa è stata più volte una riflessione che insieme abbiamo condiviso. La materia, può essere contenuta, limitata, perimetrata, fatta propria. Lo spirito no! Per sua natura si dilata, non lo si può contenere, possedere. Non lo si può delimitare, racchiudere in uno spazio, in un solo cuore. Non ha confini. E’ la comunità il suo luogo, la sua casa, il suo Regno. Questa la tua lezione di vita di alto profilo, di notevole spessore. Una lezione di speranza, in linea con quella di tuo, nostro Fratello, che io amo definire salentino planetario, definizione che a te piaceva tanto. Il tuo lascito mi auguro che sia “come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo, e le sue foglie non cadranno mai…”. Per tutto questo ti diciamo grazie. E grazie lo diciamo ai tuoi familiari che ti hanno sostenuto e amato, curato con il loro affetto e la loro presenza. Addio caro Marcello, anzi arrivederci nella Luce. Il tuo amico, Giancarlo