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L'ultimo calzolaio di Sott à la port
15 maggio 2016

Per le nuove generazioni rimarranno come ricordo solo le foto che pubblichiamo e che Francesco Paolo Sulpizio, maestro calzolaio, gelosamente conserva. Le immagini di un mestiere che va via via scomparendo, ma che gli ha permesso di vivere in maniera dignitosa e orgogliosa. Francesco, 77 anni, sposato, due figlie, meno male afferma - per la felicità di mia moglie – continua – spiegando come quest’ultima fosse contraria al fatto che un eventuale figlio maschio potesse continuato lo stesso lavoro del marito. Per fortuna non è un lavoro per donne. Uomo umile e con sani principi, Francesco sottolinea come l’incontro e il matrimonio con sua moglie siano la sua vera fortuna da oltre cinquant’anni. Maestro Francesco, maestro come ci hanno insegnato a rivolgerci nei confronti degli artigiani con quel senso di rispetto che si da a chi lavora con gli attrezzi, macchinari per la produzione di oggetti partendo dalla materia prima, realizzando quindi, le calzature su misura per i seminaristi. Oggi ricorda volentieri un episodio legato proprio ai seminaristi con i quali condivideva momenti di gioco e un incidente costatogli la punta di un dito per recuperare un pallone. All’epoca si sceglievano le pelli, il cuoio, da un’altra attività storica di Molfetta, Bellifemine, proprio nei pressi di “Sott à la port”, via Tenente Ragno, dove è sita da sempre la bottega del maestro Sulpizio. Infatti, dall’età di 9 anni il signor Francesco lavora come calzolaio, prima dal maestro Corrado Uva, poi da Francesco Iovino e infine in maniera indipendente, quando quest’ultimo partì per l’America e gli lasciò la bottega. Oltre sessant’anni di lavoro intrapreso dopo “due legnate” a scuola di cui ha ancora un fresco ricordo. Così, in seguito a quell’evento, il padre decise di portarlo al calzolaio. Un passo che molti facevano all’epoca, come ovvia conseguenza per chi voleva intraprendere l’attività artigianale. Francesco si appassiona fin da subito non solo alle riparazioni, ma anche alla realizzazione di scarpe su misura e alle cuciture fatte a mano. Lavorare bene, mantenere una famiglia, insegnare valori importanti, sono le soddisfazioni che Francesco ha ottenuto con sacrificio sia dal lavoro sia dalla vita. Proprio mentre parla con “Quindici”, c’è chi passa solo per un saluto, chi per lasciar del lavoro e la nipotina per salutare affettuosamente il nonno. Il maestro calzolaio si è iscritto alla Camera di commercio nel 1965, ed è costretto a pagare imposte più alte di quanto oggi si guadagna, a causa di un lavoro che è di gran lunga diminuito. Di conseguenza sarà costretto a chiudere l’attività. In passato, la tassazione era diversa, a forfait, superata quella soglia, era tutto guadagno. Un fatto curioso: c’è chi porta le scarpe che vengono riparate, ma stranamente mai più ritirate. Ormai da vent’anni il mestiere non si tramanda più, a poco a poco sta finendo e a Molfetta sono rimaste solo altre due botteghe, una a via Baccarini e l’altra a via Paniscotti. Ultimamente se ne è chiusa un’altra a via De Luca per motivi di salute dell’artigiano. A proposito di futuro per chi vuole intraprendere questa attività, c’è stata qualche richiesta di rilevarla? “Un giorno una donna si affacciò alla bottega del signor Francesco mostrando interesse, anche perché non si riesce a trovare lavoro in giro, poi, però, cambiò idea”. Sulpizio fa notare come anni fa, nei mesi di aprile e maggio, non si riusciva ad entrare in bottega tanto era il numero di persone in attesa. Ma si riparano ancora le scarpe o si gettano via? Oggi solo le calzature italiane e di un certo valore si riparano, le altre “cinesi” sono usa e getta. Arrivano in Italia scarpe che costano dai 6 ai 10 euro, che non si riparano più. Tempi duri anche per gli artigiani: prima avevano maggiori agevolazioni fiscali, anche la corrente elettrica era forfettaria, ora è diventato tutto più difficile e costoso. Il governo non agevola l’occupazione. Le importazioni hanno ridotto di gran lunga la possibilità per le aziende italiane di lavorare e questa vale anche per gli artigiani. Un cambiamento che ci porta a scrivere pagine come questa, che però lasciano un prezioso ricordo con un pizzico di nostalgia e di rimpianto per un mondo antico, sano e autentico, che scompare.

Autore: Leonardo de Sanctis
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