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L'Italia nella Grande Guerra: i delegati molfettesi presenti al convegno a Trani
21 ottobre 2014

MOLFETTA - Domenica 19 Ottobre si è tenuto presso la sala Ronchi della biblioteca comunale "G. Bovio" della città di Trani un convegno sul tema: "L'Italia nella Grande Guerra". L'incontro è stato organizzato dalle delegazioni provinciali di Bari, Bat e Foggia dell'Istituto per la Guardia d'Onore alle reali tombe del Pantheon (GdO), con il patrocinio dei comuni di Andria, Barletta, Corato e Trani. Gli insigni relatori sono stati presentati e moderati dal giornalista Franco Tempesta: prof. Nicola Neri, docente di "Storia della guerra e Istituzioni Militari" presso l'università degli studi di Bari "A. Moro" e il Comandante Dr. Ugo D'Atri, Presidente Nazionale GdO.

Con competenza ed efficacia dialettica il prof. Nicola Neri ha aperto il dibattito in merito alla posizione dell'Italia prima, durante e dopo la Grande Guerra. Ha ricordato al numeroso pubblico la giovane età della nazione Italiana, nata nel 1861, all'alba del conflitto. Periodo in cui il belpaese era considerato in maniera discorde dalle grandi potenze europee dell'epoca: ultima delle grandi potenze o prima dei paesi meno sviluppati? Nel 1914 il Regno d'Italia, anche se più che cinquantenne, agli occhi dell'opinione pubblica europea appariva come uno stato di seconda fascia, la cui unità territoriale non era data per scontata. La scelta di campo fatta nell'Aprile del 1915, con la firma del trattato di Londra, fu una decisa presa di posizione del paese contro il suo nemico storico, l'Impero Asburgico, reo di aver violato i patti della Triplice Alleanza. Infine la questione Caporetto. Il famoso sfondamento avvenuto sul fronte italiano, considerato secondario dagli alleati, fu un evento cruciale della guerra. Molti hanno parlato di catastrofe, sia in patria che all'estero. Ma a ben vedere, secondo il giudizio del prof. Neri, è stata una sconfitta come quelle subite dai Francesi e dai Russi sui loro rispettivi fronti. Qui l'aneddoto, con il re Vittorio Emanuele II che impone la linea difensiva sul Piave e non sul Mincio, come avrebbero voluto gli anglo - francesi. Il prof. Neri ha sottolineato l'importanza del raccontare la storia nazionale da se stessi, altrimenti lo faranno altri secondo i loro parametri ed il loro metro di giudizio. Ha chiuso l'intervento con la granitica frase: "L'Italia c'era, c'è e ci sarà!".

A corredo ha concluso il convegno il comandante Ugo D'Atri, che ha ricordato in maniera particolare i soldati al fronte: tra cui seicentomila caduti, seicentomila prigionieri, un milione e mezzo di invalidi di cui la metà permanenti. E tra i caduti il più alto tributo di sangue per regione è stato offerto da calabresi e sardi. Ha posto l'accento sul depauperamento che ha subito il significato della parola Patria, ormai ridotta a semplice vocabolo del dizionario, piuttosto che ad un alto ideale che fu proprio di quegli uomini e donne che combatterono e subirono gli effetti del conflitto. Tra i valorosi caduti per la patria il presidente ha ricordato con emozione la figura di Carlo Delcroix, cieco di guerra e grande invalido, primo presidente dell’ANMIG e di Enrico Toti, il ciclista disabile caduto in trincea. Ha concluso auspicando che l'istituto delle Guardie d'Onore e tutte le Associazioni Combattentistiche e d'Arma riescano nel difficile compito di trasmettere alle nuove generazioni la storia dei nostri avi, che tanto hanno sacrificato per il bene del paese.

Subito dopo il convegno, il gruppo si è portato presso la cattedrale di Trani per celebrare la santa messa in suffraggio dei caduti di tutte le guerre, presenziata da Mons. Savino Giannotti, vicario generale dell’arcidiocesi di Trani, Barletta, Bisceglie e Nazareth.

A questo interessante e stimolante incontro ha partecipato una delegazione di molfettesi in rappresentanza delle associazioni combattentistiche e d'arma: il combattente Pasquale Petroli, ultimo partigiano molfettese; Vincenzo Piccininni, presidente Associazione Nazionale Combattenti e Reduci; Sergio Ragno, presidente del Nastro Azzurro; Andrea de Gennaro, vice segretario Eredi della Storia. Tra le altre associazioni la Fondazione ANMIG Molfetta e Bersaglieri e Granatieri d’Italia, guidati dal generale Pasquale Stella.

La speranza delle associazioni combattentistiche e d'arma molfettesi è quella di portare questo importante convegno anche nella nostra città. Aprendo così una stagione di dibattito e confronto culturale in merito alla prima guerra mondiale, nell'ambito del festeggiamento del centenario della stessa. Con l’auspicio di coinvolgere sul tema il più ampio pubblico possibile, dalle scuole sino alle istituzioni; in particolare facendo conoscere le gesta degli eroi molfettesi nella Grande Guerra. Ricordiamo ai lettori che è attivo il sito dell'Associazione culturale Eredi della Storia: www.eredidellastoria.it

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- C A P O R E T T O!!!!!!!! Alle 2 di notte del 24 ottobre, puntualissimo, staffilante, cominciò il fuoco preparatorio delle artiglierie austro-tedesche, che rovesciarono migliaia e migliaia di granate di tutti i calibri sulle posizioni italiane…………Purtroppo, Badoglio s'era premurato d'impartire una disposizione categorica al comandante della sua artiglieria, che per ironia della sorte si chiamava Cannoniere: essa, qualunque cosa accadesse, non doveva sparare un colpo, se non a un suo ordine. Cannoniere prese alla lettera, poiché non era che un colonnello, la direttiva del suo generale, ignorando una tassativa prescrizione del Comando d'Armata, in base alla quale l'artiglieria doveva entrare in azione automaticamente in risposta al tiro avversario. Fu così che qualcosa come 700 magnifici cannoni, mirabilmente postati, non fecero sentire la più flebile delle voci, non soltanto per ribattere ai cannoni austriaci, ma neppure per contrastare l'avanzata delle colonne nemiche subito dopo l'alba. Queste scattarono tra le 7 e le 9 del mattino del 24 ottobre, favorite da una densa nebbia, e furono subito inarrestabili, travolgendo gli stupefatti reparti italiani. A Plezzo morirono a faccia min giù in mezz'ora 6.000 uomini della 50° Divisione, asfissiati, con buona pace del generale Capello che, proprio il giorno prima, aveva proclamato nero su bianco ai suoi Comandanti di Corpo d'Armata. “ E' stato detto che i gas che userà il nemico sono micidialissimi, che esercitano un'azione corrosiva, che irritano fortemente le mucose, ma queste sono solo voci. Ai soldati si dica e si ripeta che la nostra maschera è la migliore in uso in tutti gli eserciti e che nessun danno può risultare se viene impiegata.” Su 6.000 cadaveri dagli occhi sbarrati, attoniti, passò nell'alba l'intero gruppo misto Krauss,m lanciatissimo verso la strettoia di Saga. Alle 4 del pomeriggio di quello stesso 24 ottobre, dopo aver percorso 15 chilometri in meno di 7 ore, pur con qualche interruzione di marcia causata da sporadici combattimenti, le avanguardie della divisione “Alpenkorps” entrarono a Caporetto senza affatto aver preso di petto le montagne. Le truppe italiane, aggrappate ai massicci, videro, si, il nemico rotolare come piena di marea giù a valle, ma si stropicciarono gli occhi, incredule, come se stesse accadendo l'impossibile. E' fuori dubbio che la tragedia di Caporetto fu causate essenzialmente dal silenzio delle artiglierie del XXVII Corpo di Badoglio, il quale, tutto il giorno vagò da Cosi a Pusno, a Kambresco, a Liga, tutte sedi di sue unità, ma senza mai esercitarvi un effettivo comando. - C A P O R E T T O!!!!!!!!
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