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L'incoerenza liberatoria e il business del mattone
15 settembre 2008
Dall'11 al 13 febbraio 2008, si è tenuto l'ultimo consiglio comunale della prima amministrazione Azzollini. Il 13 febbraio il sindaco Azzollini annunciava al consiglio Comunale “che per rispetto alla normativa che considera ineleggibile a deputato o senatore un sindaco in carica, dove egli non si dimetta entro sette giorni dalla data di pubblicazione dello scioglimento delle camere, data di pubblicazione avvenuta il 6 febbraio, oggi è il 13 febbraio in questa giornata mi dimetterò”. Il 12 febbraio 2008 sul sito del quotidiano “Quindici on line” è stato pubblicato un articolo dal titolo “Molfetta, il consiglio comunale approva il nuovo piano per la zona industriale”. Nella rubrica “Hanno detto di questo articolo”, un cittadino ANONIMO MOLFETTESE ha scritto: “Ho saputo che nel corso della stessa seduta hanno eliminato la lista dei riservisti per quanto concerne l'assegnazione degli alloggi delle cooperative edilizie ? ... o mi sbaglio ? se fosse vero questa è una vera p……………. . E delle indagini della Magistratura a riguardo che succede? Perché gli organi di stampa locali pubblicano solo i comunicati stampa delle società sportive e non cose più serie che consentano ad un cittadino di giudicare l'operato dell'Amministrazione comunale?”. Nella seduta del 11 febbraio 2008, è stata assunta dal Consiglio Comunale la deliberazione n.17 avente ad oggetto “Modifica ed integrazione delle delibere C.C. nn.84/1998 e 108/2002 a seguito del recepimento della Legge n.136/1999”. Tale deliberazione, dichiarata immediatamente eseguibile, ha recepito con un ritardo di nove anni, la Legge n.136/1999, operando una sorta di sanatoria “dei procedimenti in corso sia amministrativi che sanzionatori” a carico di talune cooperative edilizie e nei confronti di quelle altre che avrebbero potuto eventualmente essere sanzionate se si fossero definiti con celerità i dovuti controlli, vanificando i principi e le finalità dei criteri imposti con la deliberazione consiliare n.108/2002. Nasce spontanea la domanda: “se la legge recepita è del 1999, perché la deliberazione consiliare n.108 del 2002 non ne ha tenuto conto ??”. La risposta è nella “brillante” ed esaustiva relazione allegata alla deliberazione consiliare n.108 del 18 aprile 2002, con la quale il consiglio comunale, sindaco Tommaso Minervini, approvava i criteri di assegnazione delle aree da concedere per l'edilizia sovvenzionata, l'edilizia agevolata ed edilizia convenzionata, edilizia residenziale pubblica, del cui verbale consiglio una attenta lettura. Nella relazione il repubblicano assessore all'Urbanistica avv. Pietro Uva esordisce: “... Innanzitutto, necessita osservare la non obbligatorietà della applicazione integrale delle disposizioni statali e regionali in materia di attuazione dell'edilizia residenziale pubblica
dal finanziamento statale o regionale. Atteso che risulta incontestabile che l'interessata normativa (ci riferiamo ai DD.PP.RR. 1035 e 1036 del 1972; alla legge 457/78; alla legge 179/92; alla legge 136/999 e alla stessa delibera regionale del 27/12/96) riguarda solo l'edilizia residenziale pubblica che fruisce del contributo statale e regionale - nel mentre la edilizia che dovrà insediarsi nel P.d.Z 167 è quella non fruente di alcun intervento finanziario da parte della Regione o dello Stato, per il semplice fatto che il piano decennale (L.457/78) non è stato più finanziato. Ciò vuol dire che la suindicata normativa può essere applicata solo in via sussidiaria. In dottrina si potrebbe tranquillamente affermare che per la nostra fattispecie non sussiste una norma imperativa, ma più realisticamente la necessità di disciplinare una materia che, al contrario, permetterebbe molti tentativi di speculazione da parte di faccendieri, atteso che, in ogni caso si tratta di edilizia residenziale pubblica per la quale comunque si utilizza un'area a prezzo comunque inferiore, seppure di poco, al valore di mercato”. A seguito di tale deliberazione, il Bando per l'assegnazione delle aree del P.d.Z. 167, approvato con determinazione dirigenziale n.296 del 06.08.2002 del Settore Territorio, aveva imposto che i soci delle cooperative edilizie escluse dall'assegnazione di aree e quelli che non fossero risultati assegnatari nelle rispettive cooperative all'atto della scelta dell'unità edilizia, potessero essere inseriti, su domanda, in una graduatoria comunale dalla quale i presidenti delle cooperative assegnatarie di suoli dovevano obbligatoriamente attingere nel caso di sostituzioni dei soci indicati nella domanda di partecipazione al Bando. Quindi la volontà politica consiliare si era così espressa al fine di evitare le inevitabili speculazioni che tutti conoscono, il noto “ficc e sficc” del mattone, che aveva consentito alle cooperative edilizie “non proprio sane” di aggirare i vincoli in materia di edilizia agevolata, che di fatto non era più né agevolata, né economica e né popolare, e di vendere al miglior offerente a mò di favore. Non solo, ma l'assegnazione del punteggio alle cooperative istanti era data dall'anzianità della cooperativa e dall'anzianità media dei soci indicati dal presidente di cooperativa nella domanda di assegnazione dell'area. Infatti proseguiva l'assessore Uva nella prefata relazione che le modifiche introdotte trovavano il loro fondamento nella esigenza di: “...... Lasciare alle cooperative la scelta di indicare il numero dei soci che parteciperanno al bando, ovviamente in numero non inferiore agli alloggi da costruire, non obbligando le cooperative ad avere, anche in modo artificioso una figura giuridica (quella dei soci riservisti in misura pari ad almeno il 50% dei soci prenotatari) non applicabile al caso di specie. Tale scelta è imputabile all'inopinabile divieto di creare all'interno di una Cooperativa i soci riservisti, alla pacifica inapplicabilità della norma applicabile per la erogazione di finanziamenti pubblici, alla chiara volontà politica che i soci anziani fossero usati al solo scopo di acquisire anzianità per far posto a quelli che aspettano la casa da meno tempo, alla chiara volontà di evitare che alcune Cooperative non proprio sane si fornissero di soci raccogliticci pur di partecipare al bando, al dichiarato intento di rendere maggiormente verosimile la possibilità di accedere dalla graduatoria comunale, privilegiando, in concerto, il solo principio che ci ha guidato, privilegiare quei cittadini che anelano al bene casa da maggior tempo”. Tali principi sono stati “rinnegati” dalla deliberazione consiliare n.17 del 11 febbraio 2008, con la quale è data facoltà ai presidenti di cooperative edilizie assegnatarie, in caso di sostituzione dei soci indicati nella domanda relativa al bando di assegnazione delle aree, di utilizzare i soci che non hanno partecipato al bando e di potere, e non dovere, attingere alla graduatoria generale comunale. L'obbligo di attingere alla graduatoria comunale, quindi, è diventata una mera facoltà che verosimilmente non sarà conveniente esercitare, con inevitabile perdita e a danno del diritto acquisito da quei cittadini che anelano al bene casa da maggior tempo. Ma ciò che stupisce, per le ragioni che in seguito si esporranno, il consiglio comunale ha deliberato che tale facoltà avesse effetto già con i “procedimenti in corso sia amministrativi che sanzionatori, operando le consequenziali integrazioni e modificazioni” e di “disporre che il provvedimento abbia valore di direttiva precettiva per i competenti uffici”. A tal scopo andrebbe verificato se corrisponde al vero che talune cooperative abbiano atteso, appunto, tale provvedimento consiliare, di cui si vociferava da tempo, per non essere più soggette a verifica, ritardando l'invio degli atti notarili di assegnazione definitiva degli alloggi. Quindi un provvedimento assunto, è solo un caso, da un consiglio comunale che sarà sciolto di lì a pochi giorni, in prossimità dell'apertura della campagna elettorale politica e amministrativa, con l'intervento di un solo consigliere, senza dibattito né confronto politico, e senza soprattutto la cautela di un parere dei Revisori dei Conti per quanto riguarda un eventuale danno erariale conseguente alla sanatoria delle sanzioni amministrative. La questione non è di poco conto, se si considera che tale deliberazione consiliare ha l'effetto di “liberalizzare” il mercato delle cooperative edilizie “non proprio sane”, contravvenendo ai principi affermati dall'assessore Uva nella succitata relazione. Infatti, (mi auguro di essere smentito), si consente di sanare le situazioni delle cooperative assegnatarie che avevano inserito nuovi soci, non indica-ti nella domanda di partecipazione al bando, che hanno “acquistato” l'appartamento a tutto danno dei soci, delle cooperative non assegnatarie, inseriti nella graduatoria comunale e/o di vendere legittimamente gli appartamenti ad altri soggetti da reperire in qualità di soci. Non è un caso che voci ricorrenti affermano che sono palesemente ritornate sul mercato appartamenti da acquistare da cooperative edilizie ormai “libere”. E' la conseguenza delle “integrazioni e modificazioni” dell'impianto politico e regolamentare dei criteri della valutazione dei punteggi della graduatoria delle cooperative assegnatarie (vedi la vanificazione del punteggio attribuito alla media di anzianità dei soci, indicati nella istanza di partecipazione al bando, aspiranti all'alloggio), che rende illegittime la graduatoria e le deliberazioni di assegnazioni delle aree, è forse la “reazione” alla proposta del 4 dicembre 2007 dello scrivente, di verifica sul procedimento amministrativo di “Formulazione dei punteggi” della graduatoria delle cooperative assegnatarie, pubblicata su Quindici il 15 giugno 2008, ignorata dal consiglio comunale. E' forse la restaurazione legittimata di quelle “buone pratiche”, il libero “ficc e sficc”, che l'assessore repubblicano Pietro Uva dichiarava nella sua relazione di aver voluto eliminare con i criteri approvati con la deliberazione consiliare n.108/2002, e che, a seguito dei numerosi articoli di stampa sulle denunce di cittadini e sulle indagini della magistratura, avrebbe dovuto indurre molta cautela politica. La deliberazione consiliare n.17 del 11 febbraio 2008, dopo essere stata “ben confezionata”, è stata approvata con appena 16 voti favorevoli e due astenuti (il consigliere repubblicano De Gennaro, e il consigliere forzista Annese), e di certo lo spettacolo dato dal consiglio comunale non è stato dei più qualificanti. L'argomento è stato introdotto con una brevissima relazione del repubblicano assessore all'Urbanistica avv. Pietro Uva, forse dimentico della relazione debitamente sottoscritta e allegata alla deliberazione consiliare n.108/2002, con la quale “valentemente” aveva sostenuto che la normativa, tra cui la legge 136/1999, “non costituisce una norma imperativa e può essere applicata solo in via sussidiaria”; che “in dottrina si potrebbe tranquillamente affermare che per la nostra fattispecie non sussiste una norma imperativa, ma più realisticamente la necessità di disciplinare una materia che, al contrario, permetterebbe molti tentativi di speculazione da parte di faccendieri”. Lo stesso ha esordito, affermando testualmente,: “Questa deliberazione costituisce un mero adeguamento e recepimento di una normativa statale da un lato, e dall'altro costituisce anche un provvedimento di razionalizzazione, se così possiamo definirlo, della materia inerente l'edilizia residenziale pubblica. ....”, con la quale ha proposto al consiglio comunale “soltanto di adeguare e recepire la normativa regolamentare ad una norma di legge per il semplicissimo motivo che, come sanno benissimo i consiglieri comunali, una norma regolamentare può essere interpretativa o quanto meno può essere più restrittiva come lex specialis rispetto alla legge nazionale, ma non può essere in contrasto con la legge dello Stato”. Quindi l'assessore Uva, dopo sei anni, ha asserito che la normativa regolamentare deliberata con il provvedimento consiliare n.108/2002 era in contrasto con la legge dello Stato, per cui l'iter procedurale conseguente a tale provvedimento dal 2002 ad oggi è in contrasto con la legge dello Stato, per cui è illegittimo. Dopo aver assegnato suoli a circa cinquanta cooperative, dopo che si è edificata gran parte della nuova 167, dopo tutto quello che si è appreso dai giornali sullo “scandalo” dell'edilizia, l'assessore ha “scoperto” che la normativa regolamentare da lui proposta era contraria alla legge dello Stato. Terminata la relazione dell'assessore repubblicano avvocato Uva, è stata aperta la discussione ed è seguito il solo intervento dell'allora consigliere d'opposizione avv. Caputo Mariano, oggi assessore ai Lavori Pubblici, che da valente avvocato ha sostenuto la legittimità del provvedimento da assumere (non è dato sapere se per l'opposizione o per la maggioranza o per se stesso, essendo stato l'unico consigliere ad intervenire, su ventidue consiglieri presenti in apertura della discussione). L'intervento del consigliere Caputo, di cui si riportano alcuni stralci (“Io voglio evidenziare all'amministrazione che forse era giunto il momento che si arrivasse a chiarire, e nello stesso tempo porre fine, a un vizio interpretativo che era riportato nei vari atti in quanto è chiaro che la legge 136, articolo 2, del 99, non è che entri in applicazione oggi. E' entrata in applicazione l'anno 1999. ........ Ma è anche bene che immediatamente dopo, e lo pongo come attenzione all'amministrazione, si metta mano alle graduatorie, si metta mano a riformare quelle graduatorie. Io ho già detto in una mia precedente nota all'amministrazione, perché altrimenti saremo incongruenti rispetto al deliberato, o di riformare attraverso i dettati previsti dalla legge regionale 54 perché ce lo ha obbligato il TAR, oppure predisporre tutto l'iter amministrativo per fare un nuovo bando che tenga conto questa volta della 136...........”), ha, in sintesi, per quanto è dato capire, evidenziato che quanto sostenuto dal collega avvocato Pietro Uva nella relazione allegata alla deliberazione n.108/2002 fosse illegittimo e che i bandi e la conseguente graduatoria comunale fossero viziati di illegittimità, e quindi dovrebbe desumersi che i provvedimenti amministrativi susseguenti e la relativa azione amministrativa posta in essere dall'assessore Uva dal 2002 in poi fosse viziata di illegittimità, concludendo con la sua dichiarazione di voto favorevole. Questo in sintesi e per brevità di spazio. Se così non è, invito l'assessore Uva e il consigliere, oggi assessore, Caputo a chiarire, in pubblico contraddittorio, il senso dei loro interventi, anche perché considerato il mancato riscontro da parte del Consiglio Comunale della mia diffida di verifica della graduatoria e dei punteggi assegnati alle cooperative, ritengo che l'intera questione sia destinata inevitabilmente ad essere chiarita in ben altre sedi. Dopo di che il presidente del Consiglio Comunale ha chiesto se vi erano altri interventi e avendo verificato che non ve ne erano, cioè su un provvedimento consiliare di tal fatta politica non si sono registrati altri interventi né per discussione generale, né per dichiarazione di voto, nemmeno quello politicamente dovuto, a sostegno del provvedimento, dal capogruppo consiliare del partito di maggioranza o, per coerenza politica, da quei consiglieri che nel 2002 avevano votato favorevolmente la deliberazione n.108 su proposta dell'assessore UVA, ha posto in votazione la proposta di deliberazione, che è stata approvata all'unanimità: 18 consiglieri favorevoli, 0 contrari e 0 astenuti. Dopodiché il presidente ha concesso la parola al consigliere (sindaco) avvocato sen. Antonio Azzollini, che ha chiesto una inversione dell'ordine del giorno. E' seguito l'intervento del consigliere avvocato Caputo Mariano che, non considerando la richiesta del consigliere (sindaco) avvocato Azzollini, ha chiesto “l'immediata esecutività della delibera così come approvata”. E' chiaro che effettuata la votazione e proclamatone l'esito, stante la proposta del consigliere (sindaco) avvocato Azzollini, il presidente avvocato Nicola Camporeale, avrebbe dovuto respingere la richiesta del consigliere Caputo e porre in votazione la richiesta di inversione dell'ordine del giorno (Art.13, quarto capoverso, del Regolamento Interno). Invece, senza chiedere al consigliere-sindaco se intendeva ritirare la proposta di inversione dell'ordine del giorno, il presidente avvocato Camporeale, ha posto solertemente in votazione l'immediata esecutività della delibera che è stata approvata all'unanimità: 18 consiglieri favorevoli, 0 contrari e 0 astenuti. E' dopo la proclamazione di tale ultima votazione, che pare si sia verificato un fenomeno paranormale: (il Sindaco chiede una verifica delle votazioni innanzi effettuate avendo rilevato che due consiglieri comunali, de Gennaro e Annese non hanno espresso il voto, quindi si sarebbero astenuti). Con estrema solerzia, il presidente: “Per evitare che ci siano problemi nella verbalizzazione io ripropongo la votazione del punto all'ordine del giorno numero 6”. Orbene, considerato che i consiglieri De Gennaro e Annese non sono intervenuti, né hanno chiesto che si facesse menzione nel verbale della loro astensione (art. 12, quinto capoverso del RegolamentoInterno), e che una eventuale contestazione/ verifica del risultato della votazione avrebbe dovuto essere, seduta stante, chiesta dagli stessi consiglieri, il presidente non poteva imporre né la votazione sulla immediata esecutività, né una seconda votazione su un argomento dichiarato approvato e quindi esaurito, per quanto impone l'art.29 del Regolamento Interno che impone: “L'affare posto in discussione può essere approvato, respinto, rinviato, approvato con modifiche. Si intende approvato l'argomento che, dopo esaurita l'eventuale discussione, è posto in votazione ed ha ottenuto la maggioranza legale dei voti”. Ciò nonostante, la votazione è stata effettuata, si ritiene per alzata di mano e non per appello nominale (art.33 del Regolamento Interno) visto che è stata chiesta dal consigliere (sindaco) Azzollini la verifica della votazione già effettuata, e la delibera è stata approvata non più all'unanimità, ma a maggioranza: 16 consiglieri favorevoli, 0 contrari e 2 astenuti (Annese, De Gennaro). Dopodiché il presidente: “Sempre su proposta del Consigliere Caputo per l'immediata esecutività” pone quest'ultima in votazione. Effettuata la votazione, la immediata esecutività risulta approvata non più all'unanimità, ma a maggioranza: 16 consiglieri favorevoli, 0 contrari e 2 astenuti (Annese, De Gennaro). A tal punto si registra, l'intervento del segretario generale: “Chiedo scusa, proprio sulle modalità di votazione. Il presidente aveva dichiarato la deliberazione approvata alla unanimità quindi in quel momento coloro che si erano astenuti avrebbero dovuto fare rilevare al presidente la cosa”. Il presidente: “Va bene, ormai abbiamo messo tutta la verbalizzazione a posto”. Pur essendo chiusa la discussione ed esaurito l'argomento, si registra l'intervento del consigliere - sindaco Azzollini: “Segretario chiedo scusa, chieda ai due consiglieri che cosa avevano fatto già alla prima votazione”. Consigliere Annese: “Io mi ero astenuto .....”. Il presidente: “Abbiamo rifatto la votazione ed è quella definitiva che è valida per la verbalizzazione”. L'intervento del segretario generale, nella fattispecie verbalizzante, dovuto ai sensi e per gli effetti dell'art.19 del Regolamento comunale sull'Ordinamento Generale degli Uffici Comunali, avrebbe dovuto essere recepito dal Presidente del Consiglio al fine della legittimità del procedimento della votazione della deliberazione, in quanto riferito all'osservanza dell'articolo 12, quinto capoverso, del Regolamento Interno che impone: “Delle astensioni deve essere chiesta ed inserita menzione espressa a verbale”. La competenza a chiedere ai consiglieri astenuti cosa avessero fatto “già alla prima votazione” è del presidente del Consiglio e non del segretario verbalizzante. In ultimo, di certo v'è che del consigliere De Gennaro non è stata registrata alcuna dichiarazione sulla sua avvenuta astensione nella prima votazione; a tal riguardo è appena il caso di rammentare, per quanto è dato sapere, che il consigliere repubblicano De Gennaro Giovannangelo votò favorevolmente la deliberazione n.108/2002, il cui verbale vale la pena di leggere attentamente alla luce di tutto quello che è successivamente avvenuto. Mi scuseranno i lettori per essermi dilungato sui vari interventi, ma solo la descrizione puntuale dei fatti può evidenziare la gravità dell'accaduto. Posso affermare, per quanto riguarda la mia ventennale esperienza consiliare, che mai è avvenuto che il presidente della seduta abbia ri - posto in votazione un argomento dichiarato approvato all'unanimità e senza alcuna preventiva contestazione e quindi esaurito, con l'avvenuto passaggio della discussione all'argomento successivo (proposta di inversione dell'ordine del giorno), né può avere credito che due consiglieri comunali “non hanno espresso il voto”, conoscendo l'organizzazione, la professionalità e l'esperienza dello staff burocratico che coadiuva il presidente del consiglio e il segretario generale nel costante controllo delle presenze e dell'esito delle votazioni. Ricordo che la primaria attenzione mia e dei colleghi consiglieri comunali di quegli anni era rivolta al rispetto dell'articolo 31 del Regolamento Interno che impone: “L'astensione dei consiglieri dal prendere parte alle deliberazioni e cioè alla discussione e votazione delle relative proposte perché interessati a norma di legge, importa l'obbligo di uscire dalla sala”. Tutti i consiglieri interessati a norma di legge devono uscire dalla sala consiliare perché non possono partecipare né alla discussione, né alla votazione delle singole proposte. Considerato che i consiglieri De Gennaro e Annese sono restati in sala consiliare e risultano presenti - astenuti nella successiva votazione, si deve supporre che gli stessi non versino nella situazione di cui all'articolo 31 del Regolamento Interno. Tale “astensione” dovrebbe quindi essere considerata di tipo politico, cioè manifestazione di dissenso o di parziale condivisione dell'argomento da votare, la cui approvazione si intende lasciare alla responsabilità politica degli altri consiglieri, ed è solitamente anticipata con una dichiarazione di voto, vedi articolo 12, quinto capoverso, del Regolamento Interno che impone: “Delle astensioni deve essere chiesta ed inserita menzione espressa a verbale”. Perciò appare politicamente incomprensibile, considerato che tali consiglieri sono entrambi di maggioranza, che il sindaco Azzollini con “grande attenzione” abbia rilevato che i due consiglieri “si sarebbero astenuti” perché non hanno espresso il voto. Di certo, il sindaco dell'amministrazione comunale proponente l'argomento in discussione (art.16 del Regolamento Interno), ha l'interesse politico che il provvedimento sia votato innanzitutto da tutti i suoi consiglieri di maggioranza e che riscuota un ampio consenso, diversamente l'astensione o il voto contrario di questi rappresenterebbe un palese dissenso (sfiducia) nei confronti della sua azione politico - amministrativa. V'è anche che le due astensioni, di cui deve essere chiesta ed inserita menzione espressa a verbale, che a detta del sindaco si sarebbero manifestate con la non espressione del voto, non sono state rilevate né dal Presidente, né dal segretario verbalizzante, né dai preposti a coadiuvarlo, per cui l'interpretazione del sindaco che i consiglieri si sarebbero astenuti perché “non hanno espresso il voto”, appare rientrare nella fenomenologia “paranormale”: Come possono essere stati considerati favorevoli ben due consiglieri, che non hanno espresso il voto, (nella conta dei 18 consiglieri favorevoli, una conta facile considerata la presenza di solo diciotto consiglieri: il nostro consiglio comunale conta ben trentuno consiglieri), appare di certo un mistero. L'arcano potrebbe forse essere disvelato dalla lettura dell'art.78 del Testo Unico degli Enti Locali (DPR 267/2000) che prescrive che gli “amministratori”, compresi sindaci, consiglieri, assessori, ecc.) “devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti sino al quarto grado”. (Tale obbligo non ammette deroghe o eccezioni, e sussiste anche quando l'astensione non avrebbe alcun apprezzabile esito per il calcolo della maggioranza - TAR Sicilia - Sezione di Catania, I, n.2453/2005). L'assessore Pietro Uva, in un articolo pubblicato il 29 novembre 2007 dalla Gazzetta del Mezzogiorno dal titolo “Cooperative edilizie a Molfetta giorni contati per i furbi”, che andrebbe riletto alla luce degli attuali avvenimenti, precisava: “Pur nel rispetto della magistratura, mi preme sottolineare che il monitoraggio e la verifica, sia dei requisiti che delle condizioni del bando, è rigorosa e sistematica al fine di tenere la situazione continuamente sotto controllo, tanto è che più volte gli uffici hanno inviato comunicazioni a tutte le cooperative per verificare che i soci assegnatari corrispondessero a coloro che hanno partecipato al bando”. Pertanto, al fine di verificare se i furbi abbiano avuto i giorni contati e non si siano candidati loro, i parenti o i consulenti, nel pieno rispetto della legge sulla trasparenza amministrativa, (vedi pubblicazione dell'Anagrafe dei Soci delle Cooperative Edilizie), chiediamo al sindaco, rieletto, e all'assessore all'Urbanistica, rinominato, di rendere note le cooperative edilizie e i soci non indicati nel bando divenuti assegnatari, che avrebbero beneficiato della sanatoria “dei procedimenti in corso sia amministrativi che sanzionatori”, di rendere noto l'importo complessivo delle sanzioni economiche sanate, e se vi siano stati provvedimenti di risoluzione delle convenzioni. E' un atto dovuto, a dirla come il consigliere Caputo nel suo intervento, per “porre definitivamente trasparenza su tutto il procedimento amministrativo che consenta di sbloccare anche le assegnazioni degli altri comparti dando per certo una graduatoria nuova che sia valida a tutti gli effetti di legge .......”, che costituisce il preludio di ben altri “edificanti” provvedimenti amministrativi che potranno implementare il business del mattone e la pervicace cementificazione della città. Dopo di che, mi creda, dico all'assessore Uva, che conosco sin da adolescente, quando mi chiese di iscriversi al glorioso Partito Repubblicano di Molfetta con una intensa e successiva militanza che gli valse il nomignolo di “ideologo del partito”, che vi sono occasioni che impongono un atto di coerenza politica, e questo per potersi guardare allo specchio.
Autore:
Franco Altomare
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