L’Europa contro il fascismo
Un gigante dai piedi d’argilla: è questa l’immagine che percepiamo oggi dell’Europa e che fa crescere scetticismi e sovranismi, confondendo le idee ai cittadini, spingendoli ad abbandonare questa istituzione. Ma il sovranismo oggi va inteso come nuovo e pericoloso fascismo che si va facendo strada non nella testa della gente, ma nella pancia, con tutti i rischi che questo comporta. In realtà, proprio la difficile situazione economica, dovuta principalmente alla globalizzazione, dovrebbe spingere i popoli del Vecchio Continente a rafforzare l’Unione Europea, unico argine possibile a questo fenomeno economico che nessun Paese può affrontare da solo. Uscire dalla moneta unica e dalla Ue comporterebbe più problemi che vantaggi. Ne è una dimostrazione quello che sta avvenendo in Gran Bretagna con il problema della Brexit e col caos che sta generando. E Londra non ha aderito alla moneta unica. Immaginate cosa significherebbe per un Paese come l’Italia che ha adottato anche l’euro. Il cocktail del populismo e del sovranismo, che in Italia ha la sua concreta espressione nell’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega Nord, sta provocando effetti devastanti. Anche perché il primo scarica contro le istituzioni europee la protesta del “popolo” contro élite nazionali sempre più deboli, considerate al servizio dei tecnocrati internazionali. Il secondo, invece, accusa Bruxelles di provocare una progressiva riduzione delle sovranità nazionali che, in realtà, sono provocate dalla globalizzazione. Entrambi i movimenti hanno lo stesso metodo di azione politica: la ricerca del nemico, del capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe. E si ritrovano così accomunati dalla lotta alla Ue e al rifiuto di migranti stranieri, di rom e altri “nemici” esterni. E la pancia dei cittadini reagisce istintivamente, annebbiando il cervello e impedendo un’analisi reale dei problemi del nostro tempo. Nessuno dice che proprio il problema dei migranti può essere risolto con una maggiore cooperazione fra i Paesi europei: la ricetta, quindi, è maggiore Europa. Una soluzione che, però, ai sovranisti non piace, perché crollerebbe tutto il castello di sabbia della loro politica e della loro avanzata in Europa. Ma non va dimenticato un particolare importante: sovranismo equivale a fascismo, facendoci dimenticare la lezione della storia che ha visto scoppiare due guerre mondiali proprio in Europa a causa del nazionalismo esasperato che ha infiammato gli animi e portato alla corsa alle armi. Gli euroscettici sovranisti alla Salvini, cercano di far passare le loro idee come protesta per la mancata realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, speculando su un malessere reale come quello dell’erosione della sovranità popolare. Questo è avvenuto in realtà con la globalizzazione fenomeno mondiale che nessun Paese può affrontare, né tantomeno governare da solo, perché il mondo è ormai sempre più interconnesso. Puntando alla nazionalizzazione della politica, infatti, il risultato non sarà quello di ripristinare la sovranità nazionale, bensì quello di spingere le forze della globalizzazione a ridurre ancora di più le sovranità dei vari Stati. I sovranisti utilizzano l’Europa come nemico da abbattere, ma in realtà non vogliono un’Europa diversa e migliore, che vanificherebbe la loro presenza. Per cui vengono preferite motivazioni simbolico-culturali alle più razionali economico-sociali. Un grande bluff, insomma, per prendere in giro la gente e raggiungere o restare al potere. E, allora, quale migliore elemento simbolico che quello dell’ostilità verso gli stranieri e i migranti in particolare? La drammatica crisi economica di cui l’Italia soffre da anni, rende più facile far passare demagogiche soluzioni, che, se adottate, farebbero precipitare l’Italia nel baratro, isolandola ancora di più. Come ha detto recentemente ghi, presidente della Bce, la Banca centrale europea, non va confusa l’indipendenza con la sovranità: rinunciare a quote della prima aiuta a difendere la seconda, l’Unione europea non è un nemico che limita l’indipendenza degli Stati nazionali ma un alleato che ne rafforza la sovranità. Bisogna evitare che l’Europa sia solo un luogo geografico esasperando un nazionalismo (o sovranismo come oggi si definisce) che ha provocato due guerre mondiali proprio alimentare dal fanatismo nazionalistico, che si è tradotto nel nazi-fascismo. E i danni del sovranismo non sono visibili sono in Europa, ma vanno considerati anche alla luce di quanto sta avvenendo negli Usa con un pagliaccio come Trump che è arrivato fino alla Casa Bianca, una cosa impensabile fino a qualche anno fa. Tra l’altro l’ombrello dell’America copre sempre di meno il Vecchio Continente, per cui solo una soluzione sempre più federale, può arginare il tentativo dello stesso Trump e del russo Putin di “ingoiare” l’Europa. Possibile che sia così difficile da comprendere una realtà così elementare? «Bisogna distruggere e bandire per sempre il dogma della sovranità perfetta […]. Lo si può e lo si deve fare, perché esso è falso, irreale […]. La verità è il vincolo, non la sovranità degli stati. La verità è l’interdipendenza dei popoli liberi, non la loro indipendenza assoluta […]. Lo stato isolato e sovrano, perché bastevole a se stesso, è una finzione dell’immaginazione […] non esistono stati perfettamente sovrani, ma unicamente stati servi gli uni degli altri; uguali e indipendenti perché consapevoli che la loro vita medesima, che il loro perfezionamento sarebbe impossibile se essi non fossero pronti a prestarsi l’un l’altro servigio». «Se di qualcosa dobbiamo lamentarci è di non avere proceduto abbastanza sulla via dell’abdicazione alla sovranità». I problemi derivanti dall’anarchia internazionale e dalla scarsità di risorse non si risolvono con il dominio del mondo, ma con la cooperazione pacifica. Lo diceva già nel 1918 Luigi Einaudi quando in riferimento alla Società delle Nazioni, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale considerava che la «via d’uscita » non sarebbe potuta essere una «società di nazioni», ma una «federazione economica ». E così, in un saggio del 1943, ha preso in considerazione i problemi connessi alla questione monetaria: «La rinuncia degli Stati singoli federati al diritto di emissione sarebbe per essi garanzia efficace di buona finanza. Quando uno stato non può ricorrere, sotto nessun pretesto, al facile mezzo di procacciarsi entrate col torchio dei biglietti, esso sarà costretto a fare una buona finanza. Imposte e prestiti rimangono le sole maniere di entrata a sua disposizione; e ai prestiti lo stato non può ricorrere se non entro i limiti nei quali sappia procacciarsi la fiducia dei risparmiatori, ossia quando faccia una buona finanza». Diviene in tal modo impossibile il «malgoverno della circolazione entro i limiti dei singoli Stati; ed è tolta così di mezzo una causa potente di inflazione, con le conseguenze antisociali che ne derivano e sono stati la causa più importante degli sconvolgimenti politici e sociali europei dopo il 1914». E oggi, a distanza di un secolo, stiamo ancora a discutere dell’utilità di un’unione monetaria. Nel marzo del 1954, Einaudi ha aggiunto: «Nella vita delle nazioni di solito l’errore di non saper cogliere l’attimo fuggente è irreparabile. La necessità di unificare l’Europa è evidente. Gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza […]. Solo l’unione può farli durare. Il problema non è fra l’indipendenza e l’unione; è fra l’essere uniti o scomparire […]. Il tempo propizio per l’unione è soltanto quello durante il quale dureranno nell’Europa occidentale i medesimi ideali di libertà. Siamo sicuri che i fattori avversi […] non acquistino inopinatamente forza sufficiente a impedire l’unione; facendo cadere gli uni nell’orbita nordamericana e gli altri in quella russa?». Profetiche parole, del secondo presidente della Repubblica italiana, da tenere a mente per comprendere quello che sta accadendo oggi e i pericoli a cui andiamo incontro. Ecco perché l’Italia ha bisogno dell’Europa per crescere economicamente e per difendersi dalla globalizzazione: quale potere negoziale avrebbe andando da soli? L’autarchismo fascista ha prodotto più danni della stessa Guerra mondiale. Non dobbiamo commettere lo stesso errore. Fuori della Ue saremmo comunque condizionati dalle misure di Francoforte, senza poter dire la nostra o condizionare le scelte economiche. Per questo occorre scommettere sui giovani (abbiamo fatto un’inchiesta, che trovate nelle altre pagine, per registrare le loro opinioni). Essi credono nell’Europa che ha permesso loro di viaggiare conoscere e scambiare culture, modificando anche le loro prospettive di vita, formazione e lavoro. A questa generazione abbiamo dato poco, non togliamogli di più. Lasciamoli vivere i loro sogni, aiutandoli a farli divenire realtà. © Riproduzione riservata
Autore: Felice de Sanctis