Si accrescono sua sponte i dissensi contro il Governo centrale, a volte placati con la scure della forza, come accaduto per lo sciopero dello scorso 14 novembre (scontri e sangue in molte città italiane).
Qualcuno inizia a capire quanto incoerenti e meschini siano state le manovre strangola-cittadini e salva casta-parassiti del Governo Monti. Persino la Corte dei Conti. Sembra ormai lapalissiano che la sola rigorosa inflessibilità governativa non schiaccerà la crisi, anzi potrebbe alluvionare l’intera nazione di fronte ai continui aumenti e ai salari fermi da oltre 10 anni.
Monti non potrà mai essere il salvator funestatae patriae se in Parlamento si appoggia sugli stessi figuri che l'hanno affossata nei decenni scorsi. Non solo, ma il professore è espressione di quel mondo tecnocratico, lautamente retribuito, che è sempre stato collaterale e funzionale alla casta dei politici e ai suoi interessi. Tra l’altro, per molti cittadini ha dismesso nel 2012 gli abiti del pater decisionis patria, mascherandosi da mediator tra gli interessi della casta politica (conservazione di tutti i più discutibili privilegi, dalle pensioni d'oro ai vitalizi) e quelli della tecnocrazia bancaria internazionale ed europea, che non intende perdere i quattrini investiti nel debito pubblico italiano, cercando anche di chiudere qualche buon affare di fronte alle svendite degli asset industriali e culturali di pregio ancora in dotazione.
L'economia italiana sta andando comunque a rotoli, i consumi si riducono, la produzione e le commesse si contraggono sempre di più: di conseguenza, di fronte alla stretta creditizia bancaria, chiudono gli impianti industriali, gli esercizi commerciali, le fabbriche medio-piccole che non hanno la capacità di sopravvivere, nonostante abbiano attinto ai fondi messi a disposizione dalla BCE a tassi veramente insignificanti.
La stessa Corte dei Conti ha riconosciuto che sarà difficile, anzi pressoché impossibile, raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, perché le stangate affossano l’economia e, quindi, il gettito tende a diminuire nonostante l’aumento delle tassazioni. Di contro, proprio quest’ultimo, funziona come ulteriore fattore depressivo. Questo si è verificato in Asia negli anni ’90, in Sudamerica all’inizio del secolo XX, in Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo e anche, sia pure a un diverso livello, nei Paesi più ricchi nel 2012.
È quasi empiricamente dimostrato che la sottrazione di diritti del lavoro, la diminuzione dei salari e la precarizzazione, condite dall'attacco al welfare, peggiora i conti invece di migliorarli. Purtroppo, la politica montiana ha macellato l’unica categoria che, ad oggi, non ha nessun potere: il popolino. Conseguenza inevitabile e scontata: la recessione.
Se lo Stato, attraverso mille forme di prelievo forzoso e slegato da qualsiasi criterio di progressività (es. gli aumenti della benzina e anche la lista delle estorsioni legalizzate orizzontali), prosciuga la capacità di acquisto dei propri cittadini, anche sui beni essenziali, la macchina produttiva, composta da decine di migliaia di piccole imprese, si bloccherà inevitabilmente, smorzando l’occupazione di centinaia di migliaia di operai, impiegati, commessi, commercianti, ecc.
Il risparmio e l'aumento di prelievo, che hanno paralizzato i consumi e generato recessione, sono stati utilizzati per pagare i maggiori interessi sul debito e per continuare a reggere economicamente tutti i privilegi della casta statale (non certo per incentivare la produzione).
Anche i tedeschi ora costatano che l'Italia con questo governo non ha attuato alcuna vera riforma economica di sviluppo (opinione sottaciuta in Italia). In particolare, niente è stato fatto per favorire l'aumento delle rendite da lavoro e l'abbattimento delle rendite di posizione tipiche delle caste. Se due quotidiani tedeschi di differente posizione politica hanno una comune visione del Governo Monti e se questa idea coincide con quanto in tanti dichiarano da mesi in Italia, forse la linea governativa è stata sbagliata. L’eminente economista si è trasformato in uno spietato ragioniere. Senza nemmeno la brutta copia di un miracolo.
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