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Irregolarità nel porto e spreco di soldi, chianche distrutte a Molfetta vecchia nella rivista Quindici in edicola
23 aprile 2009

MOLFETTA - È in edicola il nuovo numero di Quindici (nella foto, la copertina), rivista mensile leader a Molfetta, che fa opinione, completando così il panorama informativo offerto ogni giorno con Quindici on line, il primo e più diffuso quotidiano in internet di Molfetta, entrambi diretti dal giornalista Felice de Sanctis. Nel suo editoriale “Il prezzo degli innocenti” il direttore si sofferma sui danni economici che possono provocare gli errori degli amministratori che, alla fine, sono pagati dai cittadini, come il caso della caserma della capitaneria, un inutile capriccio del sindaco che dovremo risarcire con soldi nostri. Su questo argomento il nostro Michelangelo Manente ci propone una bella vignetta. Torniamo, con un articolo di Paolo Marzocca, sulla caserma della capitaneria, una telenovela con l'ostinazione del sindaco che alla fine costerà miglia di euro ai cittadini di Molfetta, mentre Carlo Gadaleta si occupa delle irregolarità nel progetto del porto, rilevate dall'autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Alla crisi economica e alle sue conseguenze sui cittadini e come sopravvivere in questa situazione, è dedicato il primo piano con un'inchiesta di Serena Minervini e Serenella d'Ingeo. Nelle pagine economiche Francesco del Rosso si occupa del bilancio comunale e delle poche novità previste per quest'anno. Sempre sul tema del porto, Tommaso Gaudio parla della congestione che avviene sulla banchina per la presenza contemporanea di molti camion e dei danni che ne conseguono alla città. Allarme di Sergio Spezzacatena per la distruzione delle chianche del centro storico, che stanno avvenendo a colpi di martello, tra l'indifferenza generale: l'ultimo scempio di questa amministrazione. Nella cronaca riportiamo la notizia della bocciatura, da parte del Tribunale del riesame, della richiesta di sequestro delle palazzine della zona B4 della 167. Sulle nuove povertà si sofferma Marcello la Forgia, che riepiloga anche le manifestazioni organizzate per la Settimana sociale della Parrocchia San Pio X, mentre Francesco del Rosso analizza il secondo rapporto della Caritas sulla povertà. Dell'inaugurazione del parco dei divertimenti “Miragica”, si occupa Giovanni Angione. Non poteva mancare, come ogni anno, il ricordo del nostro amatissimo vescovo Don Tonino Bello nel 16° anniversario della sua scomparsa. Un'interessante inchiesta sulle frodi alimentari e su come difendersi, ci viene proposta da Marcello la Forgia, che indica anche quali alimenti sono stati colpiti dalle frodi. Giovanni Angione fa il punto sui lavori alla caserma dei vigili urbani, lavori sempre promessi, ma ancora in ritardo. La pagina politica è in gran parte dedicata alle prossime elezioni provinciali con un articolo di Roberto Spadavecchia e un'intervista ai candidati del Pd, Nino Sallustio e Tommaso Amato di Paolo Marzocca. Si parla anche dell'ultima novità: l'accorpamento dei collegi elettorali di Levante con Giovinazzo, decisa dal prefetto di Bari. Il concerto di Caparezza, omaggio gratuito dell'artista molfettese Michele Salvemini alla sua città ci viene raccontato da Alessia Ragno con le foto del fotoreporter di “Quindici” Fabrizio Annese e da Saverio Tavella che ha intervistato la band molfettese dei Distance. Nelle pagine della cultura continua il ricordo di Francesco Carabellese nel centenario della morte, con articoli di Marco I. de Santis e Giovanni Antonio Del Vescovo. Gianni Palumbo si occupa della rassegna “Itinerari al femminile” organizzati dalla Fidapa nel centro storico, mentre Ilia Micelli ha seguito, nella libreria “Il Ghigno”, la presentazione del libro di Giuseppe Ayala su Falcone e Borsellino. Diamo notizia anche del progetto di restauro del Calvario, presentato dal Rotary di Molfetta con un articolo di Marcello la Forgia. Vittoria Sallustio ci parla di una mostra dell'architetto Angela Colonna “Sine oblio”, mentre Cosmo Tridente denuncia l'abbandono della “Deposizione” di Cozzoli alla polvere e all'incuria. Antonio Balsamo si sofferma sulla figura di Niccolò Maurantonio e su alcuni suoi libri. Nelle pagine di attualità troviamo un articolo di Roberta Petronelli con la presentazione del volume sulla Settimana Santa in Puglia a cura dell'Associazione Opera, stampato dall'Immagine, mentre Cosmo Tridente ci parla del vecchio adagio da ridimensionare: “San Benedetto la rondine sotto il tetto”. Michele la Forgia e Giovanni Fiore ci parlano, invece, della civiltà dei supervillaggi e delle distorsioni dei centri commerciali che stanno proliferando a Molfetta. Marco de Santis traccia un bel ricordo e un profilo dello scrittore molfettese Orazio Panunzio recentemente scomparso, mentre Alessia Ragno ha intervistato il gruppo “Teatrarte” reduce da una tournee negli Stati Uniti. Oltre alla solita rubrica “Molfetta & dintorni” con i più importanti fatti di cronaca già riportati sul nostro quotidiano “Quindici on line”, non mancano le notizie sportive e gli appuntamenti. Un numero, quello in edicola, come sempre ricco di contenuti e di temi interessanti con tanti argomenti che vi terranno compagnia per un mese e vi accompagneranno in una piacevole lettura, con approfondimenti che spaziano dalla cronaca alla politica, dall'economia all'attualità, dalla cultura allo sport. Quindici: quello che gli altri non dicono, Quindici: la rivista che si sceglie in edicola.
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Ieri, in concomitanza del centenario compleanno della Professoressa Rita Levi Montalcini, si è ricordato e discusso anche del centenario della nascita del Maestro Indro Montanelli, del tutto dimenticato dai nostri giornali d'informazione locale, ma sempre valido e da porre come esempio e lezione a tutti i giovani che si preparano ad affrontare il difficilissimo se non “impossibile” compito di lavorare nel giornalismo moderno, in una società moderna sempre più caotica e spettacolare a discapito della verità di comunicazione. A tutti questi giovani e in modo particolare a Voi di Quindici, dedico il testo dell'ultima lezione di giornalismo tenuta dal “grande” Indro all'Università di Torino il 12 maggio del 1997. “So che molti di voi sono interessati al giornalismo e ai mezzi di comunicazione. Io questa passione ho cominciato a coltivarla già dal ginnasio, non ho mai voluto fare altro che il giornalista, con grande disperazione di mio padre. Lui, da bravo preside di un liceo, lo considerava con molto disprezzo come un mestiere piuttosto aleatorio. Ma il giornalismo è stata la grande vocazione della mia vita. Vi confesso però che, sebbene abbia amato e continui ad amare questo mestiere, non posso consigliare a nessun giovane di intraprenderlo oggi, perché credo che il giornalismo sia ormai al capolinea. Quando cominciai, circa 60 anni fa,avevamo come tocco tecnologico la macchina da scrivere Olivetti Lettera 22, sulla quale continuo a scrivere. Non la producono più, per questo ne ha accaparrate presso gli antiquari cinque, che ho dislocato in vari punti. Oltre questo non posso andare. Noi giornalisti dobbiamo fare i conti con un nemico mortale. Anziché combatterlo, ci siamo messi al suo servizio: è la televisione. Ho le stesse idee di Popper ( “Cattiva maestra la televisione”), la televisione è la più grossa iattura che potesse capitarci, perché è stata utilizzata in modo tale da esserlo. I giornali sono diventati i megafoni della televisione, per questo troviamo titolo a otto pagine o neve colonne su Pippo Baudo o la Parietti. La televisione potrebbe essere un grande strumento di cultura, ma non lo è. Questi però sono affari suoi. Ciò che è affar nostro è di esserci messi a fare i megafoni, copiandone anche i costumi e riconoscendone la supremazia. L'Italia, oltre ad aver sempre mescolato il serio con il futile, ha sempre preso il futile come l'unica cosa seria. E noi non facciamo che adeguarci, portando agli eccessi questa perversione del nostro costume. Ma c'è di peggio. La televisione insegna ed apre la strada al protagonismo, che portato nel giornalismo ha effetti catastrofici. La televisione aizza quel pessimo incentivo tipico dei cattivi giornalisti, la ricerca a tutti i costi dello scoop. Se qualcuno di voi vorrà fare questo mestiere, sfuggite alla tentazione dello scoop! Ricordate che esso è la scorciatoia dei somari. Consente di arrivare prima, ma male. Il pubblico è uno strano animale, sembra che capisce poco ma ricorda, e se vi giocate la sua fiducia siete perduti. Quando ci accorgiamo dell'errore, abbiamo l'obbligo di chiedere scusa al lettore. E' un mestiere che richiede molta umiltà, molta, e il protagonismo è in contrasto con questa legge fondamentale. Oggi io vedo i direttori nuovi. Sono bravissimi, intendiamoci, hanno tra i 40 e i 50 anni, potrebbero essere miei figli. Ma non stanno in direzione, li ho sotto gli occhi, stanno nell'ufficio marketing, perché la cosa fondamentale di un giornale è la cosiddetta audience. L'audience procura pubblicità, perché un giornale non deve solo vivere, ma deve anche produrre soldi, soprattutto se vuole essere indipendente. Un giornale che deve chiedere soldi a qualcuno è per forza suo servo. Questa strada non porta a niente. E' l'audience nelle sue forme più volgari che ci obbliga a involgarire il giornale, che per stampare deve battere questa strada. Il pubblico è sempre il nostro padrone,, non li si può prendere di petto ma lo si deve educare. Senza mostrarlo però, perché non c'è niente di peggio degli atteggiamenti da mentori. Non so se il giornalismo è capace di compiere un'evoluzione in questo senso, ma io non ne vedo i segni. Un giornale che adeguasse immediatamente i suoi mezzi ai costi, con poche pagine, che potesse fare a meno di gran parte della pubblicità, con dei giornalisti – ahimè – pagati poco. Ma noi siamo sempre pagati poco, questo mestiere non si fa per i soldi. Anzi, se incontrate un giornalista ricco, diffidatene. Il giornalismo non conduce alla ricchezza, può condurre al benessere, per carità. Io non mi lamento affatto, ho quanto mi basta e anche per campare bene. Ma il giornalista ricco è un giornalista che puzza perché si è servito del mestiere per raggiungere altri obiettivi. Credo che il giornalismo in Italia abbia svolto una missione, quella di strappare la cultura italiana ai suoi fortilizi, alle cosche mafiose. Chiedo scusa di ricambiare così male la vostra ospitalità, ma devo dirvi che il giornalismo questo compito lo ha assolto per decenni, portando la cultura in mezzo al pubblico. La cultura italiana ne aveva un gran bisogno, perché sa parlare al pubblico………………. ……………. Chi di voi vorrà fare questo mestiere, si ricordi di scegliere il proprio padrone, il lettore. Si metta al suo servizio e parli la sua lingua, non quella accademica. Porti la cultura dell'accademia alla comprensione. Badate che questo è stato il più grave dei tradimenti commessi in Italia, e ne sono stati commessi parecchi. Volete le prove? Prendete un qualsiasi scritto di chiunque dell'Italia del '700 e mettetelo a confronto con le pagine dell'enciclopedia francese. Le pagine di Voltaire, di D'Alembert, sono chiare e limpidi, tutto si capisce. Nelle altre non si capisce nulla: lingua togata, irreale, del principe. Lingua di cultura al servizio del signore, che poi è diventato partito. E quindi è peggiorata, perché era meglio servire un duca o un cardinale che un partito. Ricordatevi che la cultura in Italia non si è mai diffusa, quel poco che è stato fatto è stato fatto dal giornalismo. Se volete fare questo mestiere, questo è l'impegno che dovete assolvere. Per farlo non c'è sofferenza che ve ne possa sconsigliare, e questo mestiere è bellissimo. Il giornalismo si fa per il giornalismo, e non per nessun'altra cosa."
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