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Iprite a Molfetta: proposte e prospettive
13 aprile 2011

MOLFETTA - E’ stato il video “RED COD- un arsenale sommerso” ad aprire la conferenza sulle armi chimiche nelle acque molfettesi, sabato 9 Aprile nella sala Finocchiaro. Il video, prodotto dall’ICRAM nell’ambito del progetto di ricerca RED COD (Research on Enviroment Damage caused by Chemical Ordnance Dumped at sea), illustra la presenza imponente di residuati chimici nel Basso Adriatico, che costituiscono “un pericolo per gli operatori della pesca e una sorgente di molecole nocive per gli ecosistemi marini”.
Eppure, qualche minuto dopo, il magistrato Antonio Savasta, della Procura della Repubblica di Trani, ha affermato che non ci sono studi scientifici sulla questione, motivo per cui non può sussistere alcun reato di pericolo. Evidentemente il lavoro dell’ISPRA (ex ICRAM) non è all’altezza di essere considerato “scientifico” dal magistrato Savasta. Ma andiamo con ordine.
Ad introdurre i lavori è stato Giuseppe Tulipani, Presidente dell’Accademia Superiore Europea di Formazione per la tutela dell’ambiente, la sicurezza e la protezione civile “Karol Wojtyla”, che ha organizzato l’evento. A moderare Michele Marolla, capo redattore de “La Gazzetta del Mezzogiorno”.
Il primo ad intervenire è stato proprio Savasta, secondo il quale indubbiamente Molfetta paga un’eredità di guerra molto pesante. Il primo aspetto da indagare è l’interazione fra inquinamento chimico e salute dei pescatori. “Oggi siamo tutti danneggiati, anche l’amministrazione”:
Per Savasta la problematica va studiata scientificamente, e bisogna essere in grado di dimostrare che la bonifica in corso è portata avanti in modo corretto al fine di evitare il rischio ambientale. “La magistratura non può sostituirsi all’amministrazione e bloccare la pesca, non essendoci studi universitari”. Savasta afferma che la procura di Trani è molto piccola e che il problema invece è di portata internazionale. Certamente vanno convogliati tutti i finanziamenti per salvaguardare il futuro della città. L’altro elemento fondamentale è la partecipazione della cittadinanza, che sabato è mancata, secondo Savasta. Un intervento che suscita non poche perplessità.
Secondo il dott. Guglielmo Facchini, l’alga killer è in tutti i siti in cui ci sono armi chimiche e l’iprite è solo una delle pericolosissime sostanze chimiche presenti nel nostro mare. Le lesioni da iprite vanno riconosciute e curate.
Ma è Gianni Lannes a fornire le informazioni più sconvolgenti. Innanzitutto, contrariamente a quanto detto da Savasta, esiste una vasta letteratura scientifica anglosassone sull’argomento. In Italia, invece, oltre agli studi dell’ISPRA, molte ricerche sono state secretate. Oltre agli ordigni affondati dopo la seconda guerra mondiale, ne abbiamo molti risalenti alla guerra contro la ex Jugoslavia. Più di cento interrogazioni parlamentari non hanno avuto risposta; il segreto di stato ha sempre costituito a questo proposito il più grande ostacolo per le indagini. Secondo Lannes, l’Adriatico è un mare spacciato, e il dato importante è che nel ’46 l’Italia si è assunta la responsabilità delle bombe lanciate da Inghilterra e Stati Uniti. Gli accordi segreti fra Italia e Stati Uniti, infatti, sono innumerevoli: la Nato è autorizzata ad affondare anche ordigni nucleari in alcune aree del Basso Adriatico. Le conseguenze sulla popolazione sono devastanti. Per fare un solo esempio, a Mattinata, sul Gargano, c’è un indice altissimo di casi di leucemia. A poche miglia dalla costa c’è il più grande arsenale chimico scaricato dagli americani.
Il quadro descritto da Vitantonio Tedesco, presidente della cooperativa Piccola Pesca di Molfetta, è sconcertante. “Dal 2008, da quando è cominciata la bonifica, ogni giorno si va al pronto soccorso. Quattro pescatori su cinque hanno una bronchite cronica ostruttiva, oltre ad numerosi problemi di salute. La piccola pesca a Molfetta è morta”. Tedesco annuncia di essere disposto a fermare la piccola pesca a Molfetta, nel caso in cui le istituzioni continuino ad ignorare il problema.
Matteo d’Ingeo, dopo aver annunciato la nascita di un “Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche", afferma la necessità di fare persino allarmismo, quando necessario, per far capire alla gente il rischio che corriamo.
Forse il dato più significativo della conferenza viene proprio dagli assenti. Avrebbe dovuto concludere l’incontro Guglielmo Minervini, assessore regionale alle infrastrutture e mobilità, che avrebbe portato la voce delle istituzioni nel confronto. Ma proprio la sua presenza è mancata.

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