“Io, infermiera, ho fatto il vaccino contro il Covid. Lo devono fare tutti”
Il 27 dicembre 2020 ha rappresentato per tutta l’Europa una data importante, simbolo della rinascita. Una domenica non come tutte le altre ma che ha segnato l’inizio della campagna vaccinale contro il Covid-19. Un momento simbolico per condividere l’inizio della fine della tanto temuta pandemia. Con la somministrazione delle prime dosi del vaccino Pfizer Biontech, messo a punto seguendo tutte le fasi della sperimentazione clinica e autorizzato dall’Agenzia Europea del Farmaco meno di un mese fa, si è intravisto uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, un tunnel che il mondo intero ha imparato a percorrere con guanti e mascherine – caduta dopo caduta – ormai da un anno. Chiaro è che ci vorrà del tempo prima che la profilassi permetta di allentare le misure di contenimento in vigore. Si è stimato, infatti che ci vorranno almeno 12 mesi per vaccinare il 70% della popolazione, soglia minima da raggiungere per determinare la tanto agognata immunità di gregge. Di questo e molto altro ne abbiamo parlato con la dott.ssa Morena Vecchio – infermiera presso l’Ospedale San Paolo di Bari e tra i primi ad essere stata vaccinata – durante l’intervista rilasciata alla rivista Quindici. E’ rientrata di diritto tra i primi per categoria – in quanto personale sanitario – ad aver avuto il privilegio di fare il vaccino contro il temuto Covid-19. Che sensazione ha provato in quel momento? «È stata una grande emozione, quasi una sorta di liberazione dopo mesi di duro lavoro. Sono stati mesi difficili dal punto di vista emotivo e fisico. Lavorare in piena estate bardati, sentire il sudore che ti fa bruciare gli occhi e non poter far nulla per alleviare quella sensazione, se non a fine turno è complicato». Cosa ha rappresentato per lei, in qualità di infermiera e cittadina quella giornata? «Il giorno in cui mi è stato somministrato il vaccino, ho tirato un sospiro di sollievo: è stato un piccolo passo verso un futuro più sereno. Tutte le preoccupazioni, le ansie e le paure accumulate in questi mesi di duro lavoro, finalmente pesano un po’ meno. È stato un giorno felice». Nel momento stesso in cui le è stato iniettato il vaccino ha provato dolore o qualche sorta di fastidio? «Nel momento dell’iniezione non ho provato assolutamente dolore, ma trattandosi di una somministrazione per via intramuscolare ho provato un leggero fastidio». A qualche giorno di distanza dal suo Vday, come sta? Ha risentito di qualche effetto collaterale? «Sto benissimo e al momento non si è manifestato nessun effetto collaterale. Nelle prime 24 ore ho solo accusato un lieve dolore al braccio sinistro, laddove è stata fatta l’iniezione». Pensa che la ripartizione per fasce prioritarie della popolazione tenute in considerazione per la distribuzione del vaccino possa essere funzionale ad una gestione ottimale dell’emergenza o avrebbe optato per altro? «Credo che la ripartizione così come è stata studiata sia la procedura ottimale: è più che giusto vaccinare con priorità talune fasce della popolazione con la speranza che il ciclo di vaccinazioni possa concludersi il più velocemente possibile. Così facendo si ridurrebbe in maniera drastica la circolazione del virus, proteggendo dunque anche tutte quelle persone che non possono vaccinarsi nell’immediato. Chi si vaccina protegge sé stesso e anche gli altri. Come ormai sentiamo ripeterci spesso nell’ultimo periodo, vaccinarsi è un gesto di responsabilità». Ad oggi sulla sicurezza ed efficacia del vaccino sono circolate tante fake news. Dall’infermiera morta dopo la somministrazione dell’antidoto alle varie e possibili controindicazioni. Ma qual è la verità? Il vaccino è sicuro? Quali sono le controindicazioni che secondo la scienza e in maniera certa conosciamo e si posso eventualmente manifestare? «Non sono una virologa, ma posso sicuramente dire che se ci si informasse in maniera corretta e consapevole non si darebbe certo credito a talune notizie infondate e fuorvianti. Senza scendere toppo nei dettagli relativi alla composizione e meccanismi d’azione del vaccino, fonti certe dimostrano che questo vaccino non utilizza virus attivi ma solo una componente genetica che porta nell’organismo di chi si vaccina l’informazione per produrre anticorpi specifici. Perciò il vaccino non può causare malattie o alterazioni genetiche. Per quanto riguarda eventuali controindicazioni, al momento della vaccinazione ci è stato presentato un elenco di possibili reazioni avverse fra cui dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolori muscolari e articolari, brividi e febbre, nausea, prurito e arrossamento nel sito di iniezione, dolore agli arti, ingrossamento dei linfonodi e reazioni allergiche». Chi è stato vaccinato con prima dose e relativo richiamo può definirsi immune al Covid-19? «Anche se l’efficacia del vaccino è molto alta (oltre il 90%) non tutti i vaccinati svilupperanno la tanto auspicata difesa immunitaria. Ma questo potremo constatarlo con maggiore certezza più avanti nel tempo». Dopo il vaccino dovremmo continuare a portare la mascherina? «Il mio personale suggerimento è che sarebbe comunque opportuno continuare ad adottare gli ormai soliti comportamenti e misure di contenimento del rischio di infezione anche dopo la vaccinazione, almeno fintanto che non avremo dati certi di una residua e minimale circolazione del virus». La ricerca ad oggi ha dato una grande dimostrazione di quanto sia in grado di reagire in maniera pronta anche ad eventi particolari come la pandemia che ci ha colpito ma sembra che qualcuno non sia proprio di questo avviso. Lei cosa ne pensa? «Credo che in una situazione come quella in cui ci siamo trovati, l’unica cosa da fare sia fidarsi e affidarsi alla ricerca scientifica. Solo in questo modo potremmo uscire da questo brutto incubo che ormai da troppo tempo ci tiene sotto scacco».