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“Invisibile Africa” dove la salute è un privilegio Mostra fotografica dei medici volontari del Cuamm. L'esperienza dei Comboniani
15 aprile 2003

Africa... una terra che ci sembra così lontana e irrangiungibile, così povera ma nello stesso tempo incontaminata e affascinante, di cui proviamo a immaginare i suoi paesaggi ma per contrasto ci vengono in mente visi di gente segnata dalla fame e dalla miseria. Parlare del "continente nero" è complesso, (tanto più che non ci sembra questa la sede più adatta), e la difficoltà viene dalla consapevolezza che è una terra che non si conosce, di cui si ha solo una vaga idea dei suoi problemi, delle sue contraddizioni, delle guerriglie continuamente in corso e della sua storia. Sono pochi coloro che possono offrirci degli squarci dell'Africa più vera e questi sono i medici del Cuamm, il primo vero organismo in Italia di cooperazione sanitaria e di volontariato internazionale che opera nelle zone più povere del continente africano sin dal 1950, al fine di promuovere la salute e la crescita della popolazione dei paesi in via di sviluppo; ebbene Molfetta è diventata sede, per il momento unica nel Mezzogiorno, della mostra dal titolo "invisibile Africa", una iniziativa importante perché facente parte di un momento di sensibilizzazione itinerante, partita nel 2000 da Padova. Fino al 13 aprile nella Sala dei Templari, saranno esposte 60 fotografie scattate da Enrico Bossan, che immortalano una realtà dimenticata e una umanità ferita, immagini di una intensità sconvolgente che accompagnano il racconto della presenza dura ma appassionata dei medici del Cuamm. Un viaggio "in bianco e nero" assolutamente da vedere e da scoprire. Ma la mostra ha avuto anche le sue voci. A raccontarci dei loro anni vissuti nei paesi dell'Africa sub- sahariana sono stati Massimo la Raja e Gianni Capaccioni in un convegno organizzato presso la Fabbrica di San Domenico. La Raja ha lavorato per cinque anni in Mozambico e in Uganda, e come medico Cuamm conosce a fondo le problematiche legate all'impossibilità di accesso ai servizi sanitari essenziali in quei paesi; davanti a un pubblico interessato e numeroso ha spiegato come quello che per noi è un diritto fondamentale, appunto la salute, per la gente africana è un privilegio veramente difficile da raggiungere, gli è negata l'assistenza sanitaria e la famiglia è diventata nel corso dei secoli l'unica forza alla quale fare riferimento, perché appunto manca uno status sociale. Tra enormi difficoltà per l'estrema povertà di questi paesi, piegati fino a poco tempo fa dalla presenza ingombrante del colonialismo occidentale, il Cuamm ha raggiunto enormi risultati aprendo ospedali e garantendo una risposta a situazioni di estrema emergenza in villaggi dove si muore ancora di malaria, di tubercolosi, di morbillo, senza dimenticare sopratutto l'aids. In questi anni mille medici e più di 200 volontari tra paramedici e tecnici hanno prestato la loro opera quasi in silenzio, per non violare ulteriormente le sofferenze di un popolo già abbastanza provato, "ma oggi - dice la Raja - abbiamo deciso di dare voce a chi non ha voce, facendo sì che anche la solidarietà, in quest'epoca di globalizzazione che investe ogni aspetto della vita umana, diventi un valore globale". Il Cuamm sta facendo enormi sforzi per attuare delle "politiche" di risanamento a questa situazione che persiste ancora nel ventunesimo secolo (stimolare forme eque di finanziamento del sistema sanitario, favorire lo sviluppo delle risorse umane locali ecc..), ma sono obbiettivi difficili da raggiungere con le sole forze di questa organizzazione, per questo si richiede la collaborazione e l'interessamento di governi internazionali e comunità locali, e naturalmente anche campagne di sensibilizzazione come questa possono smuovere le coscienze, se pensiamo che con soli cinque euro si può salvare la vita di un bambino africano. "La speranza è il futuro di questa gente" ha ribadito Gianni Capaccioni, Padre comboniano, vissuto anche lui cinque anni in Burundi, anni che gli hanno permesso di conoscere le cultura bantù con le sue tradizioni, la sua arte, la sua storia, rimanendone affascinato e cercando di capire a fondo la ricchezza espressiva di questa gente che vive quasi ai primordi dell'uomo. "L' Africa - ha spiegato Capaccioni - è un incontro tra religioni, etnie e culture che hanno avuto modo nel tempo di rafforzarsi e di integrarsi; ci sono diversi aspetti della vita africana che sono stati nella storia ignorati e discriminati: il pensiero filosofico che vede l'uomo esclusivamente come fonte di relazione, la lingua dai suoni musicali e piene di sfumature, il ruolo della donna vista come generatrice di vita, la tradizione di tatuarsi perché ogni corpo deve raccontare una storia, i diversi stadi della vita rappresentati da un oggetto da portare con sé, la funzione del saggio anziano la cui morte è paragonata a una biblioteca che brucia, la morte vista solo come partenza..., l'Africa è ciò che ognuno ha dentro di noi e che non viene fuori perché imprigionato nel nostro modo di essere conformista..., l'Africa insegna ad essere uomini inediti...". Per secoli questo e altro (da scoprire recandosi in quei luoghi), è stato violentato e oltraggiato dall'uomo bianco, ma l'Africa rimane pur sempre una enorme e infinita risorsa. Il primo obbiettivo del Cuamm è contribuire a far rinascere interesse per questo continente - nelle istituzioni e nell'opinione pubblica - perché la strada dello sviluppo sia aperta anche nelle aree più povere del pianeta, credendo fortemente nel riscatto di popoli giovani, se acquistano fiducia nelle loro forze e nelle risorse della loro terra. Laura Amoruso
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