MOLFETTA - Spesso l’Italia è porto d’approdo per gente straniera, soprattutto per turismo, ma purtroppo non è sempre così. Gran parte di chi “sbarca” in Italia e, in particolare, nel sud Italia cerca solo lavoro. Durante gli ultimi 10/12 anni, si sono verificate vere e proprie migrazioni di popoli verso l’Italia, soprattutto dall’Europa dell’est, in particolare dalla Romania, Ucraina, Polonia, ma anche dall’Africa del nord (Egitto e Libia).
In questi anni, l’immaginario collettivo italiano ha spesso considerato negativa la presenza degli immigrati, perché accusati di furti, rapine, violenze, persino “ladri” di lavoro. Per sfatare questi stereotipi etnico-sociali, in alcuni casi rivelatisi veri, l’Aneb di Molfetta ha tenuto un secondo incontro di multiculturalità, con tre ospiti provenienti da tre nazioni diverse: la signora Lumintza (Romania), una signora proveniente dall’Ucraina e il prof. Giorgio Farak (Egitto), sposato con una italiana.
Il prof. Farak ha raccontato le sofferenze patite per il matrimonio con una donna italiana e le difficoltà incontrate, soprattutto nella sua terra, dopo essere divenuto intermediario tra l’Italia e l’Egitto. Luminitza, nativa di Bucarest, città di 2milioni di abitanti, ha descritto il suo paese, una Romania devastata dalla dittatura comunista di Ceausescu. «Il comunismo imponeva una politica di studio e lavoro, dove nessuno poteva parlare o ribellarsi, nonostante la gente avesse paura - ha spiegato - dove non potevi parlare col tuo vicino perché non potevi fidarti di lui per paura che appartenesse alle forze speciale e spie di Ceausescu».
Sono flashback di vita vissuta all’ombra di un regime molto duro, una vita trascorsa con i nonni, in ristrettezze economiche e materiali (assenza di beni di prima necessità e spesso era proprio lei ad acquistarli da qualche occasionale fornitore). Ma oggi la Romania è in ripresa, dopo molti anni di povertà, «ma ancora oggi, ad esempio, la sanità è scadente e per essere curati negli ospedali devi pagare molto». Ora Lumintza lavora come badante per aiutare la sua famiglia in Romania.
Ringraziamenti finali di Nicola Pio Minervini, che ha invitato i presenti non giudicare una persona solo per la sua nazionalità o il suo modo di parlare.
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