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Il voto di scambio e i limiti di una democrazia incompiuta
15 giugno 2013

Il primo round della sfida elettorale, per la formazione della nuova Amministrazione nella nostra Città, si è concluso come poteva essere im-prevedibile, ma auspicabile (dipende poi dal punto di vista da cui si guarda l’esito scaturito dal primo giro elettorale) nessuno dei Candidati ha superato la soglia fatidica del 50% dei consensi al primo turno, cosa che gli avrebbe consentito di accedere direttamente alla poltrona di Sindaco: se ne riparla al ballottaggio fra i due più votati, quindici giorni dopo. La campagna elettorale, iniziata in sordina ha subìto, negli ultimi giorni, un’accelerazione notevole. Tutti i Partiti/Coalizioni hanno dato il meglio (o il peggio) di sé, addirittura anche nei giorni cruciali della votazione quando per legge è proibita qualunque forma di propaganda/promozione elettorale. Gli atti commessi sono stati così sottilmente leggeri (ma tuttavia, non meno irregolari) da passare, ad esempio, come azioni di ausilio a Cittadini senza mezzi/risorse, per aiutarli a compiere il dovere/ diritto di esprimere il proprio voto. Sono nati di colpo, al di fuori di quelli istituzionali – in verità piuttosto limitati – …sodalizi estemporanei (incoraggiati da questo o quel Partito) che si sono occupati anche della parte logistica appunto, di questi Cittadini, fornendo loro anche con mezzi pubblici – a spese della Comunità? - assistenza e guida nella espressione del voto. Si può parlare, in questi casi di voto di scambio? In termini strettamente tecnici, forse NO! In termini invece concreti, crediamo di poter etichettare questi episodi come voto guidato, un voto comunque non spontaneo, ma sapientemente ed astutamente pilotato. Discutendo e parlando, con persone, amici, delle votazioni e anche delle intenzioni di voto di alcuni, spesso si sente dire: “io devo dare il mio voto (e forse anche quello della famiglia) a questo o quel Candidato”. Perché? “Ma perché (questo o quel Candidato o un suo sostenitore) mi ha fatto un grande favore!” Un modo come un altro per dimostrare la gratitudine per il grande favore ottenuto. Una formula apparentemente neutra, addirittura moralmente accettabile: ‘una Persona, grata per l’interessamento ed il conseguente favore ricevuto, trova il modo di sdebitarsi’. Che cosa c’è di meglio della gratitudine, anche sotto l’aspetto dell’etica corrente, nel fatto che il “debitore” paghi il debito contratto; che il “favorito” dimostri apprezzamento per il favore ricevuto, e così via dicendo. Tutto molto bello, ma esaminando il problema nel suo aspetto veramente etico e civile, le cose potrebbero non essere più così genuinamente innocue. Ripagare un debito, di solito vuol dire compensare una somma di denaro, una tazzina di zucchero, un mutuo contratto, con qualcosa di eguale valore o peso (non è proprio così, soprattutto nel caso del mutuo, ma per semplicità di esposizione, ammettiamo che lo sia). Chi ha prestato il denaro, la tazzina di zucchero, lo ha fatto attingendo alle proprie risorse (trascuriamo il prestito s strozzo, perché questo indurrebbe considerazioni troppo complesse). E’ importante parlare di “proprie risorse”. Questo limita la transazione, più che normale, nell’ambito dei comuni rapporti fra privati. Ben diverso è invece il caso dell’Uomo pubblico, delle Istituzioni che usando il potere che gli è stato conferito, legalmente per nomina o per elezione (alla carica ricoperta) usa questo “stato” per concedere qualcosa che magari, in condizioni normali, il beneficiario del favore, non avrebbe potuto ottenere e che comunque non è di sua proprietà. In altre parole, il… benefattore ha usato il suo potere impropriamente; favorendo uno, ha sfavorito qualcun altro; il beneficiato ha goduto di un improprio beneficio (qualunque esso sia) a scapito di chi avrebbe avuto più titoli per ottenerlo. In estrema sintesi, il benefattore, usando a sproposito un potere provvisorio, vende “merce” (il favore) non di sua proprietà, ma a lui affidata in seguito all’assunzione della carica e ne ricava dei benefici indebiti! La preferenza alle votazioni da parte del beneficiario. Si può, infine asserire con assoluta sicurezza che il favore indebitamente concesso non abbia danneggiato un altro? E questo come si chiama? Ci rendiamo conto che nella nostra cultura, nel nostro Paese, queste riflessioni sono considerate esercizi dialettici quasi inutili. Non possiamo neanche affermare con certezza che anche altrove non si verifichino episodi simili. Sappiamo tuttavia che quando in questi strani Paesi, dove c’è più sensibilità civile, questi “commerci” vengono alla luce, il commerciante ed anche l’acquirente, subiscono sanzioni tali da scoraggiarne altri. Questo poi trascurando pietosamente la catena di eventi negativi che un mercimonio del genere innesca nelle Generazioni future.

Autore: Tommaso Gaudio
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