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Il Preventorio provinciale antitubercolare (I parte) Frammenti di storia
15 aprile 2014

Tra le poche costruzioni edilizie realizzate durante il periodo fascista, dopo il sottovia di Via Terlizzi1, rientra quella che una volta era il Preventorio Provinciale Antitubercolare. In primo luogo dobbiamo ricordare che nel 1811 la Deputazione Provinciale di Terra di Bari, per facilitare gli scambi commerciali tra l’entroterra murgiano e le città costiere, fece costruire una nuova strada che collegava Terlizzi a Molfetta, sostituendo l’antica strada rurale, stretta e piena di curve, con l’attuale tracciato rettilineo. Lungo questa nuova strada il Seminario Vescovile di Molfetta era proprietario di un fondo di circa 4,20 vigne in contrada Piscina Michele, a circa 3 km da Molfetta, che venne diviso in due parti. Sulla parte sinistra del fondo, andando verso Terlizzi, nel 1846 su iniziativa del Vescovo della Diocesi Mons. Giovanni Guida, per comodità dei seminaristi, fu costruita una casina per la villeggiatura, frequentata nel periodo estivo. La ricettività della casina era costituita da un piano terra e da un primo piano con un totale di 15 stanze adibite a cappella, cucina, sala da pranzo e camerate; tutte protette da un alto muro di cinta. A settembre del 1848 l’allora rettore del Seminario, don Pantaleo Nisio, l’amministratore e diversi seminaristi vi presero dimora e il 19 dello stesso mese, con la celebrazione della prima messa, fu benedetta la cappella; la cerimonia fu allietata da canti e spari. Il villino fu messo sotto la protezione dei S. S. Patroni di Molfetta. Ricordiamo che sulla Via per Terlizzi vi era un’edicola votiva con l’immagine della Madonna dei Martiri e l’iscrizione: Regina Martirum – Seminarii Melphicti – 1848. Un’altra edicola esisteva sulla via vecchia dove una volta c’era l’immagine di S. Corrado con l’iscrizione: S. Corradus rus ego posticum tueor Pia virgo tuetur anticum quodnam hoc – tutius esse potest? A l l ’ e n t r a - ta principale dell’ex casina, sul portone d’ingresso vi è una lapide, con una dedica dettata dal sacerdote don Vito Fornari: O giovanetti – che in questa villa – venite a godere gli ozii dell’autunno – rammentate – che i vostri moderatori nell’anno 1847 – la edificarono dalle entrate del Seminario – perché con gli onesti diporti – riprendendo lena negli studi e alla pietà – vi apparecchiate a divenire – sacerdoti esemplari utili cittadini. La casina era utilizzata durante le vacanze pasquali e estive e dal 1879 fu usata anche, come meta di gite, da diverse camerate di seminaristi. Dopo parecchio tempo di utilizzo, il Vescovo Mons. Pasquale Picone la fece restaurare facendo apporre all’interno una lapide con l’iscrizione: Urbanam villa – temporis iniuria – dilabentem – Paschalis Picone Episcopus – impensa sua restituit an. MCMVIII. Nel 1910, durante l’epidemia del colera, il Municipio utilizzò anche questa casina come lazzaretto sotto la direzione del dott. Eduardo Germano. Nella I Guerra Mondiale la casina del Seminario fu adibita a posto di concentramento dei prigionieri austriaci. In seguito il dott. Germano pensò di utilizzare la casina come Sanatorio Antitubercolare per venire incontro anche alle necessità di quella parte della popolazione che viveva in ambienti malsani; la TBC allora era molto temuta. Nel 1928 il Vescovo di Molfetta, Mons. Pasquale Gioia, dette il permesso al Seminario di vendere la casina al Consorzio Provinciale Antitubercolare di Bari presieduto dallo stesso dott. Germano e il 13 dicembre 1928 per atto del notaio Sergio Azzarita fu conclusa la vendita dell’immobile con il terreno circostante2. L’antica casina del Seminario, con diversi lavori di ampliamento diretti dall’ing. Sergio Giancaspro, fu adattata alle nuove esigenze atta a ospitare i fanciulli di ambo i sessi nelle cui famiglie vi erano casi di TBC. La foto, tratta da una cartolina d’epoca, mostra il primitivo complesso del Preventorio; al centro l’ex casina del Seminario. 

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