Il porto delle golette
Intorno al 1880, il progressivo completamento del nostro porto, il sorgere di numerosi opifici (pastifici, molini, saponifici, oleifici), favorirono l’aumento del traffico commerciale, e conseguentemente la presenza di numerosi velieri. Comparvero anche alcuni tre alberi “di lungo corso”, che superavano largamente le 500 tonnellate. Vediamone alcuni. La Goletta a Gabbiola era un veliero a due alberi. Al maestro armava una grande randa, al trinchetto una più piccola, e. superiormente, al posto della contro randa, due o più vele quadre (gabbiole). Presenti uno straglio, e diversi fiocchi sul bompresso. Le gabbiole avevano la funzione di rimediare ad uno svantaggio della vela aurica, quello di non aver un grande rendimento andando in poppa. Inoltre esse, insieme ai loro pennoni, potevano essere serrate e “imbroncate”, cioè issate, e poi ammainate sulla coperta, senza obbligare i gabbieri a salire a riva. La Nave Goletta, o Barco- Bestia, aveva tre alberi e bompresso; trinchetto a vele quadre, maestro e mezzana a randa. La seconda denominazione, invalsa nel gergo nautico italiano, soprattutto ligure, potrebbe derivare da una deformazione di “best bark”, che in inglese significa letteralmente, “il miglior brigantino a palo”: ma è soltanto un’ipotesi. La Goletta a Palo, era un veliero a tre alberi, tutti muniti di randa, con fiocchi e bompresso. Termina qui la seconda parte di questa breve carrellata iconografica sui diversi tipi di golette che praticarono il porto di Molfetta a partire dalla seconda metà dell’ottocento fino agli anni ’20 del ’900. Mancano altri battelli che solcarono i mari in quel torno di tempo, come gli eleganti e veloci brigantini, e i grossi brigantini a palo: questi ultimi si avventuravano oltre Gibilterra verso le due Americhe. Nella terza parte vedremo di colmare qualche lacuna. © Riproduzione riservata