Il mondo del lavoro raccontato da Giacomo Pisani al caffè Allèmmérse di Molfetta
Il giovane filosofo, redattore di “Quindici” ha partecipato al dibattito su sindacati e mondo operaio organizzato a Piazza Principe di Napoli: “La finanziarizzazione ha stravolto l'economia, e cambiato completamente operai e sindacati. Bisogna riorganizzare la cooperazione sociale dal basso”
MOLFETTA - Accendere i riflettori, ancora una volta e con la maggiore decisione possibile su mondo del lavoro, lotte operaie e agitazioni sindacali, per capire come stiamo cambiando e dove stiamo andando. E' stato questo il tema forte del dibattito organizzato presso il caffè Allemerse di Molfetta e che ha visto la partecipazione di Giacomo Pisani, dottorando di ricerca presso l'Università degli Studi di Torino in Diritti e Istituzioni nonché storico redattore di Quindici e Nicola Mancini, giovane sindacalista della Cisl. L'incontro moderato da Augusto Ficele, ha preso spunto dalle riflessioni sempre verdi del libro Vogliamo tutto di Nanni Balestrini, un classico della letteratura italiana degli anni '70 (nella foto: Mancini, Ficele, Pisani).
“Un libro storico e potente che racconta la storia di un operaio arrivato dal Sud a Torino per lavorare alla Fiat. Ben presto capisce di essere stato risucchiato da un sistema che non lascia scampo e polverizza il tempo libero piegando tutte le tue esigenze a quelle del tuo essere operaio” ha sottolineato Ficele, mentre Pisani ha ricordato come “la storia del protagonista non è altro che la storia dell'operaio massa che in quegli anni sostituisce l'operaio specializzato che aveva dalla sua il supporto di tutta una serie di competenze che aveva accumulato in tutta la sua vita lavorativa. Balestrini sceglie un personaggio che rappresenta un preciso modello di operaio, un operaio che ben presto sviluppa processi conflittuali verso caporeparto e altre figure dell'azienda. Ottiene quasi sempre il licenziamento per essere poi assunto in nuove fabbriche, ma il punto è che sviluppa sempre altri conflitti. Lo sfruttamento che subisce sul posto di lavoro si traduce in disagio esistenziale. Quell'operaio si muove in una Torino in fermento dove sorgono movimenti e associazioni che cercano di farsi mediatori di questo disagio”.
Una situazione oggi, che sarebbe totalmente cambiata: “l'operaio massa, quello delle catene di montaggio, è in crisi. La produzione materiale sta cambiando forma e si sta spostando altrove. L'operaio quindi è costretto a ripensarsi continuamente. Ciò ovviamente ha delle ripercussioni anche sul sindacato. E' sulla produzione che si giocano i conflitti maggiori perché il capitale condiziona il modo di pensare”.
Uno stravolgimento del mondo del lavoro sul quale si è soffermato anche il sindacalista Mancini: “non possiamo più considerare lavoratori e sindacati seguendo gli schemi di un tempo. Io per esempio lavoro in una grande azienda impegnata nel settore del call center. Ebbene: ho un contratto a tempo indeterminato, ma strettamente legato alle commesse dell'azienda. Se le perde salta il mio lavoro. Da qui si capisce bene che tutto ciò che ruota attorno al lavoro è cambiato”.
La conferma secondo Pisani che “qualcosa nel sistema economico internazionale è saltato. Non esiste più il lavoro a tempo indeterminato anche quando è sancito per contratto. Una situazione di fatto che non possiamo ignorare. Anche il nemico quello che una volta chiamavamo il padrone, oggi è sbiadito, meno definibile, meno verticistico. Non c'è più una piramide che vede al basso gli sfruttati e all'alto gli sfruttatori. Per questo bisogna mettere in moto cooperazioni sociali dal basso in grado di leggere il passaggio d'epoca che stiamo vivendo”.
© Riproduzione riservata
Autore: Onofrio Bellifemine