Il molino e pastificio ex Caradonna
La mostra del pittore Gaetano Grillo dal tema: “Cultura torna Natura” che si è inaugurata il 1 novembre nell’ex stabilimento Caradonna, messo a disposizione per l’occasione dall’imprenditore Antonio Mezzina, offre lo spunto per alcune notizie sul suddetto stabilimento. Esso è la testimonianza dell’impegno dell’imprenditoria molfettese della seconda metà del XIX sec.: la ricca borghesia e i commercianti facoltosi, arricchitisi col commercio di olio e altre derrate con Trieste e Venezia con il naviglio locale, dopo l’Unità d’Italia tentarono in loco l’impiego di capitali verso l’industrializzazione nel settore della molitura del grano destinato non solo al mercato locale, ma anche rivolto ad altre piazze mercantili. Nel 1884, con atto del notaio Giuseppe Gioia di Molfetta, Paolo Lanari, Nicola Maggialetti, i fratelli Sergio e Pantaleo de Gioia ed altri fondarono una società per l’industria di un molino e pastificio; con capitale sociale £. 100.000, che prese la denominazione: Lanari, Maggialetti, de Gioia e C. Su due appezzamenti di terreno, uno di Gerardo Pomodoro e l’altro del socio Nicola Maggialetti, situati in contrada S. Simeone in prossimità della strada per Terlizzi, il socio ing. Domenico Valente progettò lo stabilimento formato da due distinti fabbricati che furono edificati dalla ditta di costruzioni edili Vincenzo Cappelluti Altomare di Molfetta (1843-1927). Superate molte crisi, nel 1894 la società era quasi fallita e i soci, per saldare i debiti con i vari creditori, locarono lo stabilimento a Carmine Gallo. Nel 1904 circa la società fu messa in liquidazione e l’intero stabilimento spettò a Paolo Lanari, uno dei maggiori azionisti. Nel 1908 per £. 90.000 lo stabilimento fu acquistato da Giuseppe Caradonna (1859-1924) commerciante di granaglie e cereali. Già suo padre Giovanni Caradonna fu Sergio, nel 1861 si qualificava granista. Egli intraprese a Molfetta la fabbricazione della pasta, avendo acquistato nel 1867 da Giacomo Addamiano, maccaronaro, una macchina o ingegno per fabbricare maccheroni e paste minute, più 300 canne e 6 spanniture per asciugare la pasta. Giuseppe Caradonna per rendere più produttivo lo stabilimento acquistato nel 1912 ammodernò con nuovi e moderni macchinari comprati in Germania il molino, mentre il pastificio fu ammodernato con macchinario acquistato dalla Fonderia Fratte di Salerno. In questo opificio in alcuni periodi di richiesta di pasta e farina lavoravano circa 52 operai. Per la buona qualità dei prodotti fu più volte premiato in alcune esposizioni nazionali; fu sempre presente sin dall’inizio alle diverse edizioni della Fiera del Levante a Bari. Collaboravano con il padre i figli Michele (1886-1920) e Giovanni. Michele morì a 33 anni nel 1920; nel 1924 morì Giuseppe Caradonna e subentrò suo figlio Giovanni (1888-1965). Nel 1919 Giovanni Caradonna era presidente del circolo Unione Sportiva Molfettese; si dilettava anche in musica tanto che nel 1930 diresse la banda locale a Chieti, Vasto e Ortona, riscuotendo molti successi. Nel 1922 Giovanni Caradonna fu Giuseppe e di Rosa Paparella, fu nominato perito giudiziario per le cause di commercio. Il 29 marzo 1920 per la mancanza di pane lo stabilimento fu in parte saccheggiato dalla popolazione affamata e l’allora Commissario Prefettizio al Comune di Molfetta, Gerardo Palmieri requisì presso lo stabilimento 137 quintali di pasta per poi distribuirlo alla popolazione con ordine. Nel 1928 lo stabilimento sostituì i motori Diesel con quelli elettrici. Nel 1940 il pastificio sfornava 60 quintali di pasta e sfarinava circa 200 quintali di grano al giorno. Nel 1944 in piena guerra, per la penuria di grano, un carro carico di grano destinato allo stabilimento Caradonna fu assaltato da alcuni cittadini affamati. Per difficoltà economiche nel 1956 lo stabilimento cessò l’attività. Nel 1958 la proprietà fu rilevata dalla Società Casillo, Ambrosio e Spagnoli che utilizzava lo stabilimento solo come molino. Anche questa società terminò l’attività molitoria nel 1966. Nell’ottobre del 1979 il fabbricato oggi ristrutturato, fu distrutto da un incendio; il fabbricato più grande è stato demolito nel 2018 per far posto ad un fabbricato di civile abitazione. Ero ragazzo e ricordo che nel 1951 circa, insieme a mio fratello maggiore, ero andato diverse volte ad acquistare la pasta presso lo stabilimento Caradonna. Nel 1959 ero apprendista presso l’officina dei Fratelli Sallustio a Molfetta e un giorno giunse un camion che scaricò una macchina molitrice. Alla macchina mancavano diversi pezzi, altri erano consumati; essa riparata e restaurata nell’insieme. Alla fine giunsero anche i 3 cilindri sgranatori che pesavano alcuni quintali. La macchina fu smontata e con un camion fu trasportata allo stabilimento. In seguito un operaio meccanico e il sottoscritto, apprendista, si recarono ogni giorno presso lo stabilimento a ricomporre la macchina al terzo piano del fabbricato rimasto. In quel periodo, come detto in precedenza, era proprietaria dello stabilimento la Società Casillo, Ambrosio e Spagnoli; proprio quest’ultimo socio seguiva giornalmente il nostro lavoro. In quella occasione osservavo incuriosito l’interno del fabbricato costruito tutto in legno, sia i pilastri che i solai. Ogni piano era attraversato dal basso verso l’alto da diverse condotte di latta e coclee che movimentavano il grano e la farina alle macchine molitrici. Al piano terra la farina veniva poi versata in sacchi di canapa di circa un quintale. © Riproduzione riservata ————— Bibliografia: Archivio Stato Bari (=ASB), Associazione Industriali della Provincia di Bari, Ditte cessate, Busta 16, fasc. 915-916; ASB, Sezione di Trani, notaio Giuseppe Gioia, vol. 2217, f. 70; notaio Giuseppe Spezzaferri, vol. 2291, f. 510; Causa de Nichilo contro Lanari 1916; Archivio Comunale Molfetta, cat. 4, vol. 123; cat. 8, vol. 23; vol. 28; cat.11, vol. 41; Puglia d’oro, p. 252; p.281; La Gazzetta del Mezzogiorno del 3-9-1930; 4-4-1946; 11-3-1965; 13-10-1979.
Autore: Corrado Pappagallo