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Il modello e lo scultore
15 gennaio 2023

La sua irrequietezza non si placava neppure nell’aria mite e nei colori caldi del pomeriggio. Aveva perduto l’orientamento e continuava a inoltrarsi nella campagna fra rari alberi e terra non coltivata ma ricca di erbe e fiori di campo. Il suo pensiero fisso era rivolto all’opera che doveva realizzare, una importante commissione per quello che era ormai un suo cliente. Le sue opere erano richieste e apprezzate e le sue quotazioni crescevano vertiginosamente. Il tema era “Madonna col Bambino e Angelo”. Il committente aveva nella sua villa una piccola Cappella privata, già ricca di opere pregevoli e non gli aveva dato fretta, ma era ora di completare l’opera. Per la Madonna e il Bambino non aveva avuto problemi. Di Amorini e Bambinelli ne aveva scolpiti tanti, ed era soddisfatto del Bambino sorridente nelle braccia di sua Madre. Per il volto della Vergine, sereno e consapevole, i tratti erano quelli della donna che da anni gli era vicina, senza chiedere niente, aspettandolo dopo le sue evasioni, sempre disposta a comprenderlo, e, nel caso, a perdonarlo. “È tempo che ci sposiamo”, il pensiero gli venne improvviso e lo rallegrò. Sì, era tempo di stabilità e sentimenti profondi. Senza accorgersene da un po’ stava percorrendo un sentiero fra l’erba, certo portava ad un luogo abitato. Ad una svolta, seduto sui resti di un muretto a secco vide un ragazzo, forse un giovane agricoltore o uno studente del paese vicino. Era poco più di un adolescente dai tratti armoniosi, gli occhi scuri e luminosi e un ciuffo ribelle sulla fronte. Un paio di Jeans e una camicia bianca aperta sul collo: era il modello ideale per il suo Angelo ma non poteva chiedergli di fargli degli schizzi – aveva sempre con sé un album e una matita nel borsello – né di fotografarlo col cellulare, avrebbe potuto fraintendere. “Ciao – gli disse – puoi dirmi dove mi trovo? Mi sono perso”. Il ragazzo sorrise: “Non si preoccupi, è sulla strada giusta, se continua per il sentiero dopo la curva sarà in vista del paese vicino. Ma ora, se vuole, posso mostrarle una cosa, un piccolo gioiello che conoscono in pochi”. Si avviò per il sentiero che dopo poco si biforcava, guardandolo interrogativamente ma aveva stimolato la sua curiosità e per il buio c’era ancora tempo. “Lei poi vada di là – disse – io torno indietro è già ora per me”. Dopo una curva sul sentiero apparve inaspettata una piccola Chiesa, un vero gioiello, di una assoluta semplicità: una facciata rettangolare coperta da un tetto a spiovente che prendeva tutta la facciata, solo pietra, senza decorazioni, con al centro un’apertura piccolissima, come un rosone, un semplice cerchio perfetto e una porta lignea centrale, piuttosto grande, in ottimo stato, forse sostituita in epoca più tarda. Si voltò per commentare con il ragazzo ma lui non c’era più, era andato via silenziosamente. Tentò di aprire la porta che cedette subito, evidentemente era già aperta. Scavalcò calcinacci e pietre che ostruivano l’ingresso, il sole, vicino al tramonto, illuminava l’ingresso, un unico vano rettangolare che terminava in fondo con una semplice abside con due pilastrini. Nessuna traccia di intonaco, solo pietra viva. Si inoltrò all’interno e la sua attenzione fu attratta da un mattone sul pavimento irregolare che sembrava smosso. Guardò meglio, sotto c’era il vuoto. Rimosse facilmente la pietra e scoprì una scala strettissima che portava a un vano sottostante, quasi una cripta. Al lato della scala un interruttore che acceso, dava una luce fioca, ma sufficiente per illuminare gli scalini. Scese con precauzione, non c’erano ragnatele e sul leggero stato di polvere sul pavimento non c’erano orme. Sui muri perimetrali intonacati, tenui colori, certo affreschi ormai illeggibili. Uno sembrava in migliori condizioni. Lo guardò attentamente alla luce del cellulare: una Madonna con Bambino e Angelo. Il cuore prese a battere all’impazzata, non c’era alcun dubbio, era lui: il sorriso appena accennato, gli occhi luminosi e il ciuffo ribelle sulla fronte. Qui indossava una tunica bianca. Col cuore in gola cominciò a scattare fotografie con il cellulare, benedetti cellulari a volte! Dopo un’ultima occhiata risalì i pochi scalini, sistemò il mattone cercando di nascondere la scala, uscì richiudendo con cura la porta. Si avviò sul sentiero nella luce ormai crepuscolare e pianse. © Riproduzione riservata

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