Migranti italiani del secolo scorso
MOLFETTA - Che peccato! Che peccato che il mio papà Antonio, mio fratello maggiore Lorenzo, i miei zii materni Tommaso e Francesco, altri congiunti – più o meno alla lontana: saranno una decina o forse più, tutti di Molfetta – non siano più qui con noi per raccontarci la loro storia di migranti. Posso solo affidarmi alla mia memoria ed al ricordo che risale a molte decine di anni or sono: quando negli anni quaranta, cinquanta (ed anche prima) del secolo scorso, queste persone hanno deciso di diventare migranti. Lo hanno fatto per necessità; hanno lasciato la terra natia, gli affetti, la famiglia, gli amici, i luoghi che conoscevano perché? Ma perché si sono resi conto che quello che all’epoca, la loro Patria, i luoghi in cui erano nati, dove si erano formata una famiglia poteva fornire loro, ancorché attraverso un lavoro onesto, dignitoso, non poteva bastare per le esigenze minime, se confrontate con quelle di oggigiorno, della propria famiglia. Eppure un certo sostentamento lo avevano!
I loro approdi, raggiunti con grandi sacrifici economici – manco se non fossero già a corto di risorse – per mezzo, è vero, non di scafi di fortuna, ma con navi (quella che papà prese per emigrare in Venezuela nel 1952, si chiamava Piroscafo VULCANIA, terza classe ponte inferiore; 18 giorni di navigazione) ‘specializzate’ che facevano di fatto la spola fra Napoli e Maracaibo: la porta di accesso all’allora florido Venezuela; Genova e New York; Napoli/Genova e Buenos Aires, ecc..
Non partivano solo persone oneste, disperate ma morigerate, sole o con le famiglie con lo scopo di trovare all’estero quello che, a quei tempi, non poteva dar loro la Patria. Si intrufolavano anche persone al limite dell’onestà e anche criminali: veniva esportata quindi una gamma completa di UMANITA’ che cercava la fatidica fortuna oltremare.
Qualche giorno fa c’è stata l’ennesima (quasi) tragedia di migranti – oltre seicento disperati – arrivati nelle nostre acque territoriali, provenienti dalla Libia, su un barcone pericolante, salvati da navi in transito (la legge del mare prescrive che chiunque sia in difficoltà in mare, deve, ripeto deve ricevere aiuto ed assistenza, a prescindere) e dall’opera mai troppo lodata della nostra Guardia Costiera e trasbordati su un battello di una O.N.G., l’Aquarius. Dal Viminale – sede del Ministero dell’Interno – è partito l’ordine perentorio di non far avvicinare e sbarcare sul territorio italiano questa nave con il suo carico. Sappiamo poi tutti come si è evoluta la storia e come si è conclusa.
Nei giorni critici, in cui sembrava che le persone salvate e rifiutate dovessero prima o poi morire di inedia per scarsità di viveri sull’Aquarius, si è scatenato un fenomeno sociale che finora, a fronte di tragedie simili di ben altre dimensioni, si era mai manifestato. Molti hanno invocato che le Autorità di questa o quella Città, aprissero i loro porti per l’accoglienza di questi disperati.
Anche sul sito del nostro quotidiano Quindici on-line c’è stato un appello del direttore Felice de Sanctis ad accogliere i migranti. Don Tonino: il compianto Vescovo di Molfetta, avrebbe fatto il diavolo a quattro! per far sì che le Autorità dessero il benestare per l’accoglienza: è stato invocato!
Sono rimasto basito! Sul social nel quale è stato proposto questo appello, c’è stata una vera e propria levata di scudi contro l’ipotesi; roba da non credere, fino a pochissimo tempo fa, e cerco di spiegare perché.
Un numero impressionante di partecipanti e di frequentatori del social, con parole più o meno rozze, ruvide, quasi offensive ha rigettato l’ipotesi proposta.
In altre occasioni, QUINDICI, il suo Direttore si sono spesi per perorare appelli simili. Non ricordo, onestamente parlando, di simili reazioni avverse, da persone sconosciute, ed in tale quantità e che mai in precedenza avevano espresso con tanta… franchezza ed in tale numero il proprio punto di vista (legittimo).
Allora il 4 marzo 2018 non ha solo significato la sconfitta di quella cultura, così detta di sinistra, un pochino più attenta anche alle necessità di chi ha più bisogno. Secondo la mia opinione – smentibile da chiunque, con argomenti propri e in qualunque momento – il 4 marzo ha fatto emergere quello che nessuno ovvero pochi immaginassero quale fosse il vero pensiero di così tanta gente. Ma che è successo? Abbiamo dimenticato il passato? La storia, anche recente? Sono scomparse dalla memoria le immagini struggenti delle famiglie di “meridionali” che dava l’assalto alle carrozze ferroviarie, lanciando le valige legate con spago attraverso i finestrini, pur di accaparrarsi un posto per la lunga traversata in treno, dalla Calabria, dalla Campania, dalla Sicilia, dalla Puglia verso il nord Italia? Abbiamo dimenticato quando i Piemontesi chiamavano i meridionali, di qualunque provenienza fossero: ‘ehi ti, napuli’. Persino negli stabilimenti FIAT di Bari, nei primi tempi (anni ’70), alcuni… piemontesi indugiavano con questi epiteti. Sono scomparse le immagini dei migranti in quarantena ad Ellis Island, reduci dalla lunga traversata atlantica, con la speranza di sbarcare in America?
E allora vogliamo anche aggiungere che abbiamo dimenticato che molti, moltissimi disperati che raggiungono, dopo immani peripezie e umiliazioni, le nostre coste il nostro Paese ricco (relativamente) sono i figli di quelli che qualche decennio fa, anche il nostro Paese ha invaso da conquistatore, per sfruttarne le risorse, non far ‘crescere socialmente, culturalmente e tecnicamente’ i Nativi, per poi lasciarli al loro destino, nelle stesse o peggiori condizioni nelle quali si trovavano prima dell’invasione. BWANA: così i neri d’Africa si rivolgevano ai Colonizzatori; signore, vuol dire, mentre il Bianco europeo lo chiamava – se andava bene – per nome. Le Colonie hanno portato benefici? Certo, ma sicuramente non ai colonizzati, i quali alla fine della ‘giostra’ si sono, a volte, ritrovati in confini etnicamente non loro, ma tracciati con la riga, da chi aveva fretta, avendo ‘munto la vacca a sufficienza’, andava via ed al diavolo di quel che accadeva dopo.
L’Africa, da sola, è un Continente che sfiora il miliardo di abitanti, con un tasso di natalità abnorme, paragonabile a quello Europeo ed Italiano degli scorsi decenni. Un’Umanità in grandissima parte disperata, salvo oasi di relativo benessere, che non sa come cavarsela, perché nessuno si preoccupa di insegnarglielo o di averglielo insegnato, prima di scappare; vede attraverso i media universali che il mondo non è quello che cade sotto i loro occhi, ma ce ne è un altro migliore?
Fanno di tutto per arrivarvi, però sono reietti, rifiutati.
Nessuno vuol proporre soluzioni che forse non sono neanche state mai elaborate. Dunque, che si fa? Lo domandiamo agli attuali Governanti ed anche, perché no?, a quelli che finora sono stati… timidi nel palesare le loro vere sensazioni, sui social media.
© Riproduzione riservata
Autore: Tommaso Gaudio