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Il burattinaio, fascino di un mestiere Intervista a Philip Farah
15 gennaio 2002

Nemo profeta in patria: nessun detto sembra adattarsi meglio gli artisti molfettesi. Poche le possibilità e le occasioni, per i nostri talenti del palcoscenico, di esibirsi all’interno dei confini comunali; ai nostri giovani non resta che farsi onore altrove, con buona pace dei nostri concittadini che devono farsi qualche chilometro per poterli apprezzare. A questo proposito abbiamo fatto qualche domanda a Philip Farah (nella foto), artista conosciuto ed apprezzato in tutta Italia; anche a lui si deve la rinascita di una forma di teatro di figura che ha vissuto momenti difficili ma gode in questi ultimi anni di sempre maggiore attenzione: il teatro dei burattini. Sempre più spesso si sente parlare di Teatro di Figura, l’interesse verso il teatro dei burattini è in continua crescita? “Il Teatro di Figura sta avendo un periodo di ripresa che riguarda maggiormente la visibilità del mestiere di burattinaio, marionettista o di ciò che comunque appartiene a questo mondo del teatro che raggruppa molte tecniche e competenze diverse sotto lo stesso nome. Stiamo assistendo ai risultati della lenta trasformazione di questo mestiere nella sua ragion d’essere, sia nel bene che nel male”. Ragion d’essere, sia nel bene che nel male? “Questa mia affermazione riguarda coloro che si interessano al Teatro di Figura, come artisti e come spettatori o utenti (vedi i laboratori). Il problema sta nel modo in cui avviene il contatto con questo teatro che, molto spesso per ignoranza o per pregiudizio, avviene con molta approssimazione e improvvisazione. Questo fenomeno in aumento influisce negativamente sulle aspettative dell’artista che si vuole formare in questo ambito ma anche su quelle del pubblico. Tutto ciò è in diretta relazione con la qualità degli spettacoli e il risultato più o meno artistico che si ottiene. Oggi quest’arte, qual è quella del burattinaio, è molto più accessibile che un tempo, non è indispensabile nascere in una famiglia di burattinai, io per esempio sono un laureato in lingue, e questo lo ritengo un dato molto positivo perché permette al mestiere di crescere con l’apporto di un maggior numero di artisti, di idee e tecniche che si fecondano tra loro anche grazie a un pubblico sempre più ampio, nel senso che va recuperato; dall’altra parte però c’è un esercito di persone che, pur avendo molta buona volontà e capacità, non ha la minima idea di ciò che sta facendo… c’è il grave rischio che il tutto si riduca a una semplice concorrenza sul mercato tra compagnie che presentano le stesse carenze”. Com’è stato il suo approccio a questa professione? “Sono nato come burattinaio nel modo più classico che si possa immaginare cioè facendo una lunga gavetta a teatro (inteso come teatro di burattini). Il mio primo incarico a suo tempo fu quello di preparare i pigmenti per colorare. Da allora la strada è stata tutta una salita per la quale la pazienza e la determinazione sono due qualità indispensabili. Ho avuto due maestri in diverse fasi e tuttora tengo molto al rapporto tra allievo e maestro. È un piccolo segreto che dà molte risposte che non sono scritte da nessuna parte. Negli anni il mio lavoro mi ha portato a fare le esperienze più disparate. Dalle tournée all’estero ai festival internazionali, dai laboratori in diversi contesti alle collaborazioni con i teatri e le compagnie”. Nei mesi di dicembre 2001 e gennaio 2002 si è tenuta la prima edizione del “Quarata Puppets Festival” del quale lei è il direttore artistico. In che modo s’inserisce nella sua attività? “Ho pensato questo festival di Teatro di Figura in un modo preciso: continuare con la mia idea di riavvicinare il pubblico adulto a questo genere di teatro senza peraltro ignorare il pubblico dei più giovani. La mia scelta degli spettacoli è stata guidata da questo criterio e il Quarata Puppets non si definisce come un festival di nicchia o di Teatro per Ragazzi. La mia idea ha un respiro culturale a più ampio raggio, c’è una alternanza nelle idee che sono alla base degli spettacoli presentati al pubblico. Non è un caso che questa edizione ha attirato un pubblico adulto molto motivato e curioso che è venuto da tutta la provincia, da Bari a Foggia, perfino da Matera”. In effetti l’affluenza del pubblico è stata notevole… “C’è stata un’ottima risposta, dalla serata d’inaugurazione alla conclusione, la sede di S. Francesco era sempre piena, molti rimanevano in piedi. Consideriamo che il festival si è svolto in un periodo nel quale le condizioni meteorologiche erano pessime e la circolazione era difficile in tutta la regione a causa della neve”. Previsioni per il futuro? “Dopo il successo ottenuto, il festival promette bene. L’idea per il futuro è che cresca fino a diventare un festival internazionale rinomato per la qualità culturale. Intanto sto lanciando la mia ultima produzione, uno spettacolo di burattini che si chiama “Il Nuovo Lume” ed è ispirato alla “Cantata dei Pastori” oltre che ad essere una ricerca sulle potenzialità del teatro barocco nel campo del Teatro di Figura. Tra l’altro mi sono ispirato all’estetica del Settecento napoletano”. Gianluigi Ragno
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