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Il brigantino goletta Gelsomina
15 luglio 2014

È assai raro trovare cartoline d’epoca con l’immagine di qualche veliero iscritto nelle matricole del naviglio di Molfetta, ormeggiato in qualche altro porto nazionale o estero. La pazienza e la costanza della ricerca anche questa volta hanno premiato l’aspettativa: è il caso del brigantino goletta Gelsomina. Le cartoline, recuperate dall’oblio del tempo e accompagnate dalla cronaca che in seguito descriveremo, arricchiscono ancora una volta le informazioni sulle vicende della marineria molfettese, sempre presente in primo piano nell’economia locale e non. Nei secoli passati le piazze mercantili dell’Alto Adriatico, come Venezia e Trieste, e altri scali della Dalmazia sono stati sempre frequentati dalla marineria molfettese, perchè là trovava noli e mete sicure per il piazzamento delle merci. Il nostro veliero nel 1907 toccò il porto di Trieste (allora apparteneva all’Austria) e un fotografo per conto della ditta Photobrom di Milano eseguì delle foto del porto di Trieste per realizzare una serie di vedute in formato cartolina (cm 13x9). Le due cartoline mostrano il molo della Lanterna dove sono ormeggiati sul lato destro due velieri da carico. Su una di esse i due velieri sono visti di poppa e di uno si legge chiaramente GELSOMINA * MOLFETTA. L’altra cartolina mostra i due velieri di fianco. Il veliero Gelsomina fu costruito a Castellammare di Stabia nel cantiere navale di G. Bonifacio e varato nel 1868. Le sue dimensioni erano: lunghezza 28,32 m, larghezza 6,80 m, altezza dal puntale 3,50 m; armato con due alberi, stazzava 167 t e fu iscritto nelle matricole di Castellammare di Stabia. Proprietari e armatori erano tali Treglia e Gambardella; lo comandava il cap. Giambattista Treglia. Nel 1897 fu sottoposto a ristrutturazione: la stazza lorda fu portata a 140,60 t e la stazza netta a 121,64 t. Dal 1890 al 1901 fu iscritto nelle matricole di Catania; proprietari Francesco Midolo e C. e dal 1901 al 1906 Siracusa divenne il suo porto di armamento. Nel 1907 fu venduto a Vincenzo Altomare di Molfetta. In un primo tempo fu iscritto nelle matricole di Bari, successivamente nello stesso anno con l’istituzione a Molfetta del Registro delle Matricole delle Gente di mare e del Naviglio fu iscritto al n. 233 delle matricole del naviglio di Molfetta. Dal 1907 al 1910 al suo comando si alternarono i padroni Antonio Muti (1874-1951), Mauro Sallustio (classe 1880) e Vitantonio Salvemini (1884-1962). Sempre negli stessi anni fecero parte dell’equipaggio Vincenzo Sallustio (classe 1847) nostromo; Sabino Pisani (classe 1876) marinaio; Giuseppe Ventura di Bisceglie (classe 1875) marinaio; Vito Abbattista (classe 1876) marinaio; Ciro Porta (classe 1876) marinaio; Michele Ragno (classe 1862) marinaio; Giuseppe Bacolo (classe 1880) marinaio; Giuseppe Muti (1881-1952) marinaio; Vincenzo Mezzina (1854-1916) marinaio; Felice Altomare (classe 1872) marinaio. Nel periodo in cui fu iscritto nelle matricole di Molfetta, diversi furono i porti frequentati, come Bari, Trieste, Venezia, Corfù, Sebenico, Metkovic, Gravosa. Purtroppo una fine ingloriosa aspettava il brigantino goletta Gelsomina. Ai primi di agosto del 1910 salpò da Molfetta, al comando del padron Vitantonio Salvemini, alla volta di Gravosa (oggi Gruz), sobborgo di Ragusa (oggi Dubrovnich) in Jugoslavia; poi fece rotta per Trieste dove caricò del legname per Barletta e Molfetta. Il ritorno lo fece attraversando il labirinto delle isole slave e qui, il 25 novembre 1910 nei pressi della località S. Antonio dell’isola di Selve (oggi Silba) tra le isole Premuda e Ulbo, incappò in un fortunale da SE e, a causa pure dell’oscurità si incagliò. Il 27 novembre il rimorchiatore Titan della ditta Tripcovich arrivato da Zara cercò di salvare il veliero. L’Osservatore Triestino del 22 dicembre portava la notizia che due maone (barcaccia usata per caricare e scaricare le merci da sotto bordo) Frieda e Hilda erano giunte a Trieste il giorno prima col carico di legname recuperato dal veliero Gelsomina affondato. L’equipaggio costituito da padron Salvemini e da Angelo Turtur (classe 1873) marinaio, Vito Nisio (classe 1864) marinaio, Corrado Altomare (classe 1890) mozzo, si salvò toccando terra chi a Selve, chi a Zara. Termina qui la storia di un anonimo veliero di cui grazie e solo al ritrovamento di una sua fotografia, è stato possibile ricostruire una parte della sua storia, sconosciuta ai più e assente nei libri di storia locale, storia relativa al commercio marittimo minore che, tra sponda e sponda, si avvaleva di modesti velieri. 

Autore: Corrado Pappagallo
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