Recupero Password
I ricordi-fantasmi di Franco Poli
15 aprile 2017

Franco Poli, pittore di Molfetta, non ha bisogno di tante presentazioni: innumerevoli critici si interessarono a lui, tra questi anche il famoso pittore Carlo Carrà; a Molfetta, Gianna Sallustio Amato è tornata più volte a tratteggiare magistralmente l’evoluzione artistica di Poli e molteplici sono gli scritti di Elena Germano Finocchiaro, è rinomata nella critica d’arte. Da sempre innamorato delle piccole cose, dei vecchi oggetti in disuso, Franco Poli ricordava il mondo perduto dell’infanzia, trascorsa con il fratello gemello Giacinto nella splendida Villa Poli. La sua formazione artistica partì con lo studio dei grandi napoletani di fine Ottocento, Mancini in primo luogo. In seguito la sua ammirazione si rivolse a Giorgio Morandi, la cui influenza è chiara quando dipinge le vecchie bottiglie o gli oggetti della quotidianità domestica. Con Enrico Panunzio si può dire che Poli è “un cantore di ricordi” e che la sua pittura “una riemersione di affettuose vecchie immagini”. I ritratti dei suoi genitori, di suo zio Gabriele, di suo fratello Peppino, di sua moglie Gilda, di Carrà, degli amici ed anche gli autoritratti sono sempre delle “maschere”, come lui amava definirle, volti senza tempo. Il tavolino del suo studio, dove dipingeva era stracolmo di pennelli e di colori, mentre le pareti rappresentavano il più esauriente catalogo della sua produzione pittorica. Un tema a lui molto caro fu quello della Settimana Santa molfettese, descritta in mille quadri e schizzi, riprodotta in prove d’autore ed incisioni preziose. Ai riti di Pasqua, grazie anche alla venerazione che i suoi cari gli ispirarono sin dalla primissima infanzia, Poli fu legato in modo viscerale, con immutato incanto. Le figure, i confratelli, i Cristi, le sensazioni che descrisse assurgevano ad essere ricordi, fantasmi più sognati che reali, a volte persino grotteschi. Con suo padre e suo fratello si aggirava quasi impaurito per le strade la notte del Venerdì Santo, per scrutare le sagome e carpire momenti sfuggenti. Michele Prisco definì Poli “uomo solitario, malinconico, mite e forse anche pigro... attento alla voce della propria malinconia” che in una visione meno conclamata ed agitata della vita ci pervade con il calore della sincerità. Concludo pubblicando un inedito commento annotato di suo pugno sul catalogo (che poi volle regalarmi) di una mostra dedicata a Tiziano tenutasi a Venezia nel 1990: parole emblematiche che ben descrivono il pittore intimista, schivo, l’artista della meditazione onirica: “é stata una grande mostra. Tiziano è un maestro che ti fa tanta paura per il suo impasto cromatico e per la sua composizione. Della mostra ne sono uscito distrutto...”.

Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet