I Ds si preparano a “Rinascere”
MOLFETTA - 6.6.2001
“Forse servono davvero le batoste per vedere ripopolata la sezione”. Esordisce così Peppino Panunzio, segretario cittadino dei Democratici di Sinistra, nell’assemblea organizzata dal partito martedì sera, nella sede di via Cairoli. E il colpo d’occhio gli dà ragione. Oltre cinquanta partecipanti, tra cui non pochi giovani, forse avvicinati al partito dalla vitalità del neo-consigliere Corrado Minervini, che siede al tavolo di dibattito accanto a Panunzio, e insieme al segretario provinciale, Vito Angiuli.
C’è da fare il punto della situazione, per un partito frastornato dal picco negativo raggiunto nelle ultime elezioni comunali, un partito che se non fosse stato trascinato dai consensi canalizzati dai “due Corradi”, Samarelli e Minervini, avrebbe praticamente rischiato l’estinzione cittadina. Panunzio ha subito tentato una analisi sobria della situazione, precisando con correttezza: “Il mandato mio e degli altri membri del direttivo è qui sul tavolo, a disposizione di chi voglia raccoglierlo”.
La sua relazione si è focalizzata su quattro punti. Innanzi tutto, in pieno accordo con la posizione di Mimmo Favuzzi, leader del gruppo “Rinascere”, ha salutato come “necessario” l’auspicato ritorno alle sedi di partito come basilare punto di partenza per qualunque passo successivo (come dirà più tardi con efficacia Ciro Sasso: “una società senza partiti produce animali strani”). Il fatto che la scelta tra partiti e movimenti non debba più destare troppi imbarazzi sembra, insomma, cosa che mette tutti d’accordo. Poi, ha puntato il dito contro l’eccessivo frazionismo, interno al partito, alla coalizione e al tessuto politico della sinistra molfettese, che ha prodotto effetti perversi e ha lasciato solo macerie. Ha, inoltre, accettato come “condivisibile in alta percentuale” la relazione che Mimmo Favuzzi ha prodotto nelle scorse settimane di analisi del voto, alla quale ha però contestato come troppo severa la critica all’ “osceno spettacolo delle candidature”. Più che osceno, fa intendere Panunzio, quello spettacolo è stato faticoso, complesso e sfinente per chi vi ha partecipato, che ancora lo ricorda con una certa insofferenza. Infine, si è sottolineata l’esigenza del partito di prestare attenzione a realtà come il “Percorso” e i “Comunisti Italiani”, essendo forze non rappresentate in consiglio comunale, ma che non è pensabile di arginare dalla politica cittadina.
Da questi spunti è nato un dibattito acceso ma composto, che ha ruotato su due temi principali, uno interno al partito, l’altro relativo al rapporto partito-realtà locale. La questione più scottante e che sembra la più urgente, per dissipare le ultime tensioni intestine rimaste visibilmente nell’aria dopo il voto, è quella relativa alla dirigenza molfettese dei Ds. “Azzerarla”, “fare piazza pulita”, come ha proposto qualcuno (fino ad arrivare alla proposta di Pietro Capurso di costituire un direttivo provvisorio di cinque nuovi membri che traghetti i Ds al congresso), oppure lasciare che la vecchia dirigenza resti al suo posto, rimandando il “giudizio universale” e l’eventuale (ma forse scontato) cambio al timone al congresso stesso (come ha auspicato Paolo Roselli, sottolineando che “puntare la croce addosso all’ultimo direttivo non è la soluzione del problema. Il punto è ricompattarsi, non dividersi ulteriormente”).
L’altra questione di cui si è discusso con vivacità è stata quella del radicamento del partito nella realtà sociale locale. Anche qui, due le tendenze emerse. Gianfranco Cormio, da un lato, ha sostenuto che “la perdita di radicamento è cosa vecchia”, sottolineando che l’ultimo consigliere espresso, collegato al sindacato, è stato De Trizio, nel lontano 1983 (anch’egli, poi, passato a destra, ndr). Il partito, oggi, è niente più che un partito d’opinione e come tale va pensato. La batosta alle ultime elezioni, quindi, va letta in un’altra chiave. Non è mancato il radicamento nel sociale, ma più semplicemente non ha funzionato la macchina elettorale: in pochi a gestirla, incentrando la campagna su un messaggio “contro”, assai poco convincente.
La risposta all’intervento è arrivata da Mimmo Favuzzi, che ha rifiutato l’ipotesi di un “funerale del radicamento” e che ha, al contrario, proposto di “ripartire dai fondamentali”. Tappa inevitabile, per fare questo, è ripopolare la sezione, “lasciandovi entrare un fiume in piena di gente che ha voglia di lavorare”, precisando, però, di non volere con questo di non voler puntare in alcun modo ad un “assalto alla dirigenza”. Da qui il suo progetto “Rinascere”, che verrà presentato formalmente in un incontro che si terrà il 21 giugno (ore 18.30, sala consiglio comunale), a cui parteciperà anche il segretario regionale Ds, Beppe Vacca. Il partito deve cavalcare il “moto d’orgoglio” che è salito nella sinistra dopo la sconfitta, e “tornare coi banchettini sotto al Comune”, contro - ad esempio – la costosissima operazione di rinfoltimento del team assessori da 6 a 10, il blocco dell’articolo 51 che avrebbe reso immediatamente disponibili nuove case, il problema dei 15.000 docenti provvisori che avrebbero dovuto diventare di ruolo e che restano, invece, nel limbo della precarietà.
Sono seguiti gli interventi di chiusura di Corrado Minervini e Vito Angiuli, che hanno lanciato ulteriori spunti di riflessione. Lunedì sera, alle ore 18.30, sempre in sezione, il secondo tempo di un dibattito dalla vitalità insolita e insperatamente sperata. Ci attende veramente, come cantava qualcuno (dai capelli inevitabilmente rossi), una “estate di belle speranze”?
Paola Natalicchio