Guido Viale: la crisi attuale sarà ancora lunga
Quindici ha incontrato l’autore del libro “Prove di un mondo diverso – itinerari di lavoro dentro la crisi” edito da Nda press, Guido Viale, nato a Tokio nel 1943 è stato uno dei leader del Sessantotto vive a Milano e si occupa di politiche attive del lavoro in campo ambientale per un’agenzia pubblica. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Il Sessantotto. Tra rivoluzione e restaurazione (Mazzotta, Milano 1978); Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifi uti e i rifi uti della civiltà (Feltrinelli, Milano 1994 e 2000); Tutti in taxi. Demonologia dell’automobile (Feltrinelli, Milano 1996); A casa. Una storia irritante (L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2001). Che percorso seguirà la crisi attuale? «Seguirà un percorso lungo più di quanto si possa immaginare, perché a diff erenza delle altre crisi si registra un defi cit ambientale notevole, e c’è anche una carenza di disponibilità di risorse che si evidenzia per la prima volta sul nostro pianeta». Abbiamo gestito male le fortune del passato? «Diciamo pure così, noi abbiamo trascorso i primi trent’anni del dopoguerra in modo esemplare, tant’è che amo defi nirli “anni gloriosi” ». I problemi sembrano essere altri, crisi di liquidità di imprese e famiglie, alti tassi di disoccupazione, tassi di crescita ridotti a decimali nei Paesi che fanno parte del G8, incapacità della società post-industriale di generare reddito, ecc.? «Dopo essere stati in grado di sgonfiare la “bolla”, le banche devono tornare a finanziare le imprese tenendo ben presente nuovi aspetti macroeconomici dell’economia, ossia le energie rinnovabili, il risparmio delle risorse, il recupero di queste ultime (ad esempio i rifiuti devono essere considerati una risorsa, e quindi fonte di ricchezza quando vengono riciclati, e non qualcosa da buttare), agricoltura sostenibile o biologica che dir si voglia (anche per preservare la salute dell’uomo), mobilità realizzata con fonti alternative al petrolio, e un’idea diffusa di manutenzione ». Quali sono i soggetti che devono essere coinvolti nella realizzazione di questo progetto? «Sono diversi e con diff erente grado di responsabilità, deve esserci una spinta che parta dal basso, che veda il coinvolgimento degli enti periferici, in quanto forti conoscitori delle realtà locali, in grado di interagire con imprese fl essibili, pubbliche o private che siano, enti pubblici o privati, imprese del terzo settore, semplici cittadini coinvolti a tutti i livelli, sostenuti da una forte confl ittualità nei confronti dello stato di cose esistente. Per cui bisogna inaugurare tavoli di confronto decentrati localmente per disegnare e visibilizzare la conversione delle produzioni altrimenti impraticabile». Mi permette una battuta? Lei sta dando ragione a Bossi? «No. Io parlo di logica di autogoverno proveniente dal basso, ma il tutto deve essere regolato da un’autorità centralizzata». Però le politiche di indirizzo degli attori principali non vanno in questa direzione? «Infatti, è per questo motivo che le imprese che si cimentano nelle produzioni tradizionali, le amministrazioni incapaci di innovarsi, e la voglia esasperata di abbattere il costo del lavoro, permetteranno alla tanto sottolineata “crisi” di gonfi arsi sempre più». Allora, ci dia un ultimo suggerimento… «Bisogna promuovere un serio e programmato confronto tra le parti sociali e le istituzioni senza rinunciare alla confl ittualità, che è la vera molla del cambiamento, su temi fondamentali come la riconversione ambientale, che la classifi co come un vero e proprio veicolo pubblicitario per promuovere una nuova imprenditorialità, o per riconvertire quella esistente».