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Guglielmo Minervini: vi spiego le ragioni della sconfitta Assemblea di fondazione della “Margherita” con il coordinatore regionale
15 giugno 2002

Negli ultimi anni la politica ci ha abituato a molte scissioni, di dimensioni anche atomiche, questa volta registriamo una fusione, quella che dà origine alla Margherita. Formazione nella quale, almeno nella nostra città, confluiscono il Partito popolare, i Democratici, i superstiti della breve stagione dell'Udeur e naturalmente i cittadini interessati a questo partito moderato. Sull'importanza dell'unità hanno insistito, nell'assemblea pubblica di presentazione del 4 giugno, sia Oronzo Amato sia Cosimo Altomare, provvisoriamente presidente e coordinatore della sezione cittadina, unità che dovrebbe caratterizzare tutto il centro sinistra e per il quale il nuovo partito intende lavorare. Evento della serata è stato però il rientro sulla scena politica cittadina di Guglielmo Minervini. Tornato a farsi sentire dopo un anno di silenzio, almeno nella sua città, che nel ruolo di coordinatore regionale dei Democratici prima e della Margherita poi, l'ex sindaco ha continuato a prender posizione. Curioso intervento, giacché Guglielmo Minervini, pure ufficialmente presente in qualità di coordinatore regionale della neonata formazione centrista, ha specificato di parlare a titolo puramente personale. Si direbbe proprio da ex sindaco, quasi a colmare un passaggio non fatto, a chiudere un conto aperto con la città. Del resto, lo ha riconosciuto egli stesso nelle sue prime battute, è mancata una riflessione vera e pubblica sulla sonora bocciatura elettorale. Così ha cominciato proprio dal 13 maggio, Guglielmo Minervini, e per chi conosce il suo stile, la sua impostazione politica, è stato facile rendersi conto che un anno non ha portato grossi cambiamenti nella sua elaborazione. A voler riassumere per il lettore: Molfetta non è mai stata, nemmeno all'epoca della travolgente vittoria del '94, una città di sinistra, affinché quel progetto politico ed amministrativo potesse radicarsi e divenire vincente, occorreva “contaminarsi”, parola tipica del lessico Minervini, aprire davvero all'elettorato moderato e ai suoi esponenti politici. Ciò non si è fatto. Una mossa in tal senso è stata tentata fra fine '95 e inizio '96, ma senza arrivare fino in fondo, per colpa, non è stato detto ma era chiaramente sottinteso, della schizzinosità dei puristi, di coloro che non hanno saputo capire e andare oltre l'entusiasmante stagione movimentista. “Vi fu una spinta a riarticolare la coalizione che non fu colta da tutti. Non abbiamo capito che la partita con il cambiamento della politica era molto più articolata di quella del cambiamento amministrativo” - ha affermato Guglielmo Minervini - “per cambiare la politica c'è bisogno di fare i conti con le forze in campo”. Ed ancora: “Bisogna fare autocritica”, intendendo proprio questo, riconoscere di aver sbagliato a non essere più morbidi, più aperti verso una parte di città ed i suoi rappresentanti politici, quelli rifiutati o emarginati perché troppo lontani dall'impianto originale del progetto del primo Percorso. Ecco perché è necessaria: “Un'analisi impietosa della nostra incapacità di guardare oltre noi stessi”. Non più o non solo, quindi, una valutazione negativa degli elettori, traditori e disposti a cambiare bandiera per interesse personale, e degli avversari, ma dei compagni di strada, da parte di Guglielmo Minervini, che ha affermato: “Il centro sinistra non è fuori gioco a Molfetta. Ci vuole una classe dirigente più lucida e lungimirante di quella che ha scritto pagine del nostro passato”. Arriva quindi finalmente la risposta alla domanda che una parte di città si pone da un anno: “Siamo caduti perché abbiamo scelto l'eutanasia, quando abbiamo scelto di non mediare più”. Dalla mediazione, secondo Minervini, parlando ora sì come uomo della Margherita, bisogna riprendere:“Ci vuole uno scossone che scuota il senso di rassegnazione e di sfiducia diffuso”. Vi è la necessità di ritornare a fare politica per battere questo centro destra. Che nemmeno tale può essere definito, forse più “un altro centro sinistra”, almeno così lo ha definito Guglielmo Minervini, un governo cittadino “senza programmi e idee”, che non sta facendo altro che portare a termine i progetti della passata amministrazione, senza, però, lo stesso rispetto per le regole. Uno scossone quale può essere la nascita di questo nuovo partito, in cui si ritrovano “intanto coloro che sono convinti che quell'idea di politica e di amministrazione va conservata, rispetto ad una città che la abiura, e che riconoscono che il cambiamento fa i conti con molte variabili”. La Margherita si propone di guardare al centro, di tenere assieme pezzi diversi della realtà sociale, mantenendo, però, come eredità del passato, quella cultura delle regole che l'attuale amministrazione non ha. Sperando che basti. Lella Salvemini
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